Le autostrade del Salento fra ansia di modernità e rischi di scempi ambientali

di Paolo Rausa

 

Sulle grandi opere viarie che sono in progetto o in fase di realizzazione in tutto il nostro paese sorgono da più parti comitati di associazioni ambientaliste e di cittadini, preoccupati per il loro impatto ambientale. E’ il caso delle statali 275 (nel tratto Maglie-Leuca) e 16 (nel tratto Maglie-Otranto), che interessano la porzione sud-orientale del Salento, l’estremo lembo della Provincia di Lecce.

Un territorio significativo per la presenza del Santuario della Madonna De Finibus Terrae, laddove si erge il Faro che irradia con la sua luce le acque dell’Adriatico e dello Ionio che qui si separano e si ricongiungono in un moto perenne. Proprio questo Santuario ha rappresentato nella cultura contadina la fine del mondo, dell’ecumene conosciuto, il termine oltre il quale cominciava il regno dell’Ade e per questo – dice il poeta Vittorio Bodini – “è qui che i salentini dopo morti / fanno ritorno / con il cappello in testa”.

Certo, altre suggestioni… Ora dobbiamo guardare avanti, allo sviluppo di una terra arretrata… – sostengono i promotori di queste nuove arterie super o auto/stradali, che attraverseranno come cicatrici la terra già lungamente provata del Salento. Non è pensabile una grande opera senza prima aver avviato una lunga e approfondita valutazione di impatto ambientale e – aggiungerei – culturale!

La conoscenza della storia, della cultura di un popolo, che costituisce un tutt’uno con i luoghi abitati, è la fase preliminare di ogni progetto. Una fase importante, perché presuppone il riconoscimento del suo “Genius loci” e il suo rispetto, non lo stravolgimento, nelle opere che si propone di realizzare. Se non si fa questo, se le Autorità che decidono non ne tengono conto, ci sarà sicuramente una perdita di identità dei luoghi. Lo si vede già nelle mille operazioni irrispettose dell’ambiente e del paesaggio, che arrivano a ricoprire campagne intere di pannelli solari e di pale eoliche e dove non bastano queste si progettano strade che si pensa devono superare la terra e arrivare direttamente in mare. Per fare cosa poi?

Otranto è l’estremo punto  a oriente, dove la figura bronzea di Idrusa sfida arcigna e armata della croce la minaccia turco-mussulmana. Ma che una sapiente e lungimirante politica culturale ha trasformato nell’Alba dei popoli, che si danno convegno per affrontare insieme le sfide che attendono le comunità mediterranee.

Ancora una volta la premessa (e la sfida) è che noi dobbiamo essere portatori di un nuovo e diverso modello di sviluppo, dove alle grandi strade e alle imponenti opere che feriscono il territorio opponiamo una diversa modalità di vivere e per questo sappiamo essere ricettori di un turismo responsabile, che sia consapevole dei limiti delle risorse.

Ecco perché tutti gli ammodernamenti devono tenere conto della fragilità del territorio e della sua ricchezza ambientale e culturale, rivedendo anche le modalità di spostamento compatibile per es. – questa sì che sarebbe una vera innovazione! – realizzando delle piste ciclabili di fianco alle strade statali che attraversano il Salento e rivedendo i tracciati della linea ferroviaria che risalgono alla fine ‘800/inizi ‘900, raddoppiando i binari, ammodernando le vetture, trasformandola in metropolitana leggera che parta dall’aeroporto di Brindisi e arrivi a Otranto da una parte e a Santa Maria di Leuca dall’altra.

Questi sono gli investimenti compatibili, cari Amministratori Pubblici. Cominciamo allora a scrivere una pagina nuova per il Salento, convocando gli Stati Generali – si sarebbe detto una volta – delle Amministrazioni Pubbliche, delle Associazioni e dei Cittadini e insieme, per una buona volta, scegliere le modalità di piani di sviluppo eco-compatibili che portino vero “progresso” – come diceva il caro e mai troppo compianto Pier Paolo Pasolini –  ad una terra e ai suoi abitanti che per molti, lunghissimi anni hanno subito le ingiustizie della storia e le angherie del potere.

 

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3 Commenti a Le autostrade del Salento fra ansia di modernità e rischi di scempi ambientali

  1. Dopo aver letto questi righi chirurgici intrisi di saggezza e senso critico, mi chiedo come mai Paolo Rausa non sia stato scelto dal Fato per consigliare, amministrare, proporre e risolvere i nostri problemi territoriali al posto di quei quattro masnadieri che ancora ci governano. Mi da’ un brivido di piacere ed incredulità sentire finalmente un chiaro squillo di tromba sopra tutto il baccano distonico di chi parla troppo, male e solo per il proprio interesse. Paolo trasuda cultura classica e dimostra con questa sua riflessione che solo la vera democrazia dipanerebbe l’inghippo: governanti e cittadini insieme nel rispetto delle necessità e delle identità culturali, paesaggistiche e storiche del nostro Salento. Finalmente il tanto invocato progresso assume significati e facce che lo rendono un organismo vivente e autonomo: una lettrice di Spigolature aveva tempo addietro invocato servizi più efficienti e incoraggianti il turismo (Ristoranti aperti anche fuori dalla stagione estiva, mezzi pubblici utili per gli spostamenti e i collegamenti, rapporto qualità-prezzo conveniente), qualcun altro aveva ridicolizzato il dispendio delle risorse economiche per ampliamenti stradali inutili di contro a strade lasciate a far concorrenza alla superficie lunare e oggi Rausa riassume ogni disagio e obbrobrio proponendo piste ciclabili accanto alle statali, raddoppio dei binari e tant’altro.
    Avere intelligenza è una fortuna, provare amore una virtù, ma avere coscienza è un dovere.

  2. Replicare a Raffaella Verdesca è un piacere, per le considerazioni che marcano il suo pensiero, semplice e netto, dove i barlumi di una pratica democratica e partecipativa nei processi decisionali sono di là da venire… Gli aspetti che lei tocca sono importanti perché non vi può essere una proposta a priori e neppure una opposizione a priori. E’ importante valutare attentamente la portata di un’opera pubblica per le implicazioni economiche, finanziarie, sociali e territoriali che comporta. “Realizzare una nuova autostrada significa consumare territorio e quindi va data massima attenzione al tracciato: vanno valutati fin da subito i principali attrattori del traffico, le alternative ed i raccordi modali (ferro), le soluzioni tecniche (riqualificazioni delle statali), le opere di mitigazione necessarie… ” sostiene Anna Gervasoni della Università Carlo Cattaneo di Castellanza, a proposito della Broni-Mortara in Lomellina, Provincia di Pavia. Ne possiamo riparlare, partendo da questi concetti? Grazie, Raffaella!

  3. Leggere queste parole in un primo mattino di settembre, afoso già dalle prime ore, è una folata di aria fresca e odorosa di erbe.Una folata che può raggiungere quei luoghi dove “si decide” della “carne viva” della nostra terra, può ossigenare le menti figlie di questa stessa terra e portare se non nuove idee, nuova consapevolezza e nuovi desideri in coloro che sono ingabbiati da regolamenti ferrei che basta una volontà nuova per “SCARDINARE” e rendere ragionevoli e attenti al bene di un territorio e al benessere dei suoi abitanti. Grazie all’autore per aver luminosamente fatto una sintesi efficace di un argomento doloroso e inquietante, difficile da racchiudere, difficile da esporre.E non si può rimanere insensibili a così efficaci sollecitazioni a rivedere sguardi e decisioni che hanno come oggetto il nostro bel Salento.

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