ALESSANDRO LAPORTA – Il Plinio di Nardò. Un incunabolo da riscoprire

Abstract

 

Articolato in tre parti, il contributo ricostruisce nella prima la fortuna critica di Plinio nell’ambito dell’Umanesimo italiano, e la vicenda in chiave negativa che, a partire dalla seconda metà del Quattrocento, caratterizza gli studi filologici condotti sul testo della Naturalis historia.

Nella nota querelle che vede contrapposti detrattori (Nicolò Leoniceno, Ermolao Barbaro, Alessandro Benedetti) ed estimatori (Pandolfo Collenuccio) dell’opera pliniana, si inseriscono anche Lodovico da Ponte e il Galateo, i quali prendono posizione in difesa del Leoniceno e del Barbaro, stigmatizzando il testo del Collenuccio.

La storia editoriale del trattato enciclopedico di Plinio è invece affrontata nella seconda parte del contributo, dove l’attenzione è focalizzata sulle due edizioni stampate a Venezia nel 1469 e a Roma nel 1470, quest’ultima per volontà del vescovo Giovanni Andrea Bussi, promotore di un ampio programma di stampa finalizzato alla diffusione dei classici latini.

Nella terza e ultima parte si esamina finalmente l’incunabolo posseduto dalla Biblioteca Vescovile di Nardò, esemplare che surclassa le due edizioni pliniane possedute dalla Biblioteca Innocenziana di Lecce (1483) e dalla Consorziale di Bari (1496). L’ex-libris della copia neretina recita esplicitamente Bibliothecae Episcopii Neritonensis addixit Antonius Sanfelicius Ep[iscop]us Nerit[inus], mentre in calce l’incunabolo reca l’impresa araldica degli Avogadro.

Prima di passare al Sanfelice, il Plinio di Nardò appartiene verosimilmente ad uno sconosciuto discepolo di Esculapio che, al verso della carta 374, appunta alcune ricette, rendendo ancora più prezioso questo straordinario documento.

In chiusura l’autore formula alcune ipotesi, delineando nel contempo interessanti piste d’indagine che lasciano il dibattito sostanzialmente aperto a ulteriori approfondmenti su questo tema.

 

 

ENGLISH

 

This contribution, divided in three parts, reconstructs in the first one the critical fortune of Plinio in Italian Humanism and, in a negative viewpoint, the affair which features, since second half of fifteenth century, philological studies that was conducted over Naturalis Historia text. In the popular controversy regarding detractors (Nicolò Leoniceno, Ermolao Barbaro, Alessandro Benedetti) opposed to admirers (Pandolfo Collenuccio) of Plinian works, also Lodovico da Ponte and Galateo took part, who defended Leoniceno and Barbaro, and stigmatized Collenuccio’s work.

Publishing history of Plinio encyclopaedic treaty is dealt instead in the second part of this essay, where emphasis is focused on the two editions printed in Venice in 1469 and Rome in 1470, the latter one for Bishop Giovanni Andrea Bussi’s will, promoter of a wide printing program aimed to introduce Latin classics.

In the third and final part we examine the incunabulum owned by “Biblioteca Vescovile di Nardò” library, a copy that outclass both editions held by “Biblioteca Innocenziana di Lecce” and  “Consorziale di Bari” (1496) libraries. The copy’s ex-libri placed in Nardò specifically  states: “bibliothecae Episcopii Neritonensis addixit Antonius sanfelicius Ep[iscop]us Nerit[inus]”, whereas the incunabulum at the bottom of the page bears Avogadro’s coat of arms. Before passing to Sanfelice, “Plinio di Nardò” probably belonged to an unknown Esculapio’s follower who, in the line of paper 374, pinned some recipes, contributing to make this extraordinary document even more valuable.

On closing the writer formulates some assumptions, outlining at the same time interesting lines of research leaving discussion open to further studies about this topic.

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