Galatina. Gli affreschi del chiostro di S. Caterina d’Alessandria

di Marcello Gaballo

Domenica Specchia
Basilica di S. Caterina d’Alessandria-Galatina. Gli affreschi del chiostro
Galatina (Lecce), Editrice Salentina, 2007

 

128 pagine, album a colori con numerose illustrazioni e foto del chiostro e della basilica, tra le quali si segnalano particolarmente quelle riportate alle pp. 28-29-30-31

Presentazione del sindaco di Galatina Sandra Antonica, introduzione di Zeffirino Rizzelli. Fotografie di Oreste Ferriero, progetto grafico di Rossella Vilei.

 

Una monografia dedicata al chiostro quadrangolare della celebre pontificia basilica minore di S. Caterina d’Alessandria in Galatina, voluta dai del Balzo Orsini e custodita dai francescani osservanti fino al 1494. Come noto, da tale anno la reggenza del complesso cateriniano passò, per volere del re Alfonso II d’Aragona, ai monaci olivetani di Pienza e quindi riaffidata agli stessi minori nel 1507.

Furono questi ultimi, oramai aderenti alla Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia, a commissionare all’attivissimo confratello Giuseppe da Gravina gli affreschi che tuttora decorano le pareti del quadriportico, e di recente restaurati. Egli li ultimò nel 1696, ventisei anni dopo quelli realizzati nel chiostro francescano di Nardò. Nel frattempo aveva lavorato nella città natale, dove, nel 1678, nella chiesa di S. Sebastiano, realizzò una tela e ne affrescò il chiostro. Nel 1685 aveva lavorato invece a Lecce, nel chiostro del convento di S. Maria al Tempio, poi a Francavilla Fontana, dove dipinse la tela di S. Giovanni da Capestrano per la chiesa di S. Maria della Croce.

Come per tutti gli altri interventi pugliesi il soggetto è prevalentemente francescano e l’impostazione si ripete, occupando le lunette poste al di sotto delle volte che formano il quadriportico, estendendosi sotto l’imposta delle voltine di copertura e sull’intera parete.

L’Autrice analizza attentamente i cicli, offrendo una esauriente schedatura dei singoli riquadri con le relative iscrizioni, corredata da una storia del soggetto raffigurato e dall’analisi scenico-pittorica. Inusuale ed utile l’esame degli stemmi nobiliari effigiati, che ricordano i generosi benefattori, come era accaduto anche per il ciclo di Nardò, dove invece non compaiono le raffigurazioni delle Virtù.

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