Il menhir di Monte Vergine

ph Luigi Panico

di Stefano Delle Rose (http://megaliti.fotoblog.it/)

 

Il Salento è una terra ricca di energie. Energie donate dalla Madre Terra, evidenti come le serre che attraversano il territorio in tre linee parallele, che vanno a congiungersi nel Capo di Santa Maria di Leuca; energie nascoste, come l’acqua sotterranea che, grazie al carsismo, scorre nel sottosuolo come un sistema di arterie.

L’uomo preistorico, sempre connesso sulle frequenze della natura per la propria sopravvivenza, sapeva sentire e riconoscere tali energie, al punto da considerare alcuni luoghi come sacri in virtù della divampante energia che ne scaturiva. La sua naturale capacità a servirsi della natura come di un immenso dispositivo energetico, ha fatto si che ancora oggi, laddove la mano distruttiva dell’uomo moderno non è entrata in azione, possiamo beneficiare “energeticamente” di luoghi ma anche costruzioni come menhir, dolmen, triliti e specchie, costruiti millenni addietro.

Uno di questi luoghi è situato sulla Serra di Monte Vergine. Si tratta di un complesso articolato in cui la mano dell’uomo, nel corso dei millenni, ha interagito con le forze benefiche della natura. Situata a circa 7 Km da Otranto, a 96 mt sul livello del mare, l’area si affaccia in direzione est come una vera e propria terrazza rocciosa naturale dalla forma perfettamente circolare; notevole doveva essere la presenza di acqua che dal sottosuolo e in superficie, con una rete di canali tutt’attorno, arrivava ad alimentare il bacino più piccolo dei laghi Alimini, tramite un grande canale oramai in secca.

ph Luigi Panico

In cima alla collina svetta il santuario di Monte Vergine, costituito da ben tre livelli; il più antico e sacro è rappresentato da una grotta, luogo di apparizione della Madonna; sopra si trova una cappella intermedia ed infine, a livello stradale, la chiesa di più recente costruzione. Ritroviamo quindi i tre livelli sacri che è possibile ritrovare in molte antiche culture: il mondo degli inferi, il mondo terreno e il mondo celeste.

Esternamente, in posizione sovrastante la grotta, è situato un menhir che prende il nome dal santuario. Siamo di fronte ad un vero e proprio dispositivo energetico primitivo, l’opera dell’uomo che ha scavato la grotta e costruito il menhir, si intreccia con quella della natura. L’uomo preistorico sapeva riconoscere ed utilizzare gli elementi naturali attorno a lui, sentiva che l’acqua è un potente trasportatore di informazioni e che la grotta funge, oltre che da rifugio, anche da accumulatore di tali informazioni. Costruendo il menhir in cima alla grotta, ha posto una sorta di antenna per ricevere oltre che l’energia terrestre, anche quella cosmica o celeste, arrivando così ad una più totale immersione e comprensione delle forze necessarie al proprio benessere.

Facendo un paragone con la vita e la sensibiltà dell’uomo moderno, basta immaginare il ruolo svolto dai ripetitori radio e televisivi, ormai indispensabili per raccogliere informazioni di ogni tipo.

La conformazione carsica del sottosuolo salentino facilita lo scorrere dell’acqua ed è noto che il potenziale energetico dell’acqua in movimento è sempre elevato; ma è nella grotta il vero e proprio “fulcro energetico”; essa funge da vero e proprio accumulatore energetico nel quale si mescolano le energie scaturite dall’acqua e dalla Terra con quelle cosmiche trasmesse dal menhir. L’acqua che scorre nel sottosuolo cede parte del suo potenziale energetico alla roccia e, di conseguenza, al menhir che contemporaneamente assorbe energia dal cosmo. L’incontro/scontro delle due energie, quella cosmica e quella tellurica, si manifesta proprio all’interno della grotta o anfratto sottostante, provocando un’elevata concentrazione di energia sottile. Quando nell’antichità le grotte erano aperte e accessibili, erano il vero luogo utilizzato per ricevere e utilizzare questa energia naturale. Probabilmente erano il luogo in cui lo sciamano o sacerdote di un gruppo si ritirava per svolgere riti, guarigioni e pratiche necessarie alla comunità.

ph Luigi Panico

La presenza o meno di metalli nella roccia o nel terreno circostante il complesso grotta-menhir amplifica gli effetti energetici. Grazie alla elevata conducibilità elettrica delle sostanze metalliche, la presenza di queste ultime amplifica ed allarga il raggio d’azione del benefico effetto di un dispositivo menhir-grotta e il complesso di Montevergine sorge su un’area il cui strato superficiale è costituito da bauxite.

Sembra non essere un caso che in tutto il mondo i casi di apparizioni, soprattutto mariane e miracoli, siano avvenuti all’interno di grotte in associazione alla presenza di acqua, dove si trova una notevole concentrazione di energie sottili che l’uomo moderno, con le sue “sovrastrutture” mentali, ha spiegato con eventi a lui familiari. Anche nel Salento molti dei casi di apparizioni e miracoli sono avvenuti all’interno di grotte sopra le quali si ergono dei menhir: la grotta di Montevergine in cui è apparsa la Madonna, Carpignano in cui è avvenuto il miracolo della restituzione della vista ad un contadino, San Paolo a Giurdignano, dove ogni anno si rinnovano le richieste di protezione contro il morso della taranta; laddove non si siano verificati miracoli o apparizioni, le tradizioni popolari e la chiesa li hanno “consacrati” come luoghi di protezione e i menhir sono stati cristianizzati con l’incisione o l’affissione di croci sulla sommità. Si potrebbe addirittura ipotizzare che il complesso chiesa-campanile, ma anche moschea-minareto, siano frutto di una antica, ma ormai sopita, consapevolezza del fenomeno da parte dell’essere umano. Si è infatti constatato che il già elevato livello energetico all’interno di una chiesa, aumenta considerevolmente in coincidenza al movimento delle campane, che emettendo vibrazioni che si incanalano dall’interno del campanile fino alla chiesa, incontrano energie telluriche provocando lo stesso fenomeno osservato nel complesso grotta-menhir.

Il passare del tempo e la trasformazione del paesaggio hanno causato la scomparsa di gran parte delle grotte, ma abbiamo ancora a disposizione numerosi menhir che, posti in superficie, risultano essere molto carichi di un’ energia con cui è possibile interagire non soltanto attraverso il contatto ma anche sostando in loro prossimità. La loro influenza infatti si estende nel raggio di centinaia di metri, regolando l’equilibrio energetico-naturale dell’area di pertinenza, tra cui il regime delle acque sia superficiali che sotterranee.

Nel Salento sono diversi i casi di menhir sovrastanti o a ridosso di grotte, ma quello di Monte Vergine è senza dubbio il più evidente e il più facilmente visitabile ed utilizzabile per sperimentare tecniche energetiche e di connessione con la natura.

 

Le foto del menhir e l’appello lanciato da Luigi Panico si possono vedere in:

https://www.facebook.com/#!/media/set/?set=a.210403992357012.55093.100001622386214&type=1

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4 Commenti a Il menhir di Monte Vergine

  1. Ciao, mi chiamo Caterina. Non sono mai stata nel Salento purtroppo, ma chissà che un giorno non riesca ad andarci. Volevo fare i complimenti per questo bel articolo. Stavo proprio cercando info sui Menhir e sulla loro funzione sulla terra. Mi piace questa idea, concordo sul fatto che i Menhir siano antenne, gli antichi ne sapevano più di noi!!
    Un saluto, Caterina.

  2. .. bell’articolo !! solo non condivido l’ipotesi ancora imperante che i tali “pietrefitte” si rifacciano all’epoca preistorica.. quanto invece ad un periodo alto-medievale..
    Giancarlo de Pascalis

  3. Per Giancarlo: dei Menhir ne parlano anche gli antichi Romani, che li trovavano “comodi” come segnali stradali. Il fatto che molti incroci o strade siano a ridosso dei Menhir, ne è il segno. Vicino al Terenzano Club, per esempio, esiste un Menhir a ridosso della Via Appia (credo che sia l’Appia) e, nel costruire la strada, i Romani fanno riferimento al Menhir, indicando anche i tempi di percorrenza per Leuca dal Menhir stesso. I documenti, se negli ultimi anni non sono stati portati da altre parti, si trovano nel museo di Ugento.

  4. In realtà, più che ritenerli “comodi” agli incroci, i romani li utilizzavano come “limites” centuriali come chiaramente prescritto in ” Gromarici Veteres (Col nome di gromatici veteres (cioè gromatici antichi) si indica una corposa raccolta di testi latini messa insieme durante il V secolo d.C. contenente opere di agrimensura anche indicata come Corpus agrimensorum Romanorum:fonte wiki). Dei Sistemi centuriali e delle opere di assetto agrario di età romana, repubblicana prima e imperiale poi, il territorio salentino è pieno. Questo Sistema soprattutto coinvolge anche il periodo tardo romano o tardo antico antico con la riassegnazione in “saltibus”, e siccome la “Traditio” era dura a morire, nei territori come quelli salentini, che questa coinvolge anche il primo Medioevo con aspetto probabilmente “sacrali”. per cui darei ragione A Signor Giancarlo de Pascalis

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