Scorfani e triglie di Castro Marina

di Giorgio Cretì

Per tutto il tratto di costa tra Porto Miggiano e Punta Mucurone la profon­dità minima sotto la scogliera è di dieci metri, ma tra la Grotta Zinzulusa e la Grotta Palombara essa raggiunge i tren­ta. La parete rocciosa che emerge dall’acqua raggiunge, poi, l’altezza di sessanta metri e il fondale, man mano che ci si allontana dalla costa, scende repentinamente.

Un tempo quei fondali erano popolatis­simi di cernie ed i pescatori di Castro, malgrado le loro lenze di canapa, ne pe­scavano parecchie, ma negli anni Cin­quanta cominciò a diffondersi la pesca in apnea e nei fondali più bassi i ser­ranidi cominciarono ad essere decimati. Pippi Colafati, farmacista di Poggiardo, ed altri sportivi del Basso Salento erano i pionieri di uno sport faticoso ed affa­scinante. Ricordo che passavano davanti a casa mia, a Ortelle, con le motorette che allora cominciavano a diffondersi dappertutto, e portavano avanti e indie­tro pinne, maschera e fucile. Sotto il sole che accecava.

Poi le cernie cominciarono a scarseg­giare nei fondali bassi e quando sembra­va che le tane oltre i venti metri di pro­fondità fossero sicure, vennero lanciati sul mercato i respiratori ad ossigeno e ad aria compressa e la lotta divenne ve­ramente impari per i pesci. I pescatori subacquei si chiamarono sommozzatori e venivano da ogni parte d’Italia. Qualcu­no aveva anche la casa a Castro.

Nunzio, che per eredità genetica ave­va bisogno di campare e per eredità sto­rica apparteneva alla classe molto dif­fusa dei nullatenenti, poiché era abile marinaio e ottimo conoscitore del lito­rale, si era messo al servizio di alcuni forestieri.

In vita sua non aveva mai visto esem­plari di pesci così belli uscire dal suo mare ed era contento perché le persone per le quali lavorava erano signori di nome e di fatto e con lui erano sempre molto gentili. Pescavano per il gusto di pescare, per il piacere di vivere parte del­la giornata sott’acqua ed il pesce che prendevano lo regalavano quasi tutto. Spesso lo andava a portare lo stesso Nunzio, quando tornavano a terra. E lui, avendo a che fare con molti pezzi grossi, si sentiva anche lui un po’ importante.

Da qualche tempo, il pesce migliore lo mandavano a donna Maria, la moglie di un generale, e Nunzio faceva la con­segna e poi se ne saliva a casa. Ma alla villa del generale, che stava oltre la Pun­ta Corrente, sulla litoranea per Leuca, più che un’accoglienza festosa non rice­veva mai.

“ Buongiorno signora”, diceva Nunzio, “mi manda… “ .

“Oh, grazie, grazie”, si precipitava don­na Maria, “molte grazie ”.

“Buongiorno signora”, salutava Nunzio togliendosi il berretto e facendo un inchino.

E mentre se ne tornava a casa sotto il sole, pensava che almeno un bicchie­re di vino avrebbero potuto darglielo. Che gente! Non capiva proprio perché signori come quelli con cui andava in mare ogni giorno, mandavano tutta quel­la grazia di Dio a gente che non meri­tava nemmeno mezzo chilo di sardine.

Aveva una fame che gli toglieva il lume degli occhi. La pagnotta che si era por­tata la mattina, l’aveva mangiata subito appena i sommozzatori si erano immer­si, come ogni giorno, e da allora ne era passato di tempo! In mare, specialmente vogando, si digerisce altro che una pa­gnotta!

Ora, alle due di pomeriggio, si tro­vava alla Punta Corrente e doveva sa­lire fino al Pozzo Lipido per tornare a casa; doveva superare un dislivello di quasi cento metri, su per un viottolo che partiva dritto dal Porto e arrivava sotto le mura di difesa del vecchio ca­stello. In salita egli camminava piegato in avanti e sentiva che il sole d’agosto gli seccava la schiena. Saliva frastorna­to, a stomaco e a mani vuoti.

Qualche giorno dopo, un plenilunio lu­minosissimo si era alleato ai poeti e agli amanti, ma un pesce non si pescava in tutto il Mare Jonio. I sommozzatori so­lamente pescavano e donna Maria aveva il pesce fresco assicurato. Nunzio andò a fare la consegna.

“Buongiorno donna Maria “, disse os­sequioso come sempre.

“ Buongiorno Nunzio… Oh che for­tuna! Ma quale santo ti manda? ”.

Nunzio pensò che forse era la volta buona, almeno gli avrebbero dato qual­cosa da bere. Invece no!

“Santa, Santa”, chiamò ad alta voce donna Maria, “Santa vieni a prendere questo pesce che Nunzio ha portato. Che meraviglia!”.

La cameriera giunse di corsa e men­tre le porgeva il pesce, Nunzio cercò di farle capire che si aspettava qualcosa. Quella capì benissimo, ma gli rispose che non poteva dargli nulla se non glielo di­ceva la padrona. E donna Maria non dis­se nulla; era troppo presa dallo spetta­colo del pesce.

“Grazie, Nunzio”, disse tutta con­tenta, “grazie, grazie tante”.

Nunzio salutò e se ne andò. Sia fatta la volontà di Dio, andava pensando, per questa volta. Alla prossima dimentico tutta l’educazione che mi ha insegnato mio padre e la prendo a maleparole.

E di nuovo tornò a casa a stomaco e mani vuoti. Non solo, dovette inventare una scusa per farsi dare da quelli di casa i soldi per un pacchetto di siga­rette. Disse che non aveva spiccioli.

Quando tornò la volta successiva a portare il pesce a donna Maria, uno dei sommozzatori andò con lui in macchina e lo attese per accompagnarlo a casa. Portava, quel giorno, due ombrine, ma due ombrine che tutt’e due facevano una pesa, cioè cinque chili. Figurarsi lo stu­pore e la gioia di donna Maria!

“Oh Nunzio”, esclamò aprendo la porta, “ma quale spettacolo è questo! Ma guarda… Santa, Santa guarda che cosa ha portato Nunzio! “.

Anche questa volta, però, tante sinfo­nie ma nella pancia di Nunzio non era entrato nulla. Nemmeno un bicchiere d’acqua. E, poveruomo, Nunzio, non la in­sultò, non le disse le maleparole che aveva meditato. Ma appena uscito in istrada cominciò a bestemmiare tutti i morti di donna Maria, la Madonna delle Grazie e Sanarica che la venerava e tutti i santi del Paradiso. Senza ritegno or­mai, ad alta voce, se la prese anche con il Padreterno che non si decideva a sot­terrare il mondo intero.

Il sommozzatore che lo stava aspettan­do, lo vide arrivare, con la bile che gli veniva fuori dalla bocca e dagli occhi, e scese dalla macchina per andargli incon­tro. Lo conosceva come persona di tem­peramento tranquillo e non si aspettava di vederlo in quello stato.

“Cosa c’è, Nunzio?”, gli chiese pre­muroso.

“E’ giusto, dottore, perlamadonna? “.

“Ma che cosa è successo? “.

“Vada a fare in culo, lei e tutta la sua razza. Perlamadonna. Vado avanti indietro sotto il sole per portare il pe­sce a quella puttana e, che la prenda un fulmine!, nemmeno un bicchiere di vino! Grazie Nunzio, grazie tante Nunzio… E i miei figli mangiano con il grazie? “.

“Ah, sì? “, esclamò il sommozzatore.

“Può andare a fare in culo che io lì non ci vado più… Mai una volta che abbia detto: “Tieni Nunzio, comprati qualcosa”. Magari! Nemmeno un bicchie­re di vino! Puttana di sua madre, la pros­sima volta i pesci me li vado a vendere. Li vado a vendere dalla Nina… ‘Azzo!”.

“Ah,, sì, così stanno le cose?”, com­mentò il sommozzatore, “di pesci che prendiamo noi non ne vedrà più “.

Quelle parole consolarono Nunzio il quale non poté, comunque, fare a meno, durante il tragitto, di vuotare tutta la rabbia che aveva accumulato nei con­fronti della moglie del generale.

La sera era seduto sul marciapiede da­vanti al bar di Sergio, con il Cicca e con suo cognato Salvatore e discorrevano del­le solite cose per far passare il tempo. La piazza del Porto era abbastanza ani­mata. i villeggianti, finita la siesta, usci­vano a godersi la brezza serale. Un grup­petto, di cui facevano parte il generale, il marito di donna Maria, ed il sommoz­zatore che aveva accompagnato Nunzio in macchina, scendeva verso la batacche­ria. Sembrava stessero discutendo di fat­ti loro, ma dal modo di gesticolare Nunzio capì che parlavano di lui.

“Sta’ attento”, disse a suo cognato, “goditi la scena”.

Si alzò avviandosi verso la fontana e passò a non più di una ventina di passi dal gruppo. Quando fu vicino lo chia­marono, ma egli fece cenno con la mano di attendere. Bevve e poi si avvicinò lentamente. Non salutò nessuno e non disse nemmeno buonasera.

“Dottore”, disse, “hai bisogno di qual­che cosa?”.

“No”, quello rispose, “era il generale che ti cercava”.

“Hai bisogno di qualche cosa, eccel­lenza?”, disse allora Nunzio con molta freddezza.

“Nunzio”, disse il generale, “e te la prendi così con le donne!…”.

“Mannaggia le donne e le madonne”, sbottò Nunzio, “ma cosa credono che i miei figli campino con il grazie! Man­naggia…”.

Il generale a quel punto capì che non era il caso di continuare. Mise la mano in tasca, ne trasse uno di quegli enormi biglietti da diecimila lire e glielo porse. Nunzio lo prese con la sinistra e lo sventolò, mentre con la destra si toglie­va il berretto. Contemporaneamente fece un profondo inchino.

“Questa è grazia”, disse, “mi inginoc­chio e bacio la terra”.

Si inginocchiò e baciò la polvere della piazza, mentre già si vedeva attorniato dalla moglie e dai figli pronti a confi­scargli i soldi.

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Un commento a Scorfani e triglie di Castro Marina

  1. La “bbona educazione” come regola di sottomissione dettata dai potenti e dalla Chiesa. “Ci pecura se face…” non va in paradiso.

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