Sei proprio cotto, Octo!*

di Alessio Palumbo

Il mio nome scientifico è Octopus vulgaris, ma in realtà di volgare ho ben poco. Appartengo alla classe dei Cefalopodi ma, rispetto al resto della classe, la mia famiglia è di un altro livello. Non ci sono paragoni.

Innanzitutto tra i cefalopodi siamo i più abili ad adattarci a qualsiasi condizione. Ci trovi nei porti, nelle acque limpide, nelle profondità abissali e, certe notti in cui sentiamo il bisogno di districarci ben bene i tentacoli, perfino sugli scogli o sul bagnasciuga. In secondo luogo siamo dei contorsionisti. Un pertugio, una spaccatura in uno scoglio, una lattina possono fungere comodamente da tana. Lo immaginate voi un calamaro o una seppia, con quello scomodo osso, rinchiusi in un buco di pochi centimetri cubi? Sicuramente no. Per non parlare poi dell’intelligenza e della preveggenza. Nei mondiali del 2010 un mio cugino tedesco, Paul, azzeccò tutti i pronostici sulle partite. E che dire delle doti mimetiche? Nessuno può competere con noi sopra e sotto il livello del mare. Uno scorfano lo becchi facilmente, un camaleonte solo un cieco non lo noterebbe. Noi no, sappiamo essere invisibili… a meno che tu non sia un pescatore sopraffino o non riesca a coglierci in un raro momento di distrazione.

Io poi, tra i polpi della zona tra Gallipoli e Santa Caterina, ero tra i più in gamba. Una massa di oltre due chili di soli muscoli: forte, agile, bellissimo, con un’abilità nel cambiare livrea degna di un’artista. Dovevate vedere le femmine della zona: si acquattavano tra i banchi di poseidonia per osservarmi con cupidigia. Andavano in visibilio nel vedermi mutare dal grigio perlato al bianco, dal rosso del corallo al verdone delle alghe morte. Le mie tane poi, erano invidiate da tutti i miei simili per la loro eleganza. Piccole alcove in stile rococò, tutte decorate con conchiglie, chele di granchio, cocci di bottiglia brillanti.

Insomma, me la passavo bene, se non fosse stato per Octa, un polpo femmina enorme, giunonica, con dei tentacoli conturbanti e tonici, un becco dolce dolce ma in grado di frantumare qualsiasi carapace, un mantello plastico e cangiante. Insomma, una tipa da far perdere la testa, lo capite da voi. È arrivata in zona a fine maggio e da allora ho perso il sonno. Gli amici me lo hanno detto subito:

“Octo, quella non è giusta per te. Sei troppo giovane ed inesperto per lei. Finirai per metterti in qualche pasticcio”

Io non ho dato loro retta e mi son messo a corteggiarla. All’inizio è stato difficile. Attorno ad Octa c’era sempre qualche polpone: vecchi dalla massa enorme, ma dai muscoli oramai sfibrati; polpi di profondità, risaliti a caccia di belle femmine; giovani polpi delle zone vicine in trasferta. Insomma, era difficile avere un momento tutto per noi. Finché, in un tardo pomeriggio di metà giugno, Octa decise di avvicinarsi alla riva per prendere una pausa dai soliti corteggiatori. Mimetizzandosi con abilità sgattaiolò via. Solo io la notai e la seguii.

A pochi metri dal bagnasciuga anche lei si accorse di me

“Ah sei tu?” mi chiese col nostro linguaggio muto

“Ciao Octa” risposi io ficcandomi velocemente sotto uno scoglio

Mi raggiunse

“Noto che mi stai intorno da giorni”

“Si” feci io. I miei tre cuori battevano all’impazzata.

“Bene. Se vuoi stare con me, fammi vedere di cosa sei capace” esclamò lei, da femmina esperta qual era.

Non mi feci pregare e mi lanciai in un numero di alta scuola. Scelsi un grande spiazzo di sabbia circondato da scogli bassi e ricoperti di alghe ricce. Prima nuotai veloce lungo il perimetro, lanciando getti potenti dal mio soffione, poi mi fermai al centro, esibendomi in un rapido cambio di colori dall’effetto allucinogeno. Quindi aprii i miei tentacoli a raggiera e mi gonfiai terribilmente. Pregustavo già l’ebbrezza dell’accoppiamento quando mi sentii afferrare per la testa e portare in alto. Mi trovai fuori dall’acqua, con un moccioso che mi teneva stretto.

“Papà, papà” urlava “Guarda cosa ho preso”

Con tutta la rabbia che avevo in corpo gli sputai in faccia una secchiata di inchiostro, che noi polpi di zona chiamiamo “malana”. Il marmocchio si mise a piangere ma non mollò la presa.

Allora ruotai i tentacoli e gli afferrai il braccio, mi trascinai all’altezza dell’avambraccio e gli sferrai un bel morso col mio potente becco. Il mostriciattolo urlò chiamando aiuto.

Arrivò il padre, un energumeno che mi strappò con un colpo netto dal braccio, mi trascinò sugli scogli e mi sbatté ben bene fino a stordirmi.

Ora vivo in un acquario, il marmocchio ha convinto il padre a lasciarmi campare qui. In effetti non sto malissimo, mi cambiano l’acqua tutti i giorni, mangio, dormo e non ho pensieri. E poi chi lo sa, magari un giorno mi riporteranno in mare. Lo spero bene, anche se ho un brutto presentimento. Proprio stamattina la nonna del bambino, una vecchia magra, bianca e brutta come una tracina, passando vicino alla mia tana mi ha guardato soddisfatta e ha detto: “Lu purpu se coce cu l’acqua sua stessa”. Poi si è messa a ridere ed è andata via.

Mi sono chiesto cosa volesse dire, ma sinceramente non ho capito. Ora è tornata, si è seduta vicino al mio acquario e mi guarda con interesse. Che si sia innamorata? Sapevo di aver fascino, ma anche sulle femmine degli umani sarebbe veramente un primato. Aspetto gli eventi rosicchiando un paio di granchi che il marmocchio mi ha portato ieri e osservando la vecchina. A guardarla bene non è poi tanto brutta. Sembra simpatica e allegra. Sorride sempre, anche adesso che si è messa a tritare cipolle e pelare patate.


* Più che un racconto è un escamotage per invitarvi alla lettura di un libro. L’autore è un biologo, Alessandro Boffa, ed il titolo è Sei una bestia, Viskovitz. Si tratta di una serie di brevissimi racconti nei quali il protagonista è, di volta in volta, un animale differente (sempre di nome Viskovitz). La bestia di turno (camaleonte, topo, mantide, maiale, etc. etc.) racconta in prima persona eventi della propria vita, dal proprio particolarissimo punto di vista, ma spesso con schemi mentali e sociali di tipo umano. Una lettura veloce, curiosa e divertente, che credo vi spingerà, anche solo per gioco come nel mio caso, all’emulazione. Cosa potrebbe infatti pensare la gazza di Pier Paolo? Il gatto di Armando? Il cane di Raffaella?

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2 Commenti a Sei proprio cotto, Octo!*

  1. Confesso, sono uno che di polpi ne ho infiocinati tanti, presi anche con le mani. Era un vanto, uscivo dall’acqua e la gente invidiava la mia pesca. Ecco, da anni non pesco più, mi piace ogni forma di vita e in casa, quando scorgo un ragno lo nascondo perché la mia compagna ne ha ribrezzo e per lui sarebbe pronta una ciabattata. Adesso in mare, se scorgo un polpo, mi piacerebbe accarezzarlo, ma lui non si fida, lo so, benché sia un pescatore pentito. Non si sa mai!

  2. Sei davvero simpatico, Alessio, e piacevolissima è la storia di Octo!
    E’ bello e non facile immedesimarsi in un animale provando a viverne sensazioni, prospettiva spaziale e paure. Per molte creature l’interazione con l’uomo non è sempre buona, a volte un vero disastro. Il motivo è semplice e va dalla insufficiente o mancata conoscenza dei nostri compagni di viaggio, alla mancata coscienza di ciò che ci accomuna.
    Leggere il libro suggeritoci da Alessio ,”Sei una bestia”, dovrebbe essere un esercizio illuminante così come lo è stato abboccare alla sua esca letteraria. Chissà che non impariamo qualcosa in più osservando gli animali! P.s. : Si pregano i gentili lettori di non associare per forza una varietà animale a una prelibata ricetta culinaria, non fosse altro perchè, come le parole e certe persone, anche alcuni animali potrebbero risultare non commestibili, indigesti, se non addirittura velenosi!

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