16 ottobre 1911-16 ottobre 2011. Cento anni di storia delle Ferrovie nel Capo di Leuca

Ferrovie nel Salento di Dario Carbone

di Marco Cavalera

Il 16 ottobre 1911 fu inaugurata, con una solenne cerimonia, la stazione di Gagliano del Capo, da dove partì, esattamente alle ore 05:07 del mattino, il primo treno in direzione Maglie, tra l’euforia della popolazione locale che da anni attendeva con ansia la realizzazione di tale opera.

La linea Maglie – Leuca fu fortemente voluta dalle personalità politiche di spicco del Basso Salento dei primi anni del Novecento, tra cui il barone Filippo Bacile, gli onorevoli Ruggieri, Codacci Pisanelli, Giuseppe Romano (fratello di Liborio Romano) e Domenico Daniele. Lungo la tratta Maglie – Leuca erano dislocate le seguenti stazioni ferroviarie: Tiggiano, Alessano, Tricase, Miggiano, Castiglione, Spongano, Poggiardo, Sanarica e Muro Leccese. Le stazioni furono intonacate di color rosso pompeiano, realizzate su due piani e dotate di servizio igienico, cisterna, piano caricatore e rimessa, ponte e binari di stazionamento[1].

Al momento della progettazione della linea ferroviaria si sono registrati diversi episodi di accentuato “campanilismo” tra i paesi, desiderosi chi più chi meno di vedere il proprio territorio servito dalla ferrovia. Emblematico è quanto ci riporta Santo Marzano, a proposito della vicende storiche che hanno preceduto la costruzione della stazione di Miggiano, Specchia, Montesano, la cui ubicazione poneva il primo centro in una posizione strategica, mentre isolava fortemente Specchia e Montesano. Il comune di Specchia aveva chiesto alla Direzione Centrale delle ferrovie di denominare la nuova stazione Specchia/Miggiano/Montesano e in più di costruire una strada che collegasse direttamente il paese Specchia alla stazione[2], per evitare il passaggio degli abitanti di Specchia dal paese di Miggiano. La situazione degenerò e si verificarono dei disordini (mazzate) tra gli abitanti dei tre paesi coinvolti, tanto violenti da essere riportati ancora oggi dalla tradizione orale. I miggianesi rivendicavano la priorità nella denominazione della stazione in quanto ricadente nel proprio territorio comunale e si opponevano alla realizzazione della strada di collegamento diretto con Specchia, perché troppo costosa e pressoché inutile: il percorso, infatti, sarebbe stato abbreviato solo di poche centinaia di metri. La disputa terminò a favore dei miggianesi, sia per quanto riguarda il nome della stazione che per la realizzazione dell’arteria viaria, che fu costruita dopo la prima Guerra mondiale[3].

Disordini del genere avvennero anche nell’estremo Capo Iapigio, per la denominazione della stazione di Gagliano. Dal Corriere Meridionale del 19 ottobre 1911 (n. 38, anno XXII) si apprende di alcuni episodi di cronaca avvenuti subito prima l’inaugurazione da parte di alcuni facinorosi contrari all’intitolazione stabilita della stazione di Gagliano: di fatti richiedevano tumultuosamente che di seguito alla denominazione Gagliano – Leuca fosse apposto il nome Arigliano[4].

Ferrovie nel Salento di Giacomo Sergi

La cronaca della prima corsa della vaporiera sul tragitto Gagliano – Maglie è stata raccontata da un cronista del Corriere Meridionale e pubblicata sulle colonne dello stesso giornale tre giorni dopo, il 19 ottobre 1911: Pareva un sogno e sarà una realtà tra breve, fra pochi minuti! La frizzante brezza dell’alba è stata coraggiosamente affrontata da non pochi curiosi, che non sedusse il soave calduccio mattutino pur di provare l’emoziuone di vedere e il compiacimento di poter dire di aver assistito alla partenza del primo treno dal Capo di Leuca. […] Ma eccola che già piano piano si avanza, fischiando gioiosa in questa limpida e calma mattinata bene augurante! Si ferma dolcemente innanzi alla stazione, respirando rumorosamente a larghi intervalli. Un vocìo confuso, un farsi innanzi per meglio vedere, per ammirare, per toccare: uno scambio di saluti augurali fra chi parte e chi resta. Sono 5, 10, i primissimi che oggi partono. Un fischio potente, lungamente ondulato: si muove di nuovo dapprima pian piano, sbuffando impaziente, e poi maestosa accelerando, mentre una nuvola di denso fumo azzurrognolo s’innalza a pennacchio ondeggiante nel cielo limpido e sereno! Dagli sportelli e dal piazzale sventolano i fazzoletti, mentre ad una vecchietta a me daccanto gli occhi si gonfiano di lagrime! Sono le 05.07 precise[5].

Giovanni Cosi riporta che, dopo alcuni giorni dell’entrata in funzione del servizio ferroviario (avvenuto, come detto, il 16 ottobre 1911), l’autorità centrale delle ferrovie decise di modificare l’orario dei treni, creando non pochi disagi ai viaggiatori diretti nel Capo di Leuca, costretti ad attendere alla stazione di Tricase ben sei ore per poter prendere la coincidenza per Alessano, Tiggiano e Gagliano. Il 5 novembre del 1911 circa 2000 alessanesi e oltre 200 gaglianesi bloccarono i treni nella tratta Gagliano – Tricase, costringendo quindi i vertici della Società delle Ferrovie Salentine a ripristinare l’orario del primo giorno[6].

BIBLIOGRAFIA:

G. Cosi, Arigliano. Ricordi di un paese, Gagliano del Capo 2010, pp. 63-64.

A. Ferraro, Giuliano, Documenti e realtà storica, Castrignano del Capo 2005, pp. 285-286.

S. Marzano, Piccole realtà del Sud – Salento. 1860 – 1915, Lucugnano 2004, pp. 71-75.

A. Massaro, Le ferrovie del Capo di Leuca, pubblicato in Controcanto, Rivista culturale del Salento, Anno VII, numero 3, settembre 2011, pp. 10-13.


[1] A. Massaro, Le ferrovie del Capo di Leuca, pubblicato in Controcanto, Rivista culturale del Salento, Anno VII, numero 3, settembre 2011, pp. 10-13.

[2] S. Marzano, Piccole realtà del Sud – Salento. 1860 – 1915, Lucugnano 2004, p. 74.

[3] S. Marzano, Piccole realtà del Sud – Salento. 1860 – 1915, Lucugnano 2004, pp. 71-75.

[4] A. Ferraro, Giuliano, Documenti e realtà storica, Castrignano del Capo 2005, p. 286 (nota 2).

[5] A. Ferraro, Giuliano, Documenti e realtà storica, Castrignano del Capo 2005, p. 285.

[6] G. Cosi, Arigliano. Ricordi di un paese, Gagliano del Capo 2010, pp. 63-64.

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6 Commenti a 16 ottobre 1911-16 ottobre 2011. Cento anni di storia delle Ferrovie nel Capo di Leuca

  1. Molto interessante. La costruzione della linea ferrata deve essere stata occasione di diversi conflitti campanilistici anche in queste zone del Salento. Forse proprio questo spiega una storiella che mio nonno amava raccontarmi, storia in cui deve essersi sedimentato nella forma leggendaria e canzonatoria il campanilismo che contrappose gli abitanti di Copertino ai vicini di Leverano, paese non attraversato dalla linea a differenza del primo. Secondo la storiella un gerarca chiese ai leveranesi se volessero la stazione anche nel loro comune e questi risposero in coro “ai, ai, ai!”. “Ai”, nel dialetto di Leverano – fatto insolito che magari Armando Polito ci saprà spiegare – significa “si”, “affermativo!”. Il gerarca però scambiò la particolare espressione per lamenti, pertanto, concludeva mio nonno, se ne andò pensando “quisti si sta lamentanu già, è megghiu cu lla facimu a Cupirtinu la stazione!”. :)

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  2. Armando mi consentirai di trasgredire, ancora una volta, i tuoi desideri, che vietano di esternare complimenti. Non posso farne a meno, dopo aver letto la dotta disquisizione sull’ “ai” leveranese nei link segnalati. Non avrei mai immaginato tanto in una apparentemente banale affermazione

  3. Non avevo dubbi che la cosa avesse incuriosito il nostro Armando! ;) Aggiungerei però il comune di Veglie a Campi, Salice e Leverano, così almeno sulla base della mia esperienza personale. Siamo in ogni caso in una zona determinata e circoscritta del Salento (sono comuni limitrofi del Nord-Ovest salentino), chissà perchè! Copertino dista meno di 4 km da Leverano (dove è comunissimo l’uso di “ai”), eppure non si usa. Anzi, come ricorda la storiella di sopra, ai copertinesi sembra talmente curioso e anomalo che ne fanno occasione caratterizzante di dileggio campanilistico nei confronti dei vicini! I leveranesi ricambiano con “macu”, termine che in copertinese (unicamente, che io sappia) è comunemente usato (e abusato) col significato di “fesso”, “stupido”, “tonto”.

  4. Ha ragione Pier Paolo: anche Veglie è accomunato nell’”ai” leveranese. Così come è vera la simpatica burla che, a proposito, i copertinesi spesso indirizzano ai vicinissimi abitanti di Leverano.

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