La mandria è sfiancata…

di Gianni Ferraris

Nella notte fra il 22  il 23 maggio i R.O.S. dei Carabinieri hanno tratto in arresto 16 persone in varie regioni d’Italia. In Salento hanno agito a Nardò e Carmiano con una possente operazione. Oltre gli arrestati rimangono 6 latitanti. Nella mattina del 23 il Procuratore della Repubblica Cataldo Motta e alti ufficiali dei Carabinieri hanno indetto una conferenza stampa.

da irislavoro.it

“La mandria è sfiancata, mandatene altri” così un’intercettazione fra un datore di lavoro e i reclutatori. Il viaggio dei ragazzi africani deportati iniziava così, la civile Italia aveva bisogno di mandrie fresche da sfruttare, a Pachino come a Nardò per raccogliere angurie o pomodori o agrumi. La mandria serviva a sfiancare anche i mercati, a battere la concorrenza in ogni modo, non solo illecito, ma ignobile.

Nella conferenza stampa il Procuratore Cataldo Motta delinea scenari inquietanti per l’Italia del 2012. “Quando mi laureai studiai sommariamente il reato di riduzione in schiavitù” dice “pensavo appartenesse al passato remoto”.  Ha però dovuto imparare anche, il Procuratore, che non sempre il vero è verosimile: “Tratta di Persone” “Riduzione e mantenimento in schiavitù e servitù” “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” “Favoreggiamento di cittadini stranieri in condizioni di clandestinità” sono fra i reati contestati. Se confermati, siamo di fronte a reati ignobili, incivili, mutuati dallo stile delle mafie e delle baronie più retrive.

La Puglia, Nardò in particolare, è capo zona con Pachino di questo infame traffico di esseri umani, fra gli arrestati spiccano nomi eccellenti: Pano, Mandolfo, Filieri, Corvo, Latino e  loro complici di nazionalità africana ma residenti a Nardò. Uno solo, Petrelli, è di Carmiano. L’operazione dei ROS ha coinvolto Puglia, Calabria, Sicilia e Campania.

I produttori di angurie neritini sono gli stessi che l’anno scorso, scandalizzati per non essere riusciti a vendere i loro prodotti, tentarono di lucrare fondi statali chiedendo lo stato di calamità. Volevano soldi degli italiani tutti da aggiungere al maltolto dei loro schiavi.

Il sistema era rodato e consolidato, una vera e propria piramide con  una base fatta di lavoratori schiavi, al piano superiore ci sono i capi squadra – autisti, ancora sopra i caporali e capo cellula, poi il datore di lavoro al quale rispondono i reclutatori.

Deportavano i lavoratori africani prospettando loro un lavoro e lauti guadagni, li portavano a Nardò e a Pachino, li facevano lavorare 12 ore giornaliere  a fronte di salari da fame, 300, 400 euro mensili con i quali dovevano pagarsi anche i panini a prezzi raddoppiati. A dormire li mettevano in masserie senza servizi, senza acqua corrente e se si ribellavano erano ricattabili, tutti clandestini senza documenti. Finita la raccolta delle angurie li trasportavano in Sicilia per i pomodori, senza soluzione di continuità, finchè erano stremati, sfiniti e serviva merce fresca.

Mentre il Procuratore parlava fra i giornalisti serpeggiava incredulità e sconcerto. Da anni i sindacati e le associazioni umanitarie denunciano cose che non vanno, nessuno però aveva forse sentore del problema nel suo insieme.

Qualche immigrato faceva richieste di dignità minima, in un’intercettazione si legge la risposta di uno dei “datori di lavoro” : “Dì alla squadra che ha rotto i coglioni, domani li lascio a casa”… “E mò… e mò… e mò rovino loro! Mò rovino loro e lascio tutti a casa. Mò… mò li lascio a casa e li rovino veramente, io”… “quelli te li sfianco fino a questa sera…” poi passavano gli ordini e i caposquadra alla sera commentavano, sempre intercettati “Soli sono stati! Morti di sonno, di fame e de sete… quelli volevano pure bere e non c’era nessuno che gli dava l’acqua…”

E mi fermo qui, lo scempio è del tutto evidente. Se confermati i capi di imputazione siamo di fronte ad una cupola mafiosa vera e propria, che non esita ad utilizzare gli insegnamenti della peggior baronia e delle cosche.

Anche se un certo tipo di globalizzazione degli affari e non dei diritti probabilmente osserva e tace. Alcuni industriali nostrani producono in Cina o in India per non pagare la mano d’opera, questi, più banalmente, importano illegalmente persone (mandrie) da sfruttare, pagare inezie, far vivere in modo indegno per degli esseri umani, senza servizi, senza acqua corrente, poi li deportano dalla Sicilia alla Puglia al nord Italia a costruire case o raccogliere frutti.

Questo succede quando la fobia di risparmiare ad ogni costo taglia personale agli organi che debbono controllare, agli ispettori del lavoro per esempio. Sui tagli lineari anche sul pubblico impiego si dovrebbe imporre un momento di riflessione a chi governa.

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