Il delfino e la mezzaluna (quinta ed ultima parte)

di Armando Polito

Se di numismatica non sono un esperto, di araldica, poi, sono totalmente digiuno, ma, avendo all’inizio lanciato un sasso contro i titoli nobiliari, non intendo certo nascondere la mano ma passarla, com’è doveroso, a chi sull’argomento ne sa e vorrà integrare la trattazione parlando dei numerosi stemmi familiari in cui il delfino è componente essenziale (ma in araldica, so solo questo, anche il più piccolo dei componenti secondari ha il suo significato e, dunque, la sua importanza).

Tornando al nostro simbolo si dirà: accontentiamoci pure, nell’attesa,  di quanto fino ad ora si è detto del delfino; ma la mezzaluna che tiene in bocca? Qui per fortuna la risposta non è complicata: si tratta di un elemento aggiunto dopo la cacciata dei Turchi (popolazione di cui la mezzaluna costituisce uno dei simboli)  ad opera di Alfonso d’Aragona, duca di Calabria e figlio di Ferdinando I di Aragona, re di Napoli, nel 1481. Elemento aggiunto, si diceva, sulla cui storia pregressa voglio spendere qualche parola lasciando parlare, come al solito, le fonti.

Preliminarmente, però, va detto che lo stesso termine mezzaluna è improprio, anche se si è imposto. Infatti si tratta di un quarto di luna, nel nostro caso crescente. Crescente, da solo, è voce astronomica e definisce l’aspetto falcato che la Luna (crescente lunare) e i pianeti Mercurio e Venere assumono nei giorni che precedono o seguono quello in cui si trovano in congiunzione con la Terra e col Sole (giorno che, per la Luna, è detto novilunio); crescente, sempre da solo, in araldica (chiedo scusa ai competenti ma la mia intrusione si limita a questa precisazione) è il nome generico della mezzaluna ed è accompagnato da vari attributi ad indicare la sua posizione nello scudo: montante (quando ha le corna volte verso l’alto; volto, quando ha le corna che guardano il fianco destro dello scudo; rivoltato, quando le corna guardano il fianco sinistro; rovesciato, quando sono volte verso la punta dello scudo; volto in banda o in sbarra, quando guardano l’angolo superiore destro o sinistro; in cuore, quando tre crescenti sono addossati nel centro; irregolari quando tre o più sono accostati in posizione diversa; frontato o addossato, quando due crescenti si mostrano le corna o il dorso; figurato (raro) quando mostra occhi, bocca e naso umani.

Per evitare l’equivoco di crescente basta il vecchio detto: gobba a levante luna calante, gobba a ponente luna crescente.

E passiamo a qualcosa di molto più antico.

Stefano Bizantino, un grammatico vissuto probabilmente nel V secolo d. C., nella sua opera Ethnikà (traduco dal testo originale curato da Augusto Meineke  Stephani Byzantii ethnicorum quae supersunt, Greimer, Berlino, 1849, pagg. 178-179; pure il testo in parentesi quadre e non in corsivo è mio) così scrive: Il porto di Bisanzio si chiama anche Bosporio [in greco Bospòrion27); gli abitanti lo chiamano cambiando una lettera (in greco paragrammatìzontes) Fosforio28 (in greco Fosfòrion), da quando gli scrittori di cose patrie hanno tramandato un altro racconto mitico di Bisanzio, secondo il quale mentre [siamo nel 340 a. C.] Filippo il Macedone assediava Bisanzio e aveva già fatto scavare nel corso dell’assedio un passaggio nascosto [in pratica, una galleria], quando gli scavatori cominciavano a rientrare dal loro lavoro in gran segreto, Ecate29 diventando luminosa fece come se di notte si fossero accese torce per i cittadini che così dopo aver messo in fuga gli assedianti chiamarono il luogo Fosforio.

La testimonianza di Stefano, che, peraltro, fa riferimento a fonti generiche (scrittori di storie patrie), rimane poco più che una leggenda. Tuttavia va detto che Fosfòrion in un’iscrizione (Inscriptiones Graecae, Berlino, 11, 2, 203B 74) del  III secolo a. C. si chiamava il sigillo con l’immagine di Artemide portatrice di torcia nonché, in un’altra (Supplementum Epigraphicum Graecum, Leiden, 4, 446,17) del III-II secolo a. C. e in un papiro del IV secolo d. C. (Griechische Papyrus der Landesbibliothek zu Strassburg, 9, 8) il suo santuario. Fosfòrion è derivato dall’aggettivo fòsforos/on (composto da fos=luce+fero=portare)=che porta luce, che dà luce,  secondo una tecnica di formazione collaudata, la stessa, per esempio, che ha portato alla formazione di Pallàdion (statuetta di Pallade, ma anche sede del tribunale dei giudici di appello, gli efeti, ad Atene) dal tema Pallàd– di Pallàs/Pallàdos=Pallade); artemìdion (dittamo) dal tema Artèmid– di Àrtemis/Artèmidos=Artemide), etc. etc. La leggenda, perciò, potrebbe, come spesso succede, contenere riferimenti involontari (per motivi cronologici) ad un culto successivo che potrebbe aver lasciato traccia in alcune monete di Bisanzio (in basso un esemplare)…

tetradracma di Antioco VIII (115-113 a. c.).  Nel retto: testa con diadema;  nel verso: Giove con crescente sulla testa e stella a 8 punte in mano; legenda: BASILEOS ANTIOCHOY EPIPHANOYS (Dell’illustre re Antioco).

…e di Roma:

1)

denario di Gneo Cornelio Sisena (118-117 a. C. circa). Nel retto testa di Roma con elmo attico alato; legenda SISENA, ROMA e X (simbolo dei 10 assi).  Nel verso Giove su quadriga verso destra tiene con la sinistra lo scettro e le redini e con la destra si accinge a scagliare il fulmine; quasi ai due estremi  in alto una stella e ancora più im alto al centro la testa radiata del Sole e un crescente lunare; in basso il gigante anguipede con il fulmine nella mano destra e con la sinistra alzata; legenda: CN CORNEL L F (le lettere NE sono in monogramma). Qui Gneo Cornelio celebra le vittorie orientali del suo antenato L. Cornelio Scipione contro Antioco re di Siria.

2)

denario di Manlio Aquilio (109-108 a. C.). Nel retto il Sole raggiante e legenda X (vedi moneta precedente). Nel rovescio Luna sulla biga verso destra; in alto un crescente e tre stelle, in basso una stella; legenda: MN (in monogramma),  AQU(ILIUS) e ROM(A).

3)

denario di Aulo Postumio Albinus (96 a. C.). Nel retto testa laureata di Apollo, a sinistra una stella; legenda R e X (vedi moneta precedente). Nel verso i Dioscuri abbeverano i cavalli; in alro un crescente e due stelle; legenda: A ALBINU (S) (AL in monogramma).

4)

denario di Lucio Titurio Sabino (89 a. C.). Nel retto testa di Tito Tazio; legenda SABIN  A PV. Nel verso  il supplizio di Tarpea.  È evidente come Titurio intende collegare la sua origine sabina con il più famoso rappresentante di quella popolazione.

5)

denario di Lucrezio Trio (76 a. C.). Nel retto testa di Giove con corona radiata. Nel verso crescente fra sette stelle; legenda TRIO L LUCRETI.

6)

aureo di Publio Clodio (42 a. C.). Nel retto testa radiata del Sole, dietro la faretra. Nel verso: crescente fra cinque stelle. Legenda: P CLODIVS  M F.

A qualche lettore più fantasioso le due ultime monete (in particolare la seconda) avranno fatto ricordare qualcosa venuto di recente alla ribalta della cronaca politica: il Movimento cinque stelle; ma anche, probabilmente,  il simbolo che campeggia nelle bandiere di molti stati islamici, tra cui la Turchia.

Non è un caso che io abbia citato questo stato e riprodotto la sua bandiera, perché furono proprio i Turchi ad adottare questo simbolo (usuale nel mondo bizantino e, come dalla numismatica si è visto mostrare, non estraneo nemmeno al mondo romano in seguito a contatti di natura, forse e tanto per cambiare, prevalentemente militare) nel 1453, quando completarono la loro espansione in quel mondo con la conquista di Costantinopoli, l’antica Bisanzio.

Potrei chiudere, come spesso amo fare, in modo leggero e un po’ dissacratore dicendo che qualche fanatico islamico odierà forse il nostro utilizzo del suo simbolo e che nemmeno noi occidentali abbiamo la coscienza pulita quando oggi, per non parlare di un passato remoto e recente, mascheriamo, col pretesto  di esportare la democrazia ed il connesso (solo teoricamente, purtroppo…) rispetto dei diritti umani, altri appetiti molto, molto meno nobili, comunque ignobili almeno quanto quelli che spinsero alcuni secoli fa i predatori di quel mondo sulle coste del nostro; sicché oggi quel simbolo antico potrebbe tranquillamente essere utilizzato per simboleggiare una realtà storica opposta in cui la difesa è stata soppiantata, con cavillose e nostre… giustificazioni, dall’offesa.

Susciterò magari un vespaio di rabbiose osservazioni (forse, ancora una volta mi illudo e, invece, morirò senza aver risolto questo dubbio: pochi mi contraddicono perché non sanno che dire, oppure, più verosimilmente, perché con me e con le mie posizioni non vale perdere neppure un attimo?) ma il sigillo di questo scritto è amaro: meglio un fanatico islamico conoscitore della storia che un occidentale ignorante e schiavo del ventre, convinto che la mezzaluna che ha in bocca il delfino sia l’attrezzo da cucina…

Alla neonata fondazione il compito nobilmente ambizioso di ridimensionare, almeno, questo desolante quadro e di essere una piccola, grande tessera di quel mosaico sempre in fieri e che, come ho detto all’inizio, al di là di sensazioni epidermiche transitorie, è alla base dell’amore nelle sue molteplici forme: la conoscenza.

______

27 Forma sostantivata dell’aggettivo Bospòrios/Bospòrion=del Bosforo, che è da Bòsporos=Bosforo.

28 Il verbo paragrammatìzo in greco significa cambiare lettera per scherzo o per emendamento. Non c’è ombra di dubbio che qui non si tratta del primo  caso (con gli dei era meglio non scherzare…) ma piuttosto di una fattispecie del secondo, perfettamente inquadrabile nel fenomeno della paretimologia o etimologia popolare.

29 Divinità psicopompa (guida delle anime dei defunti verso il regno dei morti), veniva anche associata in alcuni casi ai cicli lunari, insieme con altre divinità come Diana/Artemide, e Selene/Luna. Superfluo far notare come nel simbolo dell’Islam la luna appare in fase crescente e se il lettore avrà la pazienza di andare alla serie di immagini che aprono la prima parte potrà constatare come questo dettaglio appaia fedelmente conservato nell’obelisco e come invece negli altri, a partire da quello della provincia e dal militare che sono coevi, la rotazione subita dal delfino ha finito per far apparire la luna come calante.

PER LE PARTI PRECEDENTI:

https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/05/11/il-delfino-e-la-mezzaluna-prima-parte/

https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/05/12/il-delfino-e-la-mezzaluna-seconda-parte/

https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/05/14/il-delfino-e-la-mezzaluna-terza-parte/

https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/05/18/il-delfino-e-la-mezzaluna-quarta-parte/

Vedi pure: http://www.fondazioneterradotranto.it/tag/sigismondo-castromediano/

 

Condividi su...

Lascia un commento

La Fondazione Terra d'Otranto, senza fini di lucro, si è costituita il 4 aprile 2011, ottenendo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Puglia - con relativa iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche, al n° 330 - in data 15 marzo 2012 ai sensi dell'art. 4 del DPR 10 febbraio 2000, n° 361.

C.F. 91024610759
Conto corrente postale 1003008339
IBAN: IT30G0760116000001003008339

Webdesigner: Andrea Greco

www.fondazioneterradotranto.it è un sito web con aggiornamenti periodici, non a scopo di lucro, non rientrante nella categoria di Prodotto Editoriale secondo la Legge n.62 del 7 marzo 2001. Tutti i contenuti appartengono ai relativi proprietari. Qualora voleste richiedere la rimozione di un contenuto a voi appartenente siete pregati di contattarci: fondazionetdo@gmail.com.

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi:
Gestione contatti e invio di messaggi
MailChimp
Dati Personali: cognome, email e nome
Interazione con social network e piattaforme esterne
Pulsante Mi Piace e widget sociali di Facebook
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Servizi di piattaforma e hosting
WordPress.com
Dati Personali: varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio
Statistica
Wordpress Stat
Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
Informazioni di contatto
Titolare del Trattamento dei Dati
Marcello Gaballo
Indirizzo email del Titolare: marcellogaballo@gmail.com

error: Contenuto protetto!