Ecco il Boemondo, uve di Primitivo coltivate nelle terre calde prospicienti l’Adriatico

di Pino de Luca

Folle vaganti. Ovunque  urla, schiamazzi, acuti lamenti, minacce tonanti

Cicale Canterine deluse dai sogni colorati svaniti all’aurora del reale. Incuranti del domani gaudenti al sole dell’illusione, paffute dai sorrisi ironici e commiseranti verso chi , mesto, indicava strade più scoscese ma a misura del domani, sentono vicina la muta ….

Parole, parole, parole, tante parole a riempire il vuoto delle idee. Il verbo dare reso ausiliare ma solo alla seconda persona singolare e plurale. Il verbo avere reso unico alla prima persona singolare.

Per la storica colpa, le terze persone van sempre bene sempre. Dialoghi inutili fra inutili brillano sui pixel dei quadri animati che abitano, spesso soli, stanze d’ogni casa.

Andare avanti, evitando le strade moderne dense d’auto che portano i loro passeggeri non si sa dove a fare non si sa cosa. Attraversare paesi, tutti, da San Donaci a Scorrano, da una Cantina Sociale, luogo simbolo di produttori piccoli e piccolissimi affrancati dalla speculazione dei sensali e dai patti agrari medievali dai nomi strampalati, ad una azienda di casato Aristocratico vero, di antico blasone e dimensione ragguardevole. Viaggio lento, respirare Salento. Ne rimane ancora, ancora bello anche se gli stupri, le violenze di cuori feroci e menti perverse lo hanno orribilmente sfregiato.

Azienda Agricola Duca Guarini, terreni e masserie sparse, per 700 ettari, tra le province di Brindisi e Lecce, dai quali trae essenze d’antica nobiltà.

Tante storie da raccontare in questo luogo magico, antiche e affascinanti, da sottrarre all’oblio e all’orrenda crosta delle urla di chi s’è beato, a volte, sull’altrui dolore.

Ma di vino e musica trattiamo. E vino sia. Ma il più antico e blasonato della casa, che “mi dissetai con i vini più gagliardi/ quelli che bevono gli arditi del piacere.”

Ecco il Boemondo, uve di Primitivo coltivate nelle terre calde prospicienti l’Adriatico, lasciato macerare a lungo per spremere ogni grano di sole catturato dai ceppi e imprigionato negli acini e poi, lentamente, messo a maturare in botti di rovere dove si affina per due anni.

Nel calice ha il colore scuro del durone maturo, sull’unghia rivela un rosso ciliegia che brilla di luce propria. Al naso è elegantissimo come si deve al suo nome, su Boemondo così scrive Anna Comnena nell’Alessiade: “…era uno, per dirla in breve, di cui non s’era visto prima uguale nella terra dei Romani, fosse barbaro o Greco (perché egli, per chi lo vedeva, era una meraviglia, e per reputazione era tremendo) …”

I profumi son dolci di prugna arricchiti da note di cedro e sandalo, regali. E al palato tutto si ritrova, pieno, piacevole, complesso e profondo. Anche al palato mantiene le promesse del naso e aggiunge una nota di calore e di potenza, tanto entusiasmanti per gli amici quanto terribile per chi è avverso.

Il Boemondo è la manifestazione liquida del silenzio profondo, di chi non ama voci sguaiate e pretese di ipocriti questuanti.

La canzone? La voce dell’ineguagliabile Gigi Proietti a declamare “Nu me rompe er ca’ “

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4 Commenti a Ecco il Boemondo, uve di Primitivo coltivate nelle terre calde prospicienti l’Adriatico

  1. Se in genere è difficile restare delusi dai pezzi di Pino, questa volta è impossibile per chiunque! Chapeau!

  2. Pino, il cantore del vino.
    No, non mi sono spiegata bene: se pure Pino De Luca avesse una propensione spiccata per tutto ciò che questo nettare d’uva regala al gusto e all’olfatto, pochi sarebbero capaci di presentarne una specifica varietà in prosa poetica. Fantastico. Il Boemondo diventa un eroe romantico di squarci di storia, d’immagini calde d’estate, di profumi e sapori eleganti e di carattere. L’autore tratteggia un personaggio: scuro quando è tutto d’un pezzo e rosso ciliegia quando si fa apprezzare in privato, goccia su goccia; elegante e sicuro di sè grazie a un buon odore e un forte contenuto, gli stessi capaci di sedurre chiunque gli si avvicini e di ripagare chi è dotato di un palato d’un certo lignaggio, in quanto a papille gustative, ovviamente. Un filosofo liquido, un bel tenebroso dalle idee chiare, insomma!
    Uno così è destinato a vincere.
    Che peccato non poter fare la sua conoscenza: sono pure astemia!

  3. gentile Raffaella, che dire?
    Son felice che fra i tanti che mi chiedono perché io cerchi personaggi sconosciuti (Anna Comnena) e se lo faccio per garantirmi considerazione fra gli eruditi, vi sia qualcuno che accetti le provocazioni. Che non è scritto da nessuna parte che un giornale popolare debba essere rozzo e banale.
    Poi io, che sfoggio il coraggio a pene mani, confesso di avere terrore di un mondo colmo di analfabeti la cui unica memoria è quella che hanno nel cellulare.
    Lasta but non least: Essere astemi è una malattia dalla quale si può certamente guarire …
    un abbraccio
    pino de luca

  4. Conto nel tuo piano terapeutico, Pino, e per ora mi prendo le tue parole e il tuo abbraccio come garanzia di guarigione. La cultura deve essere a doppio binario: sapienza e autocoscienza, ironia e conoscenza. La creatività delle sue forme è sfida aperta all’intelletto, l’originalità dei suoi temi, orgoglio del genere umano. Tranquillo, chè se anche non incarno la musa del buon vino, avrò accanto a me fino alla fine una bottiglia di Boemondo chiusa ma con tappo amovibile per via dei sulfamigi con le sue inebrianti esalazioni. Giuro: snifferò questo ben di Dio di profumi di prugna, note di cedro e sandalo solo di fronte al pericolo del nostro più ostinato nemico, l’imbecille mascherato, o anche la sua versione a viso scoperto e medaglie a vista!

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