Pane e vino

 

Il viandante, olio su pannello, Museum Boymans-van Beuningen, Rotterdam

 

di Pino De Luca

Un uomo corpulento vagava senza meta su campi brulli e pietrosi, era rozzo e sporco: un selvaggio.

Pendevano dai suoi fianchi una sacca sdrucita ed un otre consunto.

Una tempesta di vento e polvere, tanto improvvisa quanto violenta, lo colse, cercò un rifugio, sedette dietro un grande masso e si riparò. La furia del vento e il cielo plumbeo gli dicevano che non sarebbe stata breve.

Si accomodò, con le sue mani luride cercò nella sacca e tirò fuori un pezzo di pane scuro, incurante della polvere che si posava sul tozzo, lo morse e lo masticò lentamente.

Passi rapidi si confondevano con l’ululare del vento, un cristiano apparve nella nebbia di polvere,

–         Salve – proferì con voce piacevole

–         Chi sei? – grugnì il selvaggio

–         Sono un viandante che cerca riparo da questa tempesta di vento – disse il cristiano, sedendosi dietro al masso.

Egli portava al collo due piccole sacche ricamate.

–         Non hai imparato i doveri dell’ospitalità?-  continuò il cristiano, con un tono quasi di rimprovero

–         Non hai forse anche tu le tue sacche? – grugnì il selvaggio

–         Nelle sacche porto semi preziosi, tu cosa mangi?

–         Pane di farina di spine della pianta della solitudine, e il mio otre è colmo di vino di rabbia, non piacciono a tutti, ma con loro ci campo. Mangia e bevi se vuoi – sghignazzò il selvaggio

Il cristiano assaggiò il pane, era duro e secco, lo bagnò con il vino, per ammorbidire si ammorbidì ma il suo sapore era amaro e acre, ma non vi era null’altro.

–         Dove è la tua gente?

–         Da qui fanno venti leghe, coltiva campi di fama e di ricchezza e dai mercanti compra pane dolce e vino speciale.

–         E tu perché non sei con loro?

–         Perché loro litigano in continuazione su chi ha la fama più bella o su chi ha ricchezza più grande, io non so coltivare e me ne sono andato.

–         Io sono un maestro della coltivazione, se vuoi ti insegno

–         Non ho semi da piantare

–         Io porto i semi dell’albero della giustizia e le talee della pianta della verità.

–         Le conosco con esse si fanno il pane dolce e il vino speciale, quello che vendono i mercanti alla mia gente, esse sono dolci e saporite, ma non ho nulla per comprare la mia giustizia e la mia verità

–         Ascolta, è difficile coltivare le mie piante, esse devono crescere insieme, ma bisogna dissodare bene i campi e tu, tu hai spalle larghe e mani forti, dissoda un campo, piantali e curali, avrai giustizia e verità a tuo piacimento, le venderai alla tua gente e ne ricaverai fama e ricchezze, sarai un grande mercante.

La tempesta finì di colpo come era cominciata, il cristiano gli donò alcuni semi per compensarlo del pasto magro e si diresse verso la città.

Il selvaggio rimase a pensare, si sorrise e decise di provarci. Costruì un piccolo capanno, appese il suo otre e la sua sacca, su una mensola di pietra pose i semi. Si recò nel campo, spietrò e dissodò, fece grandi solchi e tagliò le spine, seminò, gli alberi della giustizia crebbero, le piante della verità fecero frutti succosi, i campi erano rigogliosi e i frutti tanti, non poteva fare raccogliere da solo. Era felice e volle condividere la felicità, e anche far vedere la sua gente che era bravo a coltivare. Andò correndo verso la città e disse a quelli che incontrava:

–         ho coltivato giustizia e verità, i frutti sono copiosi, venite a raccogliere –

coloro che ascoltarono lo dissero ad altri e quelli ad altri ancora, una moltitudine di genti si accalcò, ognuno volle la sua parte di giustizia e la sua parte di verità e i frutti furono strappati, le piante calpestate e le messi saccheggiate.

Il frastuono era assordante e le grida di donne, di uomini e di fanciulli erano scomposte, e ognuno aveva meno giustizia di un altro, e ognuno aveva più verità di un altro.

Il selvaggio, tornò al capanno, era disgustato, prese le sue sacche e andò lontano, da solo.

Dopo giorni di cammino sui campi di spine, sedette dietro ad un masso per ripararsi dal vento, prese un pezzo di pane di solitudine, mentre lo masticava riapparve il cristiano.

–         mangi ancora quel pane e bevi sempre il vino amaro? Pensavo fossi diventato un grande mercante

–         sono nato selvaggio e selvaggio resto, ho mani forti e spalle larghe per dissodare i campi, tieniti i tuoi semi, altri sanno farne miglior uso. Io mangio pane di solitudine e bevo vino di rabbia.

–         Che ne è stato del raccolto?

–         Ognuno si è presa la sua parte, gli alberi sono spogli e le piante stanno seccando, le mie genti amano ingozzarsi di giustizia e verità, ma non chinano le spalle per coltivarle.

–         Ma tu hai insegnato loro?

–         Io sono il selvaggio, mangio solitudine e bevo rabbia, so solo dissodare i campi, sei tu, maestro, che devi insegnare. Ciao cristiano, torna solo se ti servono mani forti e spalle larghe per dissodare i campi.

E si rimise in cammino nel vento con la vecchia sacca di pane di solitudine e l’otre colmo del vino di rabbia.

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