Prostitute e banditi a Nardò nel 1581

centro storico di Nardò

 

di Marcello Gaballo

Siamo nel 1581 a Nardò. Un intero quartiere è controllato da banditi, malfattori e prostitute. L’amministrazione civica non riesce a porre freno al malcostume dilagante e, senza ricorrere alle ronde, decide di vendere in blocco la contrada.

Nello spoglio degli atti notarili di Nardò cinquecentesca, conservati presso l’ Archivio di Stato di Lecce, tra quelli del notaio Tollemeto del 1581, una notizia colpisce per la sua straordinarietà, tanto da spingermi a proporla per i lettori di questo sito. Al cospetto del notaio Tollemeto compaiono il magnificus Marco Antonio Scimenes, luogotenente di nomina regia in Terra d’ Otranto e di Basilicata, e il dominus Pietro Pieroni, regio secreto e mastro portulano (1) delle stesse province di cui sopra, in rappresentanza della regia Curia. Ai due si aggiungono Matteo Tollemeto, Giovanni Nicola e Giovanni Pietro Dell’ Abate, Lupo Pinto, Giovanni Varvarello “o di tuzza“, tutti di Nardò, per curare gli interessi propri e di Ziano de Mazzara, Vincenzo de Penna, Giacomo di Nicomede e Giovan Nicola Aduscia, anch’essi di Nardò.

Il magnificus Scimenes, trovandosi per far la visita de la portolania di detta città, viene visitato da un tal Ortensio Bocio, procuratore generale dell’università neritina, et dice come dentro la città, in pittagio di Santo Paulo, in loco dove si dice dietro lo Casale (2), ci sono due strettole piccole in cui ve sono molti de malamanera et se commetteno molti delitti, con conseguenti scandali di donne e di altri malfattori, favoriti dal fatto che la zona è disabitata ed in completo stato di abbandono.

Il procuratore perciò prega il regio luogotenente a voler predisporre la bonifica della contrada, conformemente a quanto aveva già richiesto per iscritto l’università neritina il 2 gennaio dello stesso anno.

Accolta la supplica del Bocio e dell’università, e sentite le numerose lagnanze dei cittadini dimoranti nei paraggi della zona malfamata, i regi rappresentanti emanano un decreto che promulga la chiusura delle “supradette vias seu strettule”, procedendo alla vendita delle stesse a privati che ne facciano richiesta. Le vie quindi, continua a scrivere il notaio, vengono “deligentemente mesurate et trovatole che sono di canne vinti et parmi sei” (3) si procede alla vendita all’asta, che prevede in primis che vengano “bandite in la piazza pubblica di detta città da Francesco Margarito, giurato (4) del portulano della città”.

Dopo il bando pubblico vengono quindi accese nel Seggio le candele, determinando queste la durata dell’asta (5), che viene aggiudicata a Matteo Tollemeto, “ultimo licitatore et plus offerente à ragione di carlini dudici per qualsivoglia canna, come appare per la relazione fatta per detto jurato in gli atti di detta causa”, che aveva eseguito il bando nella città con “altera et intelligibile voce in platea pubblica” (6). Gli altri offerenti, oltre l’aggiudicatario, erano stati Giovan Carlo de Nuccio, il magnificus Marciano Sambiasi e Ludovico di Leverano, i quali avevano però offerto tutti una somma inferiore.

L’atto notarile si conclude quindi con l’assegnazione, per avvenuta vendita regolare, al suddetto Matteo Tollemeto ed agli altri comparenti Gio. Cola e Gio. Pietro Dell’ Abate, Lupo Pinto, Giovanni Varvarello, Ziano de Mazzara, Vincenzo de Penna, Giacomo di Nicomede e Gio. Nicola Aduscia.

Note

1) il regno di Napoli, sin dal tempo degli Aragonesi, era diviso in 12 province, tra cui la nostra, Terra d’ Otranto, ognuna retta da un giustiziere o vicerè o governatore, di nomina annuale. Tali governatori per le vicende giuridiche ed economiche si avvalevano della collaborazione di mastrodatti, commissari, percettori, tesorieri e secreti o mastri portulani. Questi ultimi inizialmente avevano funzioni di controllo sui porti, fiumi, mari, poi si interessarono anche di giustizia per materie civili e fiscali. Ogni mastro portulano aveva alle sue dipendenze il portulano della città, come infatti si legge più avanti, che a sua volta sceglieva delle persone di fiducia come collaboratori nella civica amministrazione.

2) ancora oggi esiste una via del centro storico denominata “Casale”, alle spalle della chiesetta di S. Lucia.

3) canna e’ una misura lineare equivalente a 10 palmi, cioe’ m. 2,625.

4) inteso come persona di fiducia.

5) una volta consumate le due candele l’asta al miglior offerente si riteneva conclusa, considerando utili per il vaglio tutte le offerte giunte sino a quel momento.

6) cioè in modo chiaro ed inequivocabile, così da poter essere comprensibile a tutti.

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