Lecce – S.O.S. per un portale

di Giovanna Falco

Queste note vogliono essere una sorta di appello a tutti i lettori. Il contributo di ognuno di noi potrebbe salvare dall’incuria un piccolo gioiello della scultura barocca, nascosto tra le stradine di Lecce vecchia.

ph Giovanna Falco

In via Antonio Galateo[i], a pochi metri dell’incrocio con via Dasumno, corte Santo Stefano delle Canne e via Luigi Scarambone, sulla sinistra si nota un bellissimo portale. Purtroppo è in un avanzato stato di degrado, a causa della corrosione della pietra leccese. Non vi è dubbio che si tratti dell’accesso a un luogo di culto. Sull’architrave, infatti, sono scolpiti tre busti: a sinistra un vescovo, al centro una figura femminile orante, a destra Sant’Irene.

ph Giovanna Falco

Ai lati della cornice del portale, sotto il busto del vescovo è scolpito un putto di fianco ad una colomba e sotto quello di Sant’Irene un putto che reca in mano una corona.

Il manufatto è stato realizzato sicuramente prima del 1658, perché Sant’Irene, antica patrona di Lecce, regge con la mano destra il modellino della città, simbolo, appunto, dei santi protettori.

Il 1658 è l’anno in cui il leccese Sant’Oronzo fu solennemente proclamato primo patrono cittadino, e la santa di origini orientali fu relegata a un ruolo di secondo piano.
Il vescovo raffigurato potrebbe essere lo stesso Sant’Oronzo, San Giusto o San Biagio, santi vescovi molto venerati in città, perché legati alla storia di Lecce. Le effigi dei primi due affiancano la statua di Sant’Irene nell’omonimo altare della chiesa dei Teatini attribuito a Giuseppe Zimbalo, commissionato dall’Universitas e già realizzato nel 1652[ii]. San Biagio, secondo la tradizione locale, era un «gentil huomo Leccese, il qual fuggendo la persecutione de’ Tiranni, se ne passò con una nave in Sebaste» dove fu proclamato vescovo e poi martirizzato»[iii]. Sia a San Giusto, sia a San Biagio, inoltre, furono dedicate due porte della città e di conseguenza i due quartieri in cui ricadevano.
Nulla è dato sapere riguardo alla figura femminile centrale. Le si potrebbero riferire la colomba e la corona scolpite sotto l’architrave. Un esempio di orante, colomba e corona, ritratte insieme, è la paleocristiana Epigrafe d’Alessandra, conservata presso il Museo Pio Cristiano di Roma: l’orante con le braccia alzate è raffigurata di fianco alla colomba che regge nel becco una corona. Una colomba recante la corona, questa volta in volo, è scolpita sul Sarcofago degli Agnelli, d’età gota, ubicato all’ingresso di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna. Nella simbologia cristiana colomba e corona rappresentano (tra l’altro), rispettivamente, la purezza e il martirio, così come, nel simbolismo tombale l’orante rappresenta l’anima del defunto in preghiera e la colomba, l’anima che s’innalza verso il cielo recando in bocca, in alcuni casi, la corona dei martiri.

La chiesetta in via Antonio Galateo fu eretta in memoria di un defunto? Lo scultore volle rappresentare separatamente colomba e corona, per esigenze di carattere decorativo?

Dalle fonti a disposizione non è dato sapere a chi fosse intitolata la chiesa, a che epoca risalga, né tanto meno chi la fondò.

Qualche flebile traccia si può ricavare dagli elenchi delle chiese e degli isolati di Lecce, datati tra Cinque e Seicento[iv]. Nei pressi del portale, oltre alla cappella di Sant’Antonio di dentro, ancora in loco, sono attestate San Giorgio de’ Capperini, Santa Maria del Popolo, S. Biasi de Rugge e Santo Stefano delle canne.

La chiesa San Giorgio de’ Capperini, molto probabilmente era sul lato destro di via Antonio Galateo o via Luigi Scarambone, perché Infantino la ubica di fronte a quella di Santa Maria del Popolo. Quella di San Biasi de Rugge è citata solo nell’isolario del 1606, tra le isole della parrocchia del Vescovado, prima di quella di S. Francesco Montefusco e dopo di quella delle Cartelle.

Il campo, dunque, si restringe a Santa Maria del Popolo e a Santo Stefano delle Canne.

La chiesa di Santa Maria del Popolo, è elencata da Infantino nella parrocchia di Santa Maria della Porta, prima di quella di Santa Maria della Visitazione e dopo di quella di San Giorgio dei Capperini. Infantino la ubica di fronte a quella di San Giorgio, «dentro il cortile delle case della Badia di Cerrate»[v], cui apparteneva, e ritiene che anticamente fosse dedicata a San Simeone. Nel 1508 l’isola di Sti Simeonis è elencata prima di Sti Antonij (Sant’Antonio di dentro) e dopo Sti Georgii del portaggio San Giusto.

L’isola di Santo Stefano delle Canne, o meglio Santo Stefano de Canne insino all’hospidale, nello Stato delle Anime del 1631 è elencata prima di quella della Chiesa Nuova e dopo di quella di San Francesco nella parrocchia del Vescovado[vi]. Nel 1634, Infantino elenca la chiesa tra quelle di San Francesco de’ Quartarari e quella di Sant’Angelo nella parrocchia del Duomo. Non si sofferma sulla descrizione, accennando solo al fatto che era così denominata perché le era stato assegnato il titolo di una cappella che sorgeva fuori le mura della città, vicino a un canneto: la cappella extra urbana e il canneto erano ancora visibili nel 1634.

Nel 1871 Luigi Giuseppe De Simone compilò le nuove tabelle denominative delle vie di Lecce, derivate da un approfondito studio della storia di Lecce, da cui scaturì l’opera Lecce e i suoi monumenti[vii]. Dedicò la corte Damiani a Santo Stefano delle Canne, forse riteneva che l’antica chiesa sorgesse in questo slargo. Nicola Vacca ebbe qualche dubbio riguardo questa ubicazione, e nelle Postille all’opera di De Simone citò un manoscritto di Martirano: «Questa cappella fu attaccata a delle case riedificate dal fu Antonio cav. Macchia (che mutata a casa vecchia la trovò) non già nella corte dei Damiano, ov’è la Chiesa della Nascita fin da otto secoli beneficiata di patronato dei suddetti Damiano»[viii]. La Chiesa della Nascita, potrebbe essere Santa Maria del Popolo di Infantino, ubicata nel cortile della Badia di Cerrate. Nell’elenco degli edifici proposti a vincolo di tutela dal Piano Regolatore di Lecce, al n. 153 corrisponde la Chiesa dell’Assunta, situata nella corte Santo Stefano delle canne[ix].

La chiesa sotto le case del cavalier Antonio Macchia, citata da Martirano, potrebbe corrispondere al portale di via Antonio Galateo?

Nuovi studi permetterebbero di approfondire la conoscenza, come ad esempio la consultazione delle Visite Pastorali e degli atti notarili inerenti al cavalier Macchia. Un’approfondita analisi stilistica, potrebbe apportare nuovi contributi e conferire il giusto valore a questo portale.

Un’ultima considerazione.

Presso il Museo Provinciale “Sigismondo Castromediano” di Lecce, è conservato l’arco di un portale, dove sono scolpite due lupe sotto il leccio. Apparteneva alla chiesa di Santa Maria del Gaviglio, anticamente ubicata in via delle Bombarde al numero civico 3, ricostruita nel 1546 e già diroccata nel 1772[x]. Attribuibile a Gabriele Riccardi, il portale fu smontato e acquisito dal Museo, perché rischiava la rovina[xi]. Sarebbe il caso che anche le sculture di via Antonio Galateo siano smontate e conservate presso un luogo adatto a preservarle dalla distruzione?


[i] È la prima traversa a sinistra di via Giuseppe Libertini, che s’incontra dopo porta Rudiae.

[ii] Cfr. G. FALCO, Lo Stemma di Lecce: momenti e monumenti. La Torre, la Lupa e il Leccio, Lecce 2007, p.89.

[iii] G. C. INFANTINO, Lecce sacra, Lecce 1634 (ed. anast. a cura e con introduzione di P. De Leo, Bologna 1979), p. 59.

[iv] Cfr. A. FOSCARINI, Lecce d’altri tempi. Ricordi di vecchie isole, cappelle e denominazioni stradali (contributo per la topografia leccese), in “Iapigia”, a. VI, 1935, pp. 425-451 (elenca le isole esistenti a Lecce nel 1508); N. Vacca, Lecce nel ‘600. Rilievi topografici e demografici. I gonfaloni dei quattro «pittagi» che componevano la città, in “Rinascenza Salentina”, VII, 1939, 1, pp. 91-95 (elenca le isole esistenti a Lecce nel 1606 e nel 1620); P. DE LEO, Uno sconosciuto stato delle anime della città di Lecce del 1631, in “Almanacco Salentino 1968-69”, Cutrofiano 1968, pp. 57-66 (elenca le isole esistenti a Lecce nel 1631); G. C. INFANTINO, op. cit. (elenca le chiese esistenti a Lecce nel 1634).

[v] G. C. INFANTINO, op. cit., p. 80

[vi] Nel 1631 l’isola contava 65 fuochi (famiglie) e vi abitavano, tra gli altri, Gio. Domenico Gravili con Sibilla, Cesare e Grazia Antonia Colonna; Isabella Mancarella con Giuseppe e D. Lupo Antonio Venuto; Orazio Celonese.

[vii] Cfr. L. G. DE SIMONE, Lecce e i suoi monumenti. La città, Lecce 1874, nuova edizione postillata a cura di N. Vacca, Lecce 1964.

[viii] Ivi, p. 423.

[ix] Cfr. Tavola 3.11 Edifici vincolati e proposti per il vincolo nel centro storico, del Documento Programmatico Preliminare al Piano Urbanistico Generale.

[x] Cfr. G. FALCO, op. cit. pp. 77-78.

[xi] Cfr. A. CASSIANO, La pinacoteca del Museo Provinciale di Lecce: istituzione e acquisizione, in R. POSO – L. GALANTE (a c. di), Tra metodo e ricerca. Contributi di storia dell’arte, Galatina 1991, pp. 179-206: pag. 204.

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22 Commenti a Lecce – S.O.S. per un portale

  1. Un piccolo grande aiuto potrebbe venire nell’immediato da parte di qualche studente universitario di buona volontà che provveda a documentarlo e schedarlo secondo metodologie ormai comuni. Non è un portale, ma un libro aperto.

  2. Carissima Giovanna, sapessi quante sere, passando proprio di là, da solo o in compagnia, mi sono fermato a contemplare quel portale e poi, rattristato per l’abbandono che denunci in questo bel pezzo, ho proceduto oltre, con un senso d’amaro in bocca! Grazie!

  3. Hai ragione Pier Paolo, anno per anno questo portale si degrada sempre di più, è molto triste. Spero che questo pezzo, così come scrive Angelo, stimoli l’interesse di qualche studente universitario di buona volontà

  4. Passo ogni giorno di ritorno da scuola e mi giro dall’altra parte proprio per non vedere il triste stato in cui è ridotto questo portale.
    Sono felice di non essere l’unico a desiderarne il recupero.

  5. Mi piacerebbe tantissimo poter dare una mano nel restauro di questo portale. sono una neo laureata in scienze e diagnostiche per il recupero ed il restauro dei beni culturali potrei mettere a disposizione la mia mano d’opera !!!!

  6. Apprezzo tanto questo SOS per un portale che considero essere un importante contributo storico-artistico della “Spigolatrice” Giovanna Falco su uno dei piccoli tesori della nostra Lecce, mai tanto conosciuta sebbene tanto amata.
    Un testo documentato, di valore civile ma anche di rilievo dal punto di vista della storia religiosa della nostra città.
    Debbo a questo SOS per un portale avermi “riportato” ad una dimensione “terrena”, io che per mesi -tutta questa estate- ho navigato e sofferto in un mare fatto di silenzio e omertà di chi non voleva sentire e parlare del pericolo delle trivellazioni.
    La studiosa Giovanna Falco con il suo scritto mi ha ridato interesse per i luoghi e le storie (e i misteri) del centro storico di Lecce, quella “Lecce vecchia” alla quale sono tanto legato, e nella quale sono tornato ad imbucarmi e a passeggiare con mia moglie Carla, guardando ammirati ed estasiati le bellezze dei monumenti e dei palazzi, e recandoci appositamente a ritrovare il tesoro architettonico e monumentale di cui si parla tanto bene nell’articolo e soffermandoci ancora una volta davanti a quel delicato portale, per la cui sorte mia moglie ed io abbracciamo l’SOS lanciato con tanta gentilezza e sensibilità, confortata da tanta perizia documentale, dalla “Spigolatrice” Giovanna Falco, a cui va il nostro più sentito ringraziamento.

    • La ringrazio io per le sue belle parole signor Beniamino, dette da lei assumono una valenza maggiore perché conosco l’intensità del suo darsi da fare per la salvaguardia del nostro territorio. Anche a me è capitato di sbattere contro questa omertà multicolore quando ho affrontato tematiche scomode, o meglio che non portano profitto ai soliti pochi. Fa niente, amo la Lecce di pietre che raccontano il passato, voglio conoscerla e farla conoscere sempre più a fondo, darle “la parola”, anche perché penso che sia un modo per tutelarla e farla rispettare. Sapere di averle ridato interesse per la nostra Lecce mi rende molto felice e mi stimola a proseguire sempre più appassionatamente e caparbiamente lungo questo percorso. Grazie

  7. Chiedo scusa, non vorrei rovinare i bellissimi e delicati commenti che mi precedono, ma proprio mentre li leggevo mi è venuto in mente che nonostante il pezzo di Giovanna niente è avvenuto, anzi, sono passati mesi, e quel portale è in uno stato ancora peggiore di quello fotografato dalla nostra. Ma dico, è possibile che non si riesca a smuovere niente in questo dannato paese? Sopra leggo che c’è una persona disposta addirittura a offrire generosamente i propri servigi e le proprie competenze professionali per salvare questo piccolo tesoro, possibile, mi chiedo, che non si riesca a fare nulla? Non riusciamo a organizzare il salvataggio di qualcosa che in quanto bello appartiene a tutti e non solo ai legittimi proprietari dell’immobile? Possibile? Non saranno certo gli amministratori a muovere un dito, e allora, mi chiedo, riusciamo a farlo noi? Riusciamo a passare ai fatti e salvare un frammento di bellezza di questo mondo? Vogliamo provarci a raggiungere i proprietari, a smuovere un po’ la cosa? Se non lo faremo un altro inverno, altre piogge, altro vento impietosamente ci ruberanno lentamente ma inesorabilmente quel che resta di quel portale, e sarà sempre più tardi, inevitabilmente.

  8. L’insigne Prof.ssa Giovanna Falco -che ancora ringrazio anche a nome di mia moglie Carla- con il suo appello ha toccato i nostri cuori ed ha investito la nostra sensibilità civica e culturale.
    Accetto l’esortazione dello “Spigolatore” Pier Paolo Tarsi e manifesto la nostra disponibilità ad un incontro “sul campo”, se ciò fosse possibile anche all’esimia studiosa che ha lanciato a tutti noi il suo SOS per un portale, possibilmente con la partecipazione di altri volontari amanti dell’Arte e della Cultura, perché con il nostro afflato si possa proporre a chi di dovere una soluzione al delicato problema.

  9. Sono sicuro che con il signor Beniamino fra noi, vista la sua determinata passione e gli inesauribili sforzi messi in atto per raggiungere obiettivi di civiltà sempre condivisibili, saremo ancora più forti e capaci di concretizzare in qualche risultato anche in questa circostanza specifica. Sono più fiducioso di ieri. Saluti

    • Ottima idea signor Beniamino, sarò presente all’incontro senza alcun dubbio. Non resta che organizzarlo e incontrarci

  10. Carissima professoressa Giovanna Falco,
    se a Lei ed all’amico “Spigolatore” signor Piero Paolo Tarsi non dispiace, suggerirei di lasciare al nostro Anfitrione, al “Capo di tutti gli Spigolatori”, vale a dire al nostro buon amico dott. Marcello Gaballo, l’onore di fare le convocazioni.
    A presto e grazie!

  11. Quanto dolore e quanta rabbia nell’apprendere (sono stato informato da mio figlio Ugo che mi ha telefonato appositamente dall’Albania!) che e’ stata oltraggiata la Chiesa Bizantina di San Mauro sulla Serra dell’Altolido nel territorio del Comune di Sannicola.
    La bestialita’ umana non ha limiti!
    Vergogna!

  12. E’ bello vedere che il nostro territorio sia disseminato di gioielli. Più strano è osservare che gli spigolatori sono i pochi addetti e che le amministrazioni non stiano attente a certi valori che hanno il dovere di tutelare e trasmettere. La mia attenzione si sofferma sulla rappresentazione dei busti, mezzi busti, del quale privilegio sono remunerati i personaggi di dantesca memoria e nella tradizione cristiana, i Santi Patroni. Nella fattispecie, è giusto riconoscere nei busti laterali, le sebianze dei due più importanti Patroni Lupiensi, Oronzo ed Irene. Tale attribuzione di importanza è riscontrabile in ogni comune della terra salentina, che riserva ad ogni suo Patrono il privilegio di essere rappresentato “dalla cintola in sù”, amplificando, in molti casi tale importanza, con l’uso di metalli preziosi, es. argento.
    Da questa premessa è desumibile la mia opinione che il mezzo busto centrale, c.d. dell’orante, sia riconducibile all’iconografia classica, pittorica e plastica, riconducibile all’Immacolata o Assunta. Uso come contro prova l’iconografia classica dell’orante, che in genere, è raffigurato con una veste, in cromia bianca, e con le mani giunte, la c.d. “animella”. Si può ammirare qualche raro esempio in superstiti rappresentazioni della “Dormitio Virginis”, in cui la Vergine giace esanime sul talamo mentre la sua anima orante ascende verso l’accogliente, divino Figlio. Non è questo il caso, poichè la figura orante è avvolta da un manto, del quale è dotata la totalità delle statue mariane ed ora, elemento confortante per la mia opinione. Inoltre, penso che gli elementi di cui sono dotati i putti, la colomba e la corono siano simbolo della Verginità e della Regalità, fungenti quindi funzioni aggettive della Madre di Dio. Più forviante, ma non tralasciabile, l’attribuzione simbolica della corona al martirio (testimonianza), come ad esempio nei ravennati mosaici e la colomba quale espresso richiamo etimologico alla Santa Patrona Lupiensium, Irene, Pace, di cui è appunto simbolo il sacro volatile.
    Non è, ancora da tralasciare la simbologia gerarchica, pregna di significato, per cui se la Santa è rappresentata sulla sinistra detiene ancora la maggior importanza rispetto al riscoperto culto oronziano, che è riconosciuto quale Patrono, ma in concomitanza con il primato attribuito.
    In ogni caso, anche questo stupendo portale è una dimostrazione che in questa nostra Terra il divino e l’umano, la natura e l’artefatto hanno dialogato. Non ci è consentito interrompere questa effusione. Tuteliamo! Custodiamo! Parliamo! Ascoltiamo le nostre memorie! Il cerume dell’epoca ha affievolito il nostro udito e l’attuale gusto si è limitato all’assaporare il presente, proibendoci di usare la lingua per dialogare con ogni cosa, per cui tale uso è definito, modernamente, PAZZIA! Recuperiamo la nostra Pazzia!

  13. Piero, grazie per questo tuo contributo, è molto interessante. Hai ragione bisogna parlare per tutelare e custodire, è questo il compito di noi semplici cittadini e lo scopo cui tendono tanti spigolatori. Troppo frequentemente, però, chi è preposto alla salvaguardia e manutenzione dei nostri beni storici e artistici non riesce ad ascoltare i sussurri che provengono dal passato, per cui come nel caso di questo portale, si assiste al suo lento dissolversi. Rispetto a quando ho scattato queste foto, le sculture si sono ulteriormente deteriorate e sono diventate quasi illegibili. Hai colto in pieno l’intento delle mie note: far parlare i monumenti. Grazie per aver permesso a questi busti di esprimersi con maggiore chiarezza.

  14. Continuo ad ascoltare il sussulto delle pietre e di chi le ha plasmate. Continuo a non sentire il polso dell’uomo, quello preposto alla salvaguardia dei nostri beni, ora apatico! Mi sembra che ci sia tanta approssimazione verso le nostre radici. Viene qualcuno a visitarci e subito ostentiamo il nostro passato, ma quando rimaniamo insieme a lui, in casa nostra, è come se fossimo soli. Possibile che di fronte alla bellezza in genere e soprattutto in questo momento non proviamo alcuna sensazione? “Uomini morti”! Spero che la crisi ci permetta di ritornare all’essenziale, di riscoprire l’etimologia della nostra “economia”. Ed ancora una volta, il mio sentito grazie ai sensibili spigolatori!

  15. Alla luce dell’intervento di pulitura e risarcimento delle parti erose del portale, finalmente restaurato, risulta che il putto di sinistra non reca in mano una colomba, ma una palma

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