La “spinèddha”, ma che c…ardo è?

di Armando Polito

una spinèddha a metà gennaio

tre esemplari di spineddhe a metà febbraio

A differenza delle altre erbe salentine commestibili di cui mi sono precedentemente occupato, questa volta seguirò l’ordine inverso, partendo da una ricetta e raccomandando al lettore, desideroso di provare, di utilizzare la pianta prima che si formi la spina, cioé quando appare come nella prima foto.

Dopo averle mondate come le cicorie (taglio eventuale dell’estremità  basale,  eliminazione delle foglie eventualmente appassite) ed averle lavate accuratamente, si sbollentano. In una padella si mette olio quanto basta, qualche spicchio d’aglio e, se si vuole, del peperoncino. Quando l’aglio è appena rosolato si aggiungono le spineddhe sbollentate e si porta a termine la cottura a fuoco lento.

Soddisfatta, si fa per dire, la pancia, tenterò di fare lo stesso con la testa, anche se il compito sarà estremamente complicato. Comincio, intanto dalle cose semplici dicendo che spinèddha è, come ognun sa, diminutivo di spina. La voce è registrata dal Rohlfs per Leuca nel significato di “arnese munito di molti uncini per ripescare un secchio dal pozzo” (nel dialetto neretino lo stesso attrezzo ha il nome di cruècci) e per S. Cesarea Terme nel Leccese e per S. Pietro Vernotico nel Brindisino nel significato di “specie di cardo dai fiori gialli”. Dato il nome estremamente generico è da supporre che esso designi specie e varietà diverse a seconda della località: infatti, la spinèddha neretina non presenta assolutamente “fiori gialli” ma, in onore totale al suo nome, solo una spina in posizione centrale.

È complicato, almeno per me, identificare la nostra pianta nella sua nomenclatura scientifica e italiana, come eloquentemente denunzia  il titolo che ho dato al post e sicuramente il tentativo che seguirà sembrerà ridicolo a qualche botanico al quale, comunque, resterò grato per qualsiasi tirata d’orecchi dovesse farmi. Sfruttando dilettantescamente il criterio della somiglianza (e quale altro potevo?) sono giunto al risultato che la nostra pianta potrebbe essere una varietà della Centaurea calcitrapa L. della famiglia delle Asteracee, nome comune italiano fiordaliso stellato, la cui immagine riporto da http://www.actaplantarum.org/floraitaliae/viewtopic.php?t=7379

Una varietà sì, ma quale? Mi auguro che qualcuno risponda a questa domanda, magari non … dopo la pubblicità.

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