Per una storia degli ospedali a Nardò

uomo con i rimedi per il colera (stampa ottocentesca)

di Marcello Gaballo

Le origini di un ospedale a Nardò sono davvero remote e la prima attestazione di un ente così definito è fatta risalire dal compianto sacerdote Emilio Mazzarella al 1343 quando: “il canonico cantore della  Cattedrale Matteo (non si conosce il cognome) eresse a sue spese e dotò col suo pingue patrimonio un grande ospedale, dedicato a Sant’Antonio, detto della Misericordia, dentro la città, nel pittagio del Castello”. La cura e l’amministrazione dell’ospedale era stata affidata alle monache di S. Chiara, già presenti in città. Dopo oltre mezzo secolo alcuni cittadini ingerirono nell’amministrazione, riuscendo a togliere alle religiose la gestione dell’organizzazione. Invano esse ed il vescovo si adoperarono per risolvere bonariamente l’accaduto ed allo scopo cercarono di rendere nota la volontà del fondatore espressa in una probabile epigrafe.

Non avendo riottenuto l’affidamento ricorsero al principe di Taranto Raimondo Orsini, governatore di Nardò, il quale, con ordinanza del 10 febbraio 1402, comandò di rimettere le stesse in possesso dell’ospedale, che ressero per circa altri due secoli e mezzo.

Un altro ospedale cittadino era stato eretto quasi contemporaneamente dal nobile Matteo Granafei, con testamento del 12 maggio 1383, rogato dal notaio neritino Vernichono, utilizzando le rendite provenienti dalla vendita del casale di Cellino, di sua proprietà. Fu titolato San Salvatore e la cura venne  affidata al vescovo pro tempore di Nardò.

Nel 1633 le clarisse rinunciarono alla gestione del primo e dopo un ventennio, nel 1653, il vescovo Calanio Della Ciaia (1652-54) unì i due ospedali in uno, sotto il titolo di S. Giuseppe, fissando la sede in quello di S. Antonio, nelle immediate vicinanze della Cattedrale.

Nel 1674 il vescovo Tommaso Brancaccio trasferì l’Ente nell’edifico lasciato dal dott. Megha, dove oggi sorge il Conservatorio, realizzando nell’altra sede il seminario.

Di questo ospedale esiste ampio carteggio nell’archivio diocesano di Nardò, tanto da sapere che nelle camere più grandi furono messi i letti per gli ammalati, nelle più piccole fu sistemata l’assistenza ai bambini abbandonati, o esposti, ed alle loro nutrici.

Aveva esso una rendita annua di circa cento ducati, con cui si provvedeva al vitto, ai medicinali e all’assistenza ai ricoverati, al compenso di dieci ducati annui al medico, di dieci carlini all’amministratore, il cosiddetto priore, ordinariamente  un canonico, nominato dal vescovo.

Nel 1874 il comune di Nardò istituì un ospedale civile con le rendite della locale congrega di Carità, ricavate dall’importante legato dei fratelli Giuseppe Oronzo e Fabrizio Sambiasi e la moglie di costui, con un sussidio annuo da parte del medesimo comune. Fu denominato Ospedale Civile Sambiasi. Doveva servire non solo per la cura degli infermi poveri della città, ma anche per il ricovero di forestieri infermi di passaggio nel comune; svolgeva la sua attività sulla base di uno Statuto organico approvato con R. Decreto 15 maggio 1885, amministrato anche questo con pieni poteri dal Vescovo pro tempore della diocesi di Nardò, traendo i mezzi di sussistenza da un patrimonio di circa 290.000 lire. Era stato elevato ad Ente Morale con R. Assenso di Ferdinando V del 8/8/1783.

Qualche tempo dopo l’ospedale S. Giuseppe spontaneamente si unì a quest’ultimo, dando un contributo annuo, prima di lire duemilacentonovantasei, poi di diecimila, avendo diritto ad un certo numero di letti per i suoi assistiti. Questo diritto qualche tempo dopo fu negato per cui la somma stabilita non fu data. Si generò allora una lotta sorda e continua da parte della congrega di Carità contro gli amministratori dell’ospedale di S. Giuseppe. Essendo stata respinta la proposta di unire i due ospedali, avanzata dalla congrega l’11 gennaio 1915, questa divenne talmente molesta che il vescovo nel 1929 li costrinse a versare  alla stessa lire diecimila per cinque anni, col diritto di ridurre a seconda delle circostanze la somma, poi ridotta a lire cinquemila per un quinquennio.

Nel 1935 la congrega di Carità, allo scopo di sopprimere l’autonomia del pio istituto S. Giuseppe per impadronirsi delle rendite, promosse un provvedimento del Consiglio di Stato, contro cui il pio istituto fece ricorso, ma invano.

Il 17 dicembre 1936 il Ministero dell’Interno emanò il regio decreto N. 2359, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 5  febbraio 1937, N. 29, col quale l’opera pia ospedale S. Giuseppe e l’ospedale civile Sambiasi di Nardò venivano fusi in un unico Ente, denominato Ospedale Civile San Giuseppe – Sambiasi  sotto l’amministrazione della congrega di Carità. Anche contro quel decreto il vescovo Nicola Colangelo invano fece ricorso mediante l’avv. Donato Antonio Tommasi ed il comm. Giuseppe Mininni.  Alla congrega di Carità subentrò nella gestione l’Ente Comunale di Assistenza (ECA),  sino al 1941.

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