Leuca nelle fonti letterarie, tra storia e leggenda (parte seconda)

di Paolo Vincenti

A Leuca, sacro e profano convivono sincreticamente insieme, in una fusione culturale prodigiosa. Leuca, frazione di Castrignano del Capo, ha origini antichissime: ne parlano lo storico Strabone e Lucano. Qui, nell’antichità, sorgeva un tempio dedicato alla Dea Minerva  e questo tempio era visibile dai naviganti a diversi chilometri di distanza ed incuteva loro un certo timore. Secondo la mitologia, Minerva contese con Nettuno per la signoria di Atene e si stabilì che essa sarebbe toccata a chi di loro avesse fatto il dono più utile alla città. Nettuno, col suo tridente, fece balzare fuori dalla terra un cavallo; Minerva invece fece nascere l’ulivo, che fu riconosciuto di maggiore vantaggio per la città e Minerva ne ebbe la supremazia. La dea era molto amata nella antica Japigia: santuari le erano stati dedicati a Castro, Otranto e Leuca. Secondo la leggenda (Leuca è terra di leggende), Japige fece costruire  un santuario dedicato alla dea quando seppe della vittoria riportata da Minerva nella battaglia contro i Giganti. Inoltre, il fatto che la dea avesse fatto spuntare dal suolo il primo albero di ulivo, le fece guadagnare la riconoscenza di tutti i salentini, che dedicarono a Minerva il mese di Marzo, durante il quale si celebravano le Quinquatrie, feste sontuose in cui si tenevano giochi, sacrifici e danze sfrenate. Durante queste feste, gli uomini di Leuca indossavano abiti morbidi e le donne assumevano atteggiamenti lascivi, perdendo ogni inibizione. In una sorta di estasi collettiva, tutti rubavano, si accoppiavano promiscuamente ed assecondavano i più bassi istinti. Per questo Giove, adirato, incenerì Leuca con il suo tempio e i suoi abitanti. Il Santuario fu edificato, probabilmente, sulle rovine dell’antico tempio di Minerva.  La leggenda vuole che l’apostolo Pietro, approdato a Leuca, nel 43 d.C., convertì gli abitanti al Cristianesimo e da qui iniziò le sue predicazioni in tutto il mondo occidentale; all’apparire dell’apostolo, il simulacro di Minerva andò in frantumi e Pietro, appena approdato sul suolo italico, vi piantò una croce. Nel Seminario di Leuca è conservata un’ara di questo famoso tempio. Il Santuario, distrutto sotto l’Imperatore Galerio,  fu riedificato e consacrato al culto di Maria Vergine, nel 343,secondo la leggenda, da Papa Giulio I, come si legge in una lapide commemorativa posta sulla porta principale della chiesa: “Julius Hic Primus Celebrans Emissa De Coelo Indulta Accepit Kal. Aug. CCCXLIII Dum Consecravit Hoc Templum”. Secondo quanto recita l’epigrafe, il Papa Giulio I, che si sarebbe fermato a Leuca mentre andava a partecipare ad un importante Concilio in Oriente, a Sardica, avrebbe  ricevuto delle scritte d’oro dal cielo  e queste scritte decretavano il privilegio della chiesa di rimettere i peccati ai visitatori ; per questo privilegio delle indulgenze, il santuario sarebbe stato poi associato alla Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma. La chiesa fu abbattuta di nuovo e ricostruita nell’888 e nel 924.  Leuca ci parla delle incursioni turche  nel tempo che fu, quando i feroci pirati che venivano dal mare, più di una volta rasero al suolo il Santuario, che poi venne ricostruito. In uno di questi attacchi, nel 1537, fu distrutta la pregiatissima tela della Madonna, dipinta da Jacopo Palma il Vecchio. Dietro questa tela c’è una leggenda che vuole che essa sia stata dipinta  da San Luca, su richiesta di alcuni pescatori di Leuca che raggiunsero Malta, dove si trovava il santo. Questa tela fu portata a Leuca ma, dopo alcuni secoli, se ne persero le tracce e venne poi ridipinta per imitazione da Jacopo Palma il Vecchio. Successivamente, il nipote Jacopo il Giovane realizzò un’altra tela ma, purtroppo, anche questa tela fu distrutta: infatti, nel 1624, ci fu un altro memorabile attacco da parte dei pirati algerini che misero a ferro e fuoco tutto e andò bruciata anche la tela della Vergine Maria. Secondo la leggenda (ancora una leggenda), i pirati vollero rubare anche la campana  e la caricarono sulla loro nave, ma si levò un terribile nubifragio che fece colare a picco l’imbarcazione.

Delle infinite leggende mariane, parla Luigi Sada,in “Elemento storico-topografico nella genesi delle leggende del Salento”(Pecoraro Editore 1949). E la gente capuana, a raccontarsele ancora queste leggende,bagaglio culturale, patrimonio storico e antropologico di questo popolo di “salentini pietra viva”, come li ha definiti Luigi Corvaglia in quel suo capolavoro assoluto che è “Finibusterre” (Milano 1936, poi ristampato presso Congedo 1981, con mirabile Prefazione di Donato Valli).

Fin dal Medioevo, come informa Antonio Caloro in “Guida di Leuca” (a cura di Mario Cazzato, Congedo 1996), la devozione alla Madonna di Leuca era molto forte. Durante le Crociate, molti cavalieri, prima di imbarcarsi in Terrasanta, venivano a pregare al Santuario di Leuca. Nel Seicento, il fenomeno della devozione popolare per la Madonna di Leuca assunse proporzioni impressionanti, come conferma un piccolo scritto, “Historia della Madonna Santissima di Leuche, detta Santa Maria de Finibus Terrae” del canonico di Alessano Don Francesco Pirreca, pubblicato a Lecce nel 1643 e ripubblicato in prima edizione nel 1988, da Corrado Morciano, per il Circolo Culturale “La Ristola”, e poi nel 1998 e nel 2002. In quei tempi, il Santuario, isolato com’era dal resto dell’abitato, in un luogo brullo e sempre battuto dal vento, esposto ad ogni pericolo, non poteva sottrarsi agli attacchi, come quello del 19 giugno 1624, quando i pirati sbarcarono nella rada di Leuca distruggendo tutto: nonostante l’incendio però una piccola parte del quadro del Palma si salvò, quasi per miracolo, e precisamente la parte contenente i volti della Madonna e del Bambino, che  possiamo ammirare ancora oggi nel quadro che si trova sopra l’altare maggiore.  Come scrive Mons. Ruotolo, nella sua “Ugento-Leuca-Alessano” (Cantagalli 1952 e 1960), “A voler perpetuare il ricordo dell’intero quadro il marchese di Corigliano d’Otranto, Geronimo dei Monti incaricò il pittore Andrea Cunavi di Mesagne di compilare copia completa del quadro bruciato, il che fu compiuto nel 1625. Questa quarta tela della Madonna rimane ancora presso i locali annessi al santuario ed è stata recentemente restaurata con cura e maestria dal professore Barrachia Amerigo”. E ancora, il pericolo veniva dal mare per Leuca ed il suo Santuario, attaccati nel 1673,ed anche nel 1689,e questo lo dice la storia, quando i pirati algerini portarono via anche le campane e frantumarono la colonna che si trovava davanti alla Chiesa con la statua della Madonna (una nuova colonna venne eretta nel 1694) . Il Santuario ci parla del Vescovo Giovanni Giannelli, artefice della sua definitiva ricostruzione ed inaugurazione nel 1740, come testimonia l’epigrafe che il prelato fece apporre nell’atrio: “Ut custodia et nitor sit ecclesiae ac devotis nhil desit Beatissima Virgo iussit et facta sunt omnia cui ut sit iugiter saeculum per omne gloria. Ioannes Jannellus Episcopus posuit A.D. 1740”.  E’ a questo vescovo benefattore che si deve quell’aspetto davvero imponente del Santuario, “ad formam fortilitii”,come scrivono gli storici, più somigliante ad un fortino che ad una chiesa.  In effetti, la paura per gli attacchi dei predoni terrorizzava i poveri pescatori abitanti dei secoli scorsi e rendeva questo posto solitario e desolato. Oggi lo stemma del vescovo benefattore è visibile alla fine della navata nella parte anteriore del pulpito e proprio al di sopra di questo stemma è collocata l’immagine del crollo della statua di Minerva all’apparire di San Pietro.Solo sul finire dell’Ottocento, rinacque l’interesse per Leuca, ed anche questo lo dice la storia;cominciarono delle opere di restauro dei luoghi abbandonati e iniziarono a sorgere le prime abitazioni patrizie che abbellirono molto una città rivierasca altrimenti priva di ogni attrazione, come ci  informa Giacomo Arditi nella sua fondamentale opera “Leuca Salentina” (Forni, Bologna 1875). L’Arditi divide la sua opera in tre libri, ovvero “Leuca quale è”, “Leuca quale fu” e “Leuca quale potrebbe essere”.

Non si può fare a meno di entrare nel Santuario, divenuto nel 1990 Basilica Minore, ed inginocchiarsi di fronte all’Altare Maggiore dove è posizionata la famosa tela della Madonna col Bambino (anche se si tratta di una recente copia, mentre l’originale è conservato nei ripostigli del santuario), e poi visitare anche gli altri altari, quello di San Francesco di Paola, quello di San Giovanni Labre, quelli della Annunziata, della Sacra Famiglia, di San Pietro e di San Giovanni Nepomuceno. Secondo la leggenda, anche San Francesco d’Assisi raggiunse Leuca nel 1222.

Hinc humilibus veniam, reprobis vero ruinam” è scritto sul libro che regge l’angioletto che si trova nel pronao, all’entrata del Santuario, che avverte che il Signore, attraverso questo luogo, invia agli umili la salvezza e invece ai malvagi la perdizione.

Eccoci, nella cappelletta laterale del Santuario, di fronte alla Madonna di Leuca con il Bambino in braccio: la statua posta in una nicchia, è stata realizzata nel 1897 dal maestro cartapestaio Manzo di Lecce e restaurata dal maestro Nicola Pepe di Salve nel 1990. Annesso al Santuario, c’è anche il “Museum Vito Mele”: inaugurato nel 2003, questo museo, è un piccolo gioiello, contenente opere di noti artisti dell’Ottocento ed anche di contemporanei, che va ad arricchire la importante offerta culturale del complesso polifunzionale della Madonna di Finibus Terrae. Infatti, il Santuario non è più soltanto un luogo di culto, ma ospita un centro dialisi, una casa per anziani e strutture ricettive per tutti i pellegrini che vengono a visitare Leuca.Sulla collezione di questo museo, da leggere lo stupendo catalogo “Verità e poesia nella forma” (a cura di Museun Vito Mele e Basilica S.M.De Finibus Terrae, Leucasia 2006).

Al centro del Piazzale Giovanni XXIII,  si erge la Colonna Votiva della Madonna di Leuca, innalzata nel 1694, come vuole la storia, per volontà di Filiberto Ajerbo d’Aragona, duca di Alessano, e della sua sposa Laura Guarini. Leuca è all’infinito storia e leggenda e dove finisce l’una inizia l’altra, dove l’una manca l’altra supplisce. Leuca è  la Croce Monumentale, fatta costruire nel 1901 dal Vescovo Luigi Pugliese, e la Croce Pietrina, che ricorda l’arrivo di San Pietro in questa terra.

E una sentinella nel blu, è il Faro di Leuca,costruito nel 1866,  uno dei più importanti d’Italia, a 102 metri sul livello del mare. Leuca è l’Erma settecentesca che si trovava sulla strada che porta al Santuario, recentemente restaurata e ricollocata da Speleotrekking Salento, come “inizio di un cammino di recupero delle antiche testimonianze”.

E’ grande l’amore per la Madonna De Finibus Terrae, “The Virgin Mary” o “Mother Mary” ,come dicono gli inglesi. In aprile, il 13, si celebra la ricorrenza religiosa. Alla base di questa festa, tanto per cambiare, c’è una leggenda: quella del miracolo della Madonna. Secondo questa leggenda, riportata dal Tasselli ed anche dal Ruotolo, in un giorno di aprile verso il 348 d.C., si levò un terribile maremoto che quasi finì per sommergere Leuca arrivando fino al promontorio del Santuario, se non fosse stato per l’intervento di Maria che salvò la città, facendo cessare la burrasca. Ma la festa più importante si celebra il 15 agosto, quando fedeli da tutto il Salento e turisti vengono ad assistere alla tradizionale processione a mare.

Da Piazzale Giovanni XXIII, (Leuca di sopra) si può scendere alla marina (Leuca di sotto), attraverso una scalinata ricavata nella collina, fino al Porto. Questa scalinata, composta da due rampe simmetriche , di 254 scalini l’una, racchiude una cascata monumentale, che di tanto in tanto viene aperta, con la quale termina il suo viaggio l’Acquedotto Pugliese: un’opera realizzata dal Fascismo, che voleva così celebrare lo storico arrivo dell’acqua nel Salento, atavicamente assetato, come tutta la  Apulia sitibonda.  Leuca è il suo Porto turistico e peschereccio, uno dei più attrezzati della Puglia, con una capienza di circa 1000 imbarcazioni attraccate.

Leuca porta d’Oriente. E’ qui il confine estremo della vita, fra il sole accecante e il bianco delle rocce calcaree, qui, ci si rende conto davvero di essere arrivati all’estremo limite della terra, al sud del sud. “Tu non conosci il Sud”, scrive ancora Bodini, “le case di calce da cui uscivamo al sole come numeri dalla faccia d’un dado”.

E ancora leggende: la leggenda dei dieci ragazzi rapiti al tempo delle incursioni dei pirati e salvati dalla Madonna di Finibus Terrae, la leggenda della grotta della “picciunara”, la leggenda della grotta del drago.

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2 Commenti a Leuca nelle fonti letterarie, tra storia e leggenda (parte seconda)

  1. Varato dalla legittima erede di Federico II, Sair Principessa Yasmin von hohenstaufen ,il Sacro Regno di Leuca .Il Corpus Saecularium Principum di Worms, mira alla riqualificazione del territorio e alla riscoperta della mistica pagana e spirituale religiosa della porta d’oriente .

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