Hansel e Gretel sperduti nel Salento

di Raffaella Verdesca

                                       

La solita brutta storia: Italia in crisi economica, allarme recessione, spread alto, tasse da capogiro e, dulcis in fundo, rivolta degli autotrasportatori, degli agricoltori, dei pescatori e chi più ne ha più ne metta! Rallentamento economico nel già rallentato sud.

Lu Totò Cicaleddha, coltivatore diretto, ascoltava con attenzione ogni edizione del telegiornale sprofondato nella sua poltrona ‘massaggiante’.

Era da due giorni che non usciva di casa, tanto i carciofi erano rimasti a marcire in magazzino, i mandarini li aveva svenduti un mese prima a 24 centesimi al chilo e quei pochi ortaggi che portava ogni mattina al mercato erano rimasti a fare concime in un pezzo di terra che lo Stato voleva per 40 centesimi al metro quadro. Certe persone di un comitato di cui non ricordava neanche il nome dicevano che avrebbero lottato per difendere i diritti dei contadini di Capo di Leuca contro l’esproprio coatto delle loro terre. Lu Totò capiva poco tutti questi paroloni, ma una cosa gli era chiara: qualcuno lo voleva morto o quasi.

La gente non comprava niente da giorni, sia perché qualche furbetto aveva triplicato i prezzi di frutta e verdura approfittando della confusione, sia perché i rifornimenti di carburante erano esauriti in quasi tutte le stazioni di servizio.

Meno male che il suo motocarro andava a benzina agricola e che lui ne aveva sempre una piccola scorta in garage! Si fermò un attimo a pensare: ma la sua fortuna stava davvero tutta qua?

Un portafogli vuoto, una terra usurpata, una compagna a carico (la sua povera moglie era morta tre anni prima) e due figli di sei e nove anni nati con una grave malformazione: la mancanza del senso di sazietà. Chiamala fortuna!

Intanto, gli scarni risparmi di Totò s’impoverivano sempre più e nonostante i massaggi della sua poltrona, l’uomo non trovava pace.

Finchè un giorno…

Angiulìììì!, chiamò a gran voce la compagna dal garage.

La donna, secca e quasi senza denti, accorse trafelata con in mano un grembiulino da rammendare:

Ce cumanni ssignuria?[1]

N’anu rimaste sulu tò rapacàule e ‘na ozza te mièru![2] sentenziò l’uomo con aria preoccupata.

None, frate mia, tinimu puru la benzina![3] lo corresse subito lei con un sinistro luccichio negli occhi. Totò la interruppe visibilmente stizzito: E ce facimu? Ni la ‘mbimu a colazione?[4]

Angelina sfoggiò il suo sorriso come una scacchiera : Purtamu li piccinni alli Macchie ti Punènte ‘nnanzi a Tricase, li lassamu a ddhai e facimu cu se la sbrìcanu suli![5]

Lu Cicaleddha mugugnò, imprecò e si lamentò per ore, ma alla fine, per fame e per disperazione, accettò la proposta della malfidata compagna. Secondo copione svegliarono in piena notte i bimbi, Hansel e Gretel, e con una scusa banale (“Jèu e l’Angiulina scià cugghimu zanguni!”[6]) li lasciarono sul sentiero tra Serra San Fico e Macchie di Ponente raccomandando loro di non muoversi per nessuna ragione al mondo.

Alle prime luci dell’alba, Gretel, la bambina, spaventata e infreddolita si rivolse al fratello maggiore con ansia: “Hansel, mi sa tanto che si sono dimenticati di noi!”

“Ma no!” rispose il ragazzo con forzata baldanza “E poi, anche se ci avessero abbandonati, non sai quante volte sono venuto a giocare qui coi miei compagni! Conosco ogni sentiero a memoria e tornare a casa per me sarà un gioco da ragazzi. Scommettiamo? Ora chiuderò gli occhi e ti descriverò tutto per filo e per segno!”

Hansel, che non aveva portato con sé né briciole di pane raffermo per segnare il sentiero né la vecchia bussola di zi’ Mìnicu, dette spettacolo dell’amore e della conoscenza di quella località recitandone ogni particolare con la precisione di un libro stampato: “In questo momento siamo su un ‘tratturo’, un sentiero con i solchi di carro impressi sul banco di roccia e i muretti a secco ai lati. Ci passavano anticamente contadini e viandanti. Pensa quante volte ci son dovuti passare per riuscire a scavare una pietra dura come questa!”

E strette le mani della sorella per spostarsi senza cadere, Hansel, sempre ad occhi chiusi, continuò: “Le vedi le pajare e le liame all’ombra di queste fronde? Sono costruzioni rurali fatte pure loro di pietra e poco più in là c’è il giardino degli ulivi secolari…”.

Il silenzio imbarazzante di Gretel in risposta ad ogni sua descrizione fece insospettire il ragazzo, ma visto che aprire gli occhi gli avrebbe fatto perdere la scommessa, quello continuò a parlarle del prato di lino e piselli selvatici, delle caseddhe, della cripta della Madonna di Gonfalone, della via per Lucugnano, del Bosco Martella, delle Masserie Mustazza, Resci e Panzera…

Niente: l’eco di ogni presentazione entusiasta del campione Hansel era stato sempre e solo il silenzio di Gretel.

Il ragazzo aprì gli occhi di colpo, incurante di mandare in fumo il titolo tanto bramato di ‘Segugio’ e ‘Guida di prima classe del Capo di Leuca’: tragedia!

Tutt’intorno agli sfortunati fratellini si estendeva un paesaggio desolante fatto di cemento, catrame e cumuli di terra!

Accorsa al primo cenno di svenimento di Hansel, la povera Gretel, sebbene più piccola di età, iniziò la sua ardua opera di consolazione: “Non preoccuparti, vedrai che riusciremo a tornare a casa!”

“E come, se questo posto non l’ho mai visto in vita mia?” si lamentò il ragazzo tra le lacrime. “E tu, perché mentre camminavamo non mi hai avvertito che non era così come dicevo?!”

La bimba abbassò il capo arrossendo: “Era così bello quello che raccontavi! Mi sembrava una favola…”

Hansel, ripresosi dallo shock, scalò il terrapieno del grande stradone che scorreva sopra la loro testa e riuscì a leggere uno dei cartelli della segnaletica davanti a lui: “Strada Statale 275 Maglie- Santa Maria di Leuca” e poi ancora “Località Tricase”.

Rotolando nella polvere fino ai piedi della sorellina in ansia, il ragazzino la scosse dolcemente per le spalle: “Non mi ero sbagliato, Gretel! Questa è la strada che ho fatto mille volte con gli amici in bicicletta!” “Non è vero!” strillò quella “Non c’è niente di quello che descrivevi tu!”

“Hai ragione!” le spiegò con pazienza il fratellino “Ma è solo perché qualcuno qui ha cambiato tutto: devono aver tagliato gli ulivi, sradicato tutta la vegetazione mediterranea, abbattuto qualche pajara, rovinato muretti e tratturi!”.

“E chi può essere mai stato tanto cattivo?” chiese sbalordita la bimbetta portandosi un ditino alla bocca.

Hansel si guardò attorno e gli venne da piangere e questa volta non per l’abbandono del padre, ma per il tradimento di una parte della sua gente, la stessa i cui antenati avevano scavato i solchi dei tratturi e che adesso aveva dato il via libera per distruggere tutto.

Dall’asfalto infocato della quattro corsie Maglie-Santa Maria di Leuca si sentivano sibilare le gomme e i motori  di poche autovetture lanciate in corsa verso la sacra Finibusterrae[7], l’estremo lembo italico raggiunto a piedi o a cavallo dai pellegrini tanti anni addietro e da molti suoi conoscenti in bici o a piedi fino a poco tempo prima.

“Ma potremo almeno ritrovare la strada di casa?” insistette la bimba col musetto imbronciato.

In quello stesso istante, una voce squillante fece rimbombare la testa dei fratellini: Azzatibe, camasciòni! Ete ora cu faciti colazione e cu sciati alla scola! [8]                                 .

Hansel si stropicciò avidamente gli occhi scoprendosi mezzo addormentato al riparo della sua cameretta: aveva sognato tutto? A giudicare dall’aria serena di Gretel e del padre venuto a buttarlo giù dal letto, ci avrebbe giurato. Tirato un sospiro di sollievo, il ragazzino corse ad abbracciare padre e sorella con una gioia incontrollata. I due lo fissarono piacevolmente stupiti e in attesa di una spiegazione, lu Cicaleddha sbottò incredulo: E ce ‘a successu? Quannu mai si’ cuntente cu ‘bai alla scola![9]

Troppo lungo da spiegare, pensò Hansel, e felice che niente fosse cambiato, corse in classe e prese anche un bel 10 al compito su “Gli antichi tratturi in Terra d’Otranto: quattro itinerari per scoprirsi senza perdersi mai”

Se vogliamo che la nostra favola mantenga il suo lieto fine, scegliamo sempre la nostra terra!

ph Francesco Politano

[1] “Cosa desideri?”

[2] “Ci sono rimasti solo due rape e un orcio di vino!”

[3] “No, fratello mio, c’è rimasta anche la benzina!”

[4] “E che ce ne facciamo? Ce la beviamo a colazione?”

[5] “Portiamo i bambini alle Macchie di Ponente vicino a Tricase, li lasciamo lì chè se la sbrighino da soli!”

[6] “Io e l’Angelina andiamo a raccogliere zangoni, verdure selvatiche!”

[7] Capo di Leuca

[8] “Alzatevi, pelandroni! E’ arrivata l’ora di fare colazione e di andare a scuola!”

[9] “E che è successo? Quando mai sei contento di andare a scuola?”

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6 Commenti a Hansel e Gretel sperduti nel Salento

  1. Cara Raffaella,
    stanotte sognerò anch’io di perdermi tra le tajate del mio piccolo fondo dove mio padre buonanima mi lasciò 18 alberi d’ulivo col dire che mi sarei ricordato sempre di lui e delle sue fatiche. Vedo già l’aria brillare ché fa molto caldo intru lu fundu miu, le tarantule èssanu te sotta terra e le cicale spasimanu tuttu lu giurnu. Nu’ pàssano mai cristiani percé allu fondu miu nu’ canta mai caddhu e nu’ lluce mai luna. E certe fiate me tisperu ca nu’ pàssa mancu nu fiuru te tonna, te na tonna calieddha e mprofumata.

    • …come un racconto, tu esprimi approvazione scrivendo un’altra piccola intensa storia.

      A questo punto, dopo i ringraziamenti d’obbligo, mi vedo costretta(in lingua italiana si dice così, ma in realtà c’è molto di piacevole slancio e niente di costrizione!) a fare un breve commento al tuo commento: EMOZIONE. La raccomandazione del tuo caro papà mi ha fatto commuovere senza preavviso perchè è insieme valore e finalità di vita, in poche parole è il senso di tutta la storia di ‘Hansel e Gretel sperduti nel Salento’. Se proprio la devo dire tutta, quest’ultima è cronaca, provocazione, monito, il tuo commento è invece sentimento e poesia.

      Sei un grande autore, amico mio, oltre che un eroe romantico di quelli che ormai si leggono quasi esclusivamente sui libri.

      Un carissimo e autentico abbraccio,

      Raffaella

  2. Brava Raffaella.
    Sta fiata t’a’ propiu ‘murtalata. Hai creato un mondo in balìa dei propri errori e con il rischio di vedersi ridotto alla fame, come i due fratellini di Grimm che vengono sbarcati nei pressi di un bosco disabitato. Sono intelligenti, però, e riescono a scoprire il modo di cibarsi e tornare a casa riccchi: dopo aver distrutto il male.
    La morale della trasposizione fiabesca ci insegna che la scarsità di cibo porta con sé lo spettro medievale della fame e l’impossibilità di fermare la distruzione dei valori antichi. Ma la narrazione a tratti virgiliana ci allieta lo spirito anche se ci dà allo stesso tempo l’imperativa consapevolezza che dobbiamo sbrigarcela da soli, come fecero i fratellini della fiaba.
    Su quei tratturi delle Serre bisognerebbe veramente, al posto dei segnaali stradali, affiggere un cartello a caratteri cubitali che inviti tutti alla SVEGLIA.
    Ciiao anche a Marcello.

  3. Il leggerti, sia che si tratti di un racconto, sia che si tratti di un commento, mi fa sorridere, mi mette allegria.

    Penso che tutto dipenda un po’ dalla curiosità di sapere cosa scriverai, un po’ dalla certezza d’imparare verità a sorpresa. E lasciatelo dire, caro Giorgio, tu sei uno dei pochi che non delude mai.

    I miei genitori sono insegnanti e mi hanno fatto scoprire che un concetto, un qualsiasi messaggio da trasmettere non ha una sola strada per arrivare a chi ascolta, ma infinite. E’ il topo che arriva al formaggio, la gatta al lardo, la volpe all’uva(perchè tanto, alla fine, ci arriva!): bisogna usare la testa, sempre che ‘il fine giustifichi i mezzi’.

    Hansel e Gretel lo fecero nelle pagine che li celebrarono, ognuno di noi ha il dovere di farlo nei confronti dei propri simili distratti, indifferenti, a volte ignoranti dinanzi agli scempi che finiscono per sottoscrivere senza neanche saperlo. La legge vigliacca del ‘Silenzio assenso’ o il paradosso del ‘Io do una caramella a te e tu dai la tua vita a me’.

    I due fratellini creati da Grimm rischiarono in prima persona non solo per sfuggire alla morte e distruggere il male celato dietro a pareti di marzapane e giardini di zucchero filato-alias guadagni, speculazioni ed esistenze patinate-(e qui la piccola Gretel, da tenera e indifesa, si trasforma in una tigre coraggiosa e spinge la strega nel forno allestito per arrostire il povero Hansel), ma anche per far capire ai propri genitori l’errore madornale in cui erano incappati.

    E’ vero, Giorgio caro, dobbiamo sbrigarcela da soli, ma…l’unione fa la forza!

    Un caloroso abbraccio e un sentito ringraziamento,

    tua Raffaella

    (P.s. Hansel ricambia con affetto il tuo saluto!)

  4. Leggo per la prima volta questa reinterpretazione della fiaba antica.
    Bello e inquietante il contesto geografico scelto, il Salento da fiaba con lieto fine…anche se oggi non si leggono più fiabe e il lieto fine è cosa rara.
    Complimenti per l’impegno e la passione.

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