L’unica casa dove alle sette di mattina ridono tutti…

             

             Il Mulino Bianco, ovvero l’unica casa  

              dove alle sette di mattina ridono tutti…

            Ma che farina c’è in quel mulino?

di Raffaella Verdesca

Suo figlio sì che era bello! Soltanto bello? Ma no, chè scherziamo? Bello, bravo, intelligente, istruito ed eccellente in tutto. C’era da smontare una ruota? Come Vincenzo non lo avrebbe saputo fare nessuno. Una versione di latino si era inceppata? Tranquilli, c’era Vincenzo! La lavatrice perdeva acqua? Bastava chiamare Vincenzo! Un’equazione folle, un algoritmo indecifrabile, un commento dettagliato sulla Divina Commedia, una traduzione simultanea dal giapponese al dialetto salentino? Niente paura, meno male che c’era Vincenzo!

Eh sì, per Marilena l’unico sole che riscaldava veramente la terra era il suo primogenito.

Non si trattava di una questione d’età avanzata della donna nel rapporto madre-figlio: quella lo adorava e basta!

Evidenti segni di questo cedimento affettivo erano emersi pure a trent’anni, quando la giovane signora Perrone aveva confessato di essere stata chiamata mamma dal neonato prima ancora che quello aprisse gli occhi, così come in seguito era stata pronta a giurare che il suo piccolo le era corso incontro già a otto mesi.

A tavola Marilena guardò il calendario di Padre Pio appeso sopra il frigo e la sua espressione rassegnata fece capire a tutti che l’anno 2010, impresso sul foglio, le aveva ricordato i suoi settant’anni.

Francesca e Renato, gli altri suoi figli, le regalarono subito un sorriso d’incoraggiamento: “Dài, ma’, che ne dovremo dare ancora di offerte per ricevere questo calendario a casa! Almeno per cent’anni, vero Vincenzo?”

Asciugandosi le labbra col tovagliolo del corredo, l’uomo annuì circondando la madre con un abbraccio rassicurante. Mangiava così poco ultimamente la poveretta! Colpa dei pensieri, diceva lei per giustificare tosse e magrezza, ma Vincenzo quei pensieri li conosceva a uno a uno.

Santi figlioli quelli, tutti premurosi e bravi dal primo all’ultimo: Vincenzo ingegnere, Renato capitano dell’esercito, Francesca avvocato. Marilena e il marito avevano sudato a crescerli così quei tre e poi nel paesino dove vivevano! Piccolo, privo di ogni comodità, a parte quella di essere vicino a Lecce, la loro città santa. Erano nati tutti lì i Perrone: lei, il marito, i figli, i nonni. Da ragazza, Lena si era inventata un lavoro, la creatrice di lumi di paglia, e con Giuseppe si erano sposati un po’ tardi rispetto alla media, ma poi non avevano perso più tempo.

Così si erano impegnati a fare anche i loro figli nel prendere buoni voti a scuola e nel sistemarsi in società, in questo caso meglio di quanto i genitori avessero mai potuto sperare. In paese Marilena era perciò tra tutte la più invidiata e se si fosse trattato di un gioco a premi, avrebbe avuto certo il montepremi più alto.

“Perché ci deve essere per forza qualcosa che non va in tanto ben di Dio?” la rimproverò Cettina all’uscita dalla Messa “Ma se Francesca vuole convivere, lasciaglielo fare! Devi essere moderna, Marilè, il matrimonio ormai è antico! E poi non ti sta bene neanche Renato perché dici che ci fa i vermi in palestra: il ragazzo si sfoga così, capiscilo una buona volta! Sgambetta oggi e sgambetta domani, vedrai che diventa mansueto come un agnellino e magari pure si sposa! Il tuo vero problema, per me, è invece che sei troppo attaccata a Vincenzo!” la stuzzicò Cettina con la benevolenza che solo un’amica può avere.

“Zitta, chè non è vero! Sai bene quanto li amo tutti e tre, la femmina, poi, più della mia stessa vita!”

“Lo so, lo so… E’ che per Vincenzo ci hai sempre avuto un occhio particolare, tanto che poi finisci per ossessionarlo, quel povero figlio.”

“Cosa vuoi? E’ il primo, un po’ si sa che una mamma si lega a quel figlio perché è la prima esperienza, il primo sogno avverato. E’ naturale che io desidero il meglio per lui, anzi, diciamo che tanto è bravo quel figlio mio, che il massimo se lo merita da solo! Vincenzo è davvero speciale.”

“Per te.”

“Ma l’hai visto che pezzo d’uomo che è? Quello le femmine me lo mangiano con gli occhi per strada! E al lavoro? Lo cercano da Roma, Milano, Firenze, insomma, lo cercano tutti, non potrebbero farne a meno neanche se avessero a disposizione mille uguali a lui! Dovresti vedere che fogli pieni di numeri ci ha sempre appresso! Se li guardo mi commuovo io stessa per l’orgoglio di aver messo al mondo una capoccia intelligente come quella.”

“Vieni al sodo, Marilè.” le suggerì allora Cettina conoscendo i tempi lunghi dell’amica prima di affrontare i nodi delle questioni.

La donna sbuffò e per un attimo le si appianò ogni ruga facendola tornare indietro nel tempo.

“Lo sai già qual è il peso che ho sullo stomaco.”

“Sì, come pure so che Anna non ti piaceva neanche un po’”

“Ma mica potevo immaginare che si sarebbero separati!”

Infatti Vincenzo, anni prima, aveva fatto la sua scelta e Anna gli era sembrata quella migliore per sé e per sua madre. Si erano sposati senza farsi mancare nulla: la commozione, i progetti, i confetti e un bel viaggio di nozze da fare più lontano possibile per far apparire più importanti gli sposi agli occhi di tutti. Marilena li avrebbe mandati perciò sulla luna, ma il Madagascar era sembrato ai parenti un accettabile compromesso. Peccato che Vincenzo non avesse potuto mai decidere veramente per sé! Dotato per natura di una formidabile intuizione matematica, avrebbe invece voluto studiare diritto per pura attrazione, ma alla fine non si era opposto a una laurea scientifica; amante del tempo libero, aveva spesso accettato più lavoro di quanto gli spettasse per non saper che dire a sé stesso, una volta rimasto in sua compagnia.

Anna? Sì, gli era piaciuta e anche molto, ma si era accorto col tempo di non essere in grado di dare giudizi azzeccati e duraturi sugli altri, forse perché non conosceva bene sé stesso.

Ma si amava.

Amava il sodalizio tra la sua mente e il suo corpo e lo dimostrava curando ogni aspetto di sè. Si piaceva e doveva per forza piacersi per rimanere in equilibrio con lo spirito.

Aveva col tempo attraversato la fase del narcisismo, dei rapporti vuoti, della ricerca dell’io e ora si ritrovava sulle tracce della comunicazione tra il suo mondo e quello degli altri.

Anna l’aveva persa lì.

Marilena ne aveva fatto motivo di risentimento per anni: è vero che quella non le era quasi mai sembrata la donna giusta per il figlio, ma finire tutto e subito a quel modo! Forse sarebbe stato meglio insistere per il viaggio di nozze sulla luna.

“E’ inutile, mamma, non esiste la famiglia ridente del Mulino Bianco!” rise Vincenzo di fronte ai continui tentativi di convincimento della madre.

“Per te, invece, deve esistere!” insistette quella sicura.

“Se lo dici tu! Mogli bellissime, dolci, felici, mamme di figli bellissimi ancora più radiosi dei propri genitori, mariti e padri che sembrano usciti da una pagina di Vogue, case da copertina…”

“Esistono, esistono!”

“Ma lì ridono tutti, mamma! E per cosa, poi? Per una brioche e una fetta biscottata!”

“E perché? Non si può ridere per le cose semplici come facevamo io e tuo padre ai nostri tempi?”

“E come no! Ma tu ti saresti mai distesa su una tovaglia immacolata sull’erba?” la stuzzicò Vincenzo per sdrammatizzare ancora un po’.

“Tu sei un figlio d’oro e devi avere questo e più di questo!” ribadì contrariata la donna.

“E invece io sono di quei tipi che quando si alzano la mattina non vogliono sentir volare una mosca, altro che ridere!”

“Perché non hai accanto la moglie giusta, ovvio! Sei così, mamma tua, perché non ti sei ancora realizzato a fondo: niente figli, niente donna della tua vita, niente casa. Ci credo che ti alzi nervoso!”

“Non riesco a trovarla la donna giusta.”

“ Bugiardo, non la trovi solo perché non la cerchi! Vedi Mauro, il figlio della mia amica Cettina! Si è sistemato a Lecce con una brava ragazza ed è pure cieco da un occhio!”

Esasperato, Vincenzo abbracciò la madre con tenerezza sperando che la televisione non mandasse in onda, almeno per quella sera, la pubblicità del Mulino Bianco Barilla.

All’improvviso gli venne un terribile dubbio: ma il Mulino Bianco era un’innocua e ingannevole invenzione commerciale, o un allucinogeno liberalizzato?

Data la dipendenza sperimentata della madre, Vincenzo non ebbe dubbi.

Chi l’avrebbe mai detto, Marilena, che saresti finita così!

“Mulino Bianco”, se lo conosci, non ti uccide.

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