Torri costiere del Salento meridionale

 

 

Torre Pali (Salve) (ph Nicola Febbraro)

TORRI COSTIERE DEL SALENTO MERIDIONALE. INQUADRAMENTO STORICO

 

di Marco Cavalera e Nicola Febbraro

Il sistema difensivo della Puglia, a partire dalla presa di Otranto del 1480/81, si caratterizzava per una generale insicurezza e precarietà, in quanto le strutture fortificate risalivano, per lo più, alla metà del XV secolo, ossia all’assetto difensivo definito e voluto dagli aragonesi.

Nel 1484, con la ferita che aveva lacerato il Salento pochi anni prima ancora aperta, i Veneziani occuparono la penisola, dopo essere sbarcati presso Mancaversa (Taviano).

Taurisano, tra il 1522 e il 1532, venne ripetutamente saccheggiata, come attestato dal sensibile calo di popolazione registrato nei documenti storici (Cortese 2010).

Nel 1537 i Turchi, guidati dal pirata algerino Khair-ed-Din (detto il Barbarossa),  distrussero Castro, Marittima e, sul versante ionico, Ugento.

Le coste del Salento, anche negli anni successivi, subirono continue incursioni piratesche. Al 1543, in effetti, risale lo sbarco nei pressi della Marina di Morciano di Leuca, con i Turchi che si spinsero nell’entroterra alla volta di Presicce. Nel 1544, invece,  giunsero sulle coste gallipoline e, tre anni dopo, ben quattrocento pirati – condotti da Dragut – sbarcarono nei pressi dell’attuale Torre Pali da dove partirono alla volta di Salve (che non riuscirono ad espugnare) e dei paesi limitrofi. Le loro scorribande si fermarono a Gagliano del Capo dove molti cittadini radunati in chiesa furono uccisi, mentre altri vennero deportati come schiavi (Cazzato 1989).

Torre Uluzzo (Nardò) (ph Nicola Febbraro)

 

Il reggente Ferrante Loffredo, per contrastare l’incombente minaccia turca, propose di istituire un esercito di cavalieri a difesa del territorio dagli insulti delle armate barbaresche.

Ma i Turchi erano tutt’altro che un’orda di barbari; un documento del 1686, in effetti, ne attesta la scaltrezza. Questi pirati, a volte, dopo aver nascosto le loro navi, raggiungevano i casali dell’entroterra vestiti alla francese, parlando la lingua italiana e presentandosi come pellegrini bisognosi. Approfittavano così dell’ingenuità della popolazione locale per essere accolti all’interno delle possenti fortificazioni ed effettuare razzie (Cortese 2010).

Di questa situazione era consapevole anche il Vicerè don Pietro di Toledo, che nel 1532-33 ordinò ai suoi sudditi di costruire qualche torre costiera. Fra le prime vi fu certamente quella a sud di Otranto e, forse, la torre del porto di Novaglie, la cui esistenza è documentata prima del 1565 (Cazzato 1989).

La presenza di queste strutture di avvistamento sembra essere attestata – sporadicamente – anche prima della metà del XVI secolo, in età sveva ed angioina. Si tratta di torri erette da privati o da università, che furono incamerate dallo Stato in cambio del rimborso delle spese di costruzione.

Il susseguirsi di attacchi dei Turchi sulle coste del Regno indusse il re Carlo V ad ordinare al Vicerè don Parafan de Ribera di cingere la penisola salentina – tra il 1563 e il 1569 – di torri costiere. Questo impegnativo programma di difesa delle coste sarebbe gravato sulle casse dei casali dell’entroterra, ad eccezione delle terre lontane più di 12 miglia dalla marina (Cazzato 1989). Alle università inadempienti, nei tempi stabiliti, dei commissari regi provvedevano al sequestro di taluni beni, che poi vendevano all’asta.

Le torri avevano il ruolo di trasmettere dei segnali di pericolo e di allarme ai centri abitati dell’entroterra per mezzo del sistema delle masserie fortificate, che avrebbero poi dovuto da sé provvedere alla difesa del territorio. In un documento di fine XVII secolo, infatti, si esortavano gli amministratori comunali a munirsi di munizioni e di armi (Cortese 2010).

A presidiare le torri vi era un capo torriero (caporale) e tre guardiani dipendenti, la cui paga era, rispettivamente, di 4 e 3 ducati. Queste erano le armi da fuoco in dotazione: smeriglie (cannoni a palle), archibugi e alabarde.

La tecnica costruttiva della torre era analoga a quella utilizzata per le strutture trulliformi in pietra a secco. Le torri più antiche, quelle risalenti alla metà circa del ‘500, erano realizzate con pietre informi e si caratterizzano per una base troncoconica, che conteneva una cisterna per la raccolta delle acque piovane, coronata da un cordolo su cui si innestava la sovrastante parte cilindrica, costituita da un unico vano; in seguito vennero realizzate torri a planimetria quadrangolare.

Le strutture difensive cominciarono ad essere disarmate nella prima metà del XIX secolo, con la fine delle incursioni saracene nel territorio salentino.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

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Cazzato M., Guida di Ugento. Storia e arte di una città millenaria, Martina Franca, 2005, pp. 133-134.

Ciardo M., La storia di Gagliano del Capo. Il Cinquecento, pp. 42-51.

Cortese S., Nei borghi dei Tolomei. Formazione e caratteristiche dei centri antichi di Racale, Alliste e Felline, Parabita, 2010, pp. 15-17.

Corvaglia F., Ugento e il suo territorio, Ugento, 1987, pp. 125-127.

Cosi G., Torri marittime di Terra d’Otranto, Galatina, 1989.

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Ferrara C., Le torri costiere della penisola salentina. Sentinelle di pietra a difesa del territorio, Tricase, 2009.

Fersini F., Gagliano del Capo. Percorso storico attraverso i secoli, Tricase, 2010, pp. 72-78.

Margiotta R., Tiggiano. Il paese, la Chiesa, il Santo, Tricase, 1995, pp. 39-43.

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