Antonio Bortone da Ruffano (1844-1938), il mago salentino dello scalpello

busto muliebre di Antonio Bortone (da http://auction.leonardauction.com)

 

di Paolo Vincenti

Nel 160° di sua nascita (1844-2004) migliore ricordo non poteva avere il “Mago salentino dello scalpello” se non quello del riconoscimento ufficiale della sua casa natale, con l’apposizione di una lapide sulla facciata ovest della fabbrica, di recente restaurata. Una casa dalla nobiltà delle linee architettoniche degne di un grande architetto, che la edificò nel 1595 con una ardita scala aggettante bordata di un intenso fogliame di felce che corre lungo il toro che guarnisce la fronte d’appoggio della scala, rotta da feritoie al tempo stesso lucernari e saettiere; e con un balcone a patio, posto in un angolo con tetto a tegole cadente su di una svelta colonna ottagona, che spartisce gli spazi aperti su due scorci dell’antico borgo di S.Foca.

Una casa prestigiosa, extra moenia, dirimpettaia della dugentesca chiesa di S.Foca, prima matrice di Ruffano. Una casa palatiata, al civico 6 di via S.Foca, dove il 13 giugno del 1844 vide la luce Ippazio Antonio (tale il nome di battesimo) figlio di Carmelo Portone e di Anna Antonino […].

Ma il nostro scultore ben presto ritoccò i suoi dati anagrafici scegliendo il secondo nome Antonio (forse perché era nato proprio il giorno di S.Antonio da Padova-13 giugno) e tralasciando il primo nome Ippazio (impostogli forse per discendenza patronimica) e mutando il cognome da Portone a Bortone.

Il tutto, crediamo, per esigenze d’arte. Infatti, a soli trentatré anni, quando la sua fama di scultore varca i confini d’Italia, la statua che lo rende famoso a Parigi (il Fanfulla) porta infisso il nome di Antonio Bortone. E ancora, Antonio Bortone è scolpito sul plinto, che regge quella famosa statua, nel testo epigrafico del prof. Brizio De Santis: Sono/ Tito da Lodi /detto il Fanfulla/ un mago di queste contrade /Antonio Bortone/ mi tramutò in bronzo/ Lecce ospitale mi volle qui/ ma qui e dovunque/ Dio e l’Italia nel cuore/ affiliamo la spada/ contro ogni prepotenza/ contro ogni viltà/ MCMXXII.

La statua raffigura il Fanfulla, uno dei tredici cavalieri della “Disfida di Barletta”, ritratto ormai avanti negli anni quando orbo di un occhio e col saio domenicano faceva penitenza nel fiorentino convento di S.Marco, mentre affila la misericordia, un acuminato spadino che all’inquieto lodigiano era servito in tante battaglie.

Modellata a Firenze nel 1877, l’opera è figlia della tensione tra i circoli artistici fiorentini e il Bortone, che si era prodotto, e bene, nel nudo, con il Gladiatore morente, ma non aveva ancora dato prova di sé nel drappeggio. Tale prova il Bortone la darà appunto con la statua del Fanfulla, inviata alla Mostra Internazionale di Parigi, dove però giungerà ammaccata in più parti. Invitato a ripararla, il Bortone non andò mai nella capitale francese, forse per il suo carattere che a volte lo rendeva spigoloso e quasi intrattabile. […] Comunque la statua fu esposta ugualmente a Parigi e vinse il terzo premio, previo il restauro praticato dal grande scultore napoletano Vincenzo Gemito, che si trovava nella capitale francese a motivo della stessa Esposizione.

Tanto spigoloso e mutevole nel carattere, altrettanto continuo, però, puntuale e riflessivo nella composizione delle sue opere, che studiava profondamente documentandosi sempre sulla storia dei personaggi che andava modellando, fino a tormentarli, quasi, perché parlassero di sé.

Sotto questo profilo l’opera più sofferta rimane il monumento a Sigismondo Castromediano, il bianco duca di Cavallino, condannato alle patrie galere ad opera dell’intendente di Lecce barone Carlo Sozy Carafa.

Ma le due figure, antitetiche sul piano politico, avevano aiutato, in tempi diversi, il Bortone a percorrere le tappe della sua carriera artistica, talchè l’impianto del monumento le richiamava entrambe alla mente dell’artista, che finì per raffigurare, come ognuno sa,  il Castromediano nell’atto di levarsi dalla sedia per offrire le sue “Memorie” ad un ospite che lo visita, che potrebbe essere lo stesso Carafa, non più tutore di un’autorità ma semplice cittadino, che rende omaggio all’antico avversario, alla presenza della Libertà, nelle nobili fattezze di una matrona seduta ai piedi del plinto del monumento, e della Gloria, simboleggiata da un’aquila che lascia cadere la catena di forzato sul blasone dell’antico casato dei duchi di Limburg.

[…] Per il Fusco, Antonio Bortone riassume prodigiosamente, con ritmo severo ed alato, le nostre glorie; per il Vacca, il motto del Bortone è nulla dies sine linea.

Alla sua morte, che lo colse il 2 aprile 1938, il vescovo di Lecce, monsignor Costa, in un commosso saluto pubblico su L’Ordine, scrisse: Il figlio più illustre del Salento, vanto dell’Arte, onore della Patria, si è spento nel bacio di Cristo […] Corsa di una vita di 94 anni, seminata di capolavori della mente e della mano, nei quali egli ha scolpito il suo nome per i secoli…

Ai funerali, io c’ero. A ridosso di Palazzo Carafa, guardavo una marea di gente che attraversava muta le vie di Lecce, al tocco lugubre del campanone del Duomo. Ero a Lecce per motivi di studio. Avevo tredici anni. Non potevo allora immaginare che proprio io sarei diventato il biografo di Antonio Bortone!

Biella, particolare del monumento a Quintino Sella (1888) di Antonio Bortone. Sella è ritratto a figura intera mentre ai lati del basamento siedono due corpulente allegorie: la Politica e la Scienza (da http://www.duesecolidiscultura.it/monumento-a-quintino-sella-%E2%80%93-antonio-ippazio-bortone/)

(Tratto da: “Antonio Bortone e la sua casa natale in Ruffano” di Aldo de Bernart, stampato in occasione della inaugurazione, nel 2004, della Domus Bortoniana, da parte dell’Amministrazione Comunale ruffanese)

Fra le  numerose opere del Bortone,oltre a quelle citate, ricordiamo: il busto di Giuseppe Garibaldi, in marmo, che si trova presso il Castello CarloV di Lecce;  presso la Biblioteca provinciale N.Bernardini di Lecce, i busti in marmo di G.C.Vanini, di Francesco Milizia, di Antonio Galateo e di Filippo Briganti; quello di Gino Capponi, presso Santa Croce in Firenze; il monumento a Quintino Sella, a Biella; il monumento a Francesca Capece, a Maglie; il monumento a Salvatore Trinchese, a Martano; il ritratto di Pietro Cavoti, in bronzo, presso il Convitto Colonna a Galatina; il monumento ai Martiri di Otranto; il monumento ai Caduti di Tuglie; il monumento ai Caduti di Ruffano;  il monumento ai Caduti di Calimera;il monumento al Sottotenente Benedetto Degli Atti, nel Palazzo comunale di Guagnano; e tanti altri.

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3 Commenti a Antonio Bortone da Ruffano (1844-1938), il mago salentino dello scalpello

  1. un grazie sincero a Paolo Vincenti per aver ricordato questo salentino doc di grande efficacia per la sua arte e per la sua salentinità.

  2. Fa piacere leggere notizie di quest’artista spesso menzionato tra i migliori che il nostro Salento possa vantare. Spero, che si dia sempre più spazio e opportunità di conoscenza a questi illustri figli della nostra terra, lo dico anche in qualità di pronipote di un altro misconosciuto artista magliese, il Mangionello.

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