Quando provare ad eliminare significa recuperare, ovvero il capitone e il compositore…

di Armando Polito

Chi, soprattutto tra persone della mia età avvezze da tempo all’uso del pc, non decide ogni tanto di fare un po’ di pulizia eliminando files obsoleti, programmi superati o mai usati e simili? La cosa è piuttosto frequente quando il materiale da eliminare si trova su un hard disk (anche perché, al di là dei tera di cui si dispone e dei dispositivi interni o portatili, arriva sempre il momento in cui lo spazio per memorizzare altro è insufficiente) ma quando esso è stato depositato a suo tempo  su un supporto non riscrivibile l’operazione viene sempre rimandata perché è fastidiosa (bisogna controllare il contenuto, il che richiede tempo e la richiesta diventa intollerabile quando del contenuto del supporto vale la pena salvare qualcosa), senza trascurare quelle motivazioni psicologiche (probabilmente distorte, forse un po’  meno di quelle di coloro che buttano via il cibo fresco o un paio di scarpe quasi nuovo… ) che spingono qualcuno come me in un eccesso di affettività a non sbarazzarsi di ciò che per gli altri (inclusa mia moglie…) è solo cianfrusaglia.

Recentemente son rimasto senza pc per una settimana e, siccome credo che anche un nano  (con tutto il rispetto) non sarebbe in grado di usare la tastiera del palmare di mia moglie senza premere almeno tre tasti contemporaneamente, ho rinunziato perfino a controllare con quello strumentino (tiè!…) la casella email. Per non annoiarmi ho deciso di fare un po’ di pulizia nella stanza in cui lavoro (anzi, gioco, sempre secondo mia moglie…) e solo nel riordinare (lungi da me l’idea di buttare qualcosa, anche perché bisogna prima controllare, ma senza pc come si fa?…) le pile di cd e dvd mi sono imbattutto in un cd con la dicitura (per mia sfortuna essa non compare in tutti) backup novembre 1999. Mi ha assalito un attacco di autovoyeurismo che ho potuto soddisfare solo l’altro ieri, al rientro del pc. Vi ho trovato, tra altre cose da buttar via, due che mi sono precipitato a memorizzare su un nuovo dvd (lascio alle mie figlie l’incarico di controllarlo prima di buttarlo…e la perversione continua ). Si tratta di un fotogramma tratto da una vecchia pellicola in super 8 in cui si vede mio cognato Giuseppe accanto a sua sorella (mia moglie Annarita) a sua madre (Concettina)  e al cognato Luciano che esibisce un capitone di notevoli dimensioni; io non compaio perché ero in quel momento l’operatore.  Quel fotogramma era destinato ad attestare la veridicità di quanto asserivo nel post Li  cicèri del 6 settembre u. s. ma, dopo averlo cercato inutilmente per più giorni, avevo rinunziato ad inserirlo. Lo faccio ora.

L’altro documento ritrovato è enormemente più importante, e non solo perché risale al 1575 e riguarda un compositore di Nardò.

Si tratta della copia digitale di una copia fotostatica, consultabile al CRSEC di Nardò, di un libro custodito nella Biblioteca Estense di Modena. Eccone il frontespizio.

Siamo in presenza di un’opera seriale, dal momento che ho notizia di un terzo1 libro del Serafico stampato nel 1581 sempre a Venezia ma, questa volta,  da Girolamo Scoto erede e custodito a Bologna  nel Museo Internazionale e Biblioteca della Musica. Va detto che pubblicazioni di tal genere fiorirono nella seconda metà del XVI° secolo e che il nostro autore probabilmente è un pigmeo (almeno rispetto alla quantità, sulla qualità, totalmente digiuno di cultura musicale, non ho l’incoscienza di dire la mia) rispetto a giganti come Giovanni Andrea Dragoni2 e, soprattutto, Filippo di Monte3.

Ma chi era Fra’ Benedetto Serafico? Mi ero posto questa domanda la prima volta che incontrai il testo in questione, ma riservai la risposta a tempi migliori; poi il destino ha voluto che essi coincidessero con l’avaria del pc.

Il suo nome non compare nel Dizionario biografico degli uomini illustri di Terra d’Otranto (Lacaita, Manduria- Roma, 1999) e quest’assenza è giustificata solo in parte dal fatto che non ne conosciamo la casata, dal momento che Benedetto Serafico è il nome assunto nell’Ordine. Tutto ciò che è dato sapere sul suo conto è legato al contenuto delle dedica che di seguito riproduco e trascrivo fedelmente.

ALL’ILLUSTRISSIMO ET ECCELLENTISSIMO SIG. MIO E PADRONE OSSERVANDISSIMO Il Signor Nicolò Bernardino Sanseverino Prencipe di Bisignano.4

Nel dar in luce questo mio primo parto Illustrissimo & Eccellentissimo Sig. Ho voluto fare a quella guisa che ne’ Theatri sogliono far coloro, che della prospettiva non sono ignoranti, i quali le statoue (sic) e li segni che per alcuni mancamenti dubitano ch’a gli occhi de’ loro (corretto manualmente) riguardanti non abbiano da sodisfare nelle parti più alte, & estreme ripongono, accioche (sic) con la lontananza ricoprano il difetto di quelli. Perciò che vedendolo io già maturo, e che le mie forze non possono farlo più perfetto, e conoscendolo non essere così intiero nelle sue parti,come si devrebbe; ho voluto porlo alla vista de gli huomini discosto da ogni occhio nella lontananza, e sublimità della grandezza di V. E. rendendomi sicuro, che sì come il Sole col molto lume abbaglia talmente la vista di chi mira, che no’l lascia scerner le stelle (non che l’altre cose più oscure, che per lo cielo insieme con lui corrono;) così anco il molto lume ch’a questi miei Madrigali darà lo splendore del sangue, e della virtù di V. E. farà, che non siano visti da quelli, che con maligno occhio li riguardano. Ella li prenda in grado solamente, ch’a me basterà, ch’à lei non dispiacciano. Non starò a dire, che miri l’animo grande di servirla, non alla piccolezza delle cose mie, e del dono, che se l’appresenta. Perciò che la generosità dell’animo suo è tanto grande, che supplicandola di questo le farei torto. Onde baciandole humilmente le mani, e pregando nostro Signor che le dia ogni colmo di felicità, quì fò fine. Di Napoli. A l’ultimo d’Aprile 1575.

Di Vostra Eccellenza

Obbligatissimo Servitore 

F. Benedetto Serafico.  

Non aggiunge granché alla nostra conoscenza la pagina seguente dedicata ai lettori, che, tuttavia, riporto (e trascrivo) perché costituisce una, simpatica quanto inconsueta, precauzionale rivendicazione del diritto d’autore ante litteram, con l’applicazione di una sanzione esclusivamente morale, anche se gli strumenti notarili citati suppongono una sorta di registrazione dell’opera e non escludono un’eventuale richiesta di risarcimento per avvenuto plagio.

AI LETTORI IL SERAFICO

Sono già da quattro anni benignissimi Lettori ch’io diedi questo medesimo libro di Madrigali a cinque voci a M. Oratio Salviani Romano libraro in Napoli, perch’egli li mandase a stampare a Venezia. Poi havendomi detto il medesmo M. Oratio haverlo inviato a detto loco, et che si fusse smarrito, io mi posi di nuovo a copiarlo et darlo fuora, toltone però alcuni Madrigali che erano in quello, et aggiontone gl’altri che dopò (sic) era venuto componendo. E perche (sic) dubito, che qualch’uno (sic) non l’habbi occupato overo attribuito a se stesso, ho voluto di ciò avertirli (sic), accioche (sic) se ciò accadesse, o fusse accaduto possiate convincerlo di manifesto furto, et tornate le sue fatiche al proprio auttore far quella beffa di lui che fecero i Pavoni della sfacciata Cornacchia, e così l’insegnaste a tenersi dentro la sua pelle, come si suol dire, e chi a pieno vorrà di ciò certificarsi, potrà il tutto vedere in Napoli nella Curia di seggio di Nido per un’istrumento fatto per mano del (sic) egregio Notaro Coluccio Casanova ne l’anno 1571 nel dì diece, et nove di Maggio; et per un’altro (sic) nella Vicaria scritto li dì diece di Ottobre, ne l’anno 1573 per mano del magnifico Terracciano Maestro de atti di detta Vicaria, presente il Reverendo Don Francesco Orso di Cilano Stefano Felis, et il Magnifico Messer Tarquinio persona di Gallipoli mio Procuratore in detta causa, et con questo vivete lieti virtuosi Lettori, e rendetevi sicuri che il Serafico è più di voi che di se stesso, tanto più s’intenderà havrete aggradite, queste sue fatiche, il che facendo li darete animo a gustar dell’altri frutti che produrrà piacendo al Signore il giardino del suo, benche (sic) non molto fertile ingegno.      

Non domo per il mio fallimento come storico, mi avventuro ora su un terreno a me, almeno in teoria, più congeniale. Non esordisco felicemente neppure in questa parte perché per la definizione della parola madrigale cito passo passo quanto è riportato nel vocabolario Treccani on line:

madrigale s. m. [etimo incerto].

1. 

a. Componimento poetico di origine popolare, che compare in Italia almeno dal sec. 14°, consistente all’inizio in un breve quadretto di natura campagnola e pastorale, talvolta tendente all’epigramma, con uno schema metrico fisso (due o tre terzine di endecasillabi variamente rimati seguiti da 1 distico a rima baciata o 2 a rima alternata), più tardi di tono complimentoso e galante, in endecasillabi o settenarî. 

b. In musica, il termine indica sia le intonazioni a due o tre voci di madrigali trecenteschi, opera di musicisti italiani attivi nel sec. 14° e che appartenevano alla corrente stilistica dell’ars nova, sia la maggior parte delle composizioni polifoniche su testi profani non strofici scritte, soprattutto in Italia, a partire dalla prima metà del sec. 16° e che erano denominate madrigali indipendentemente dalla forma metrica del testo musicato (poteva trattarsi di madrigali cinquecenteschi, di stanze di canzone o di ballata, di ottave, di sonetti, ecc.): i m. di F. Landini, di C. Monteverdi, ecc. M. spirituale, madrigale poetico o musicale d’argomento sacro o devozionale. M. concertato, madrigale musicale scritto per un organico vocale e strumentale secondo la tecnica del basso continuo e molto diffuso nei primi decennî del Seicento. 

2. fig. Complimento galante, scherzoso o lezioso: si compiaceva nell’ascoltare i madrigali dei suoi ammiratori.  Dim. madrigalinomadrigalétto; spreg. madrigalùccio; accr., scherz.,madrigalóne.

È evidente che i madrigali scritti dal nostro rientrano in 1b, ma è altrettanto evidente che tutti i madrigali musicalmente intesi sono figli, per quanto riguarda il testo, di quelli letterari. A questo punto era fatale per me restare vittima della voglia di individuare le fonti testuali. Siccome, però, il risultato è piuttosto corposo, mi limito qui a proporre solo un saggio: un pezzo del Petrarca (XIV° secolo) ed uno del Sannazaro (XV°-XVI° secolo), ma il Serafico si serve anche di altri autori come l’Ariosto e il Bembo (XV°-XVI° secolo).

Francesco  Petrarca, Canzoniere, rime in morte di Madonna Laura, canzone XLVI, vv. 67-72

O voi che sospirate a miglior notti,

ch’ascoltate d’Amore o dite in rime,

pregate non mi fia più sorda Morte,

porto delle miserie e sin del pianto.

Muti una volta quel suo antico stile,

ch’ogni uom’attrista e me può far sì lieto. 

Jacopo Sannazaro, Rime, canzone V, vv. 13-18

O fere stelle, omai datemi pace;

e tu, fortuna, muta il crudo stile:

rendetemi a’ pastori ed alle selve,

al cantar primo, a quell’usate fiamme;

ch’io non son forte a sostenere la guerra

ch’Amor mi fa col suo spietato laccio.

Ho già detto della mia totale ignoranza della musica, ma gli spartiti appena riprodotti vogliono costituire un invito all’appassionato e al competente perché dia a questo post l’integrazione che il compositore di Nardò, comunque, merita.

________

1 Il secondo è definito perduto in Claudio Sartori, Enciclopedia della musica, Rizzoli-Ricordi, Milano, 1972-1974, v. IV°, pag. 298.

2 Di Giovan’Andrea Dragoni da Meldola maestro di capella di s. Gio. Laterano, il primo libro de madrigali a cinque voci, con un dialogo a otto nel fine,  Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1575.

Di Giovan’Andrea Dragoni da Meldola maestro di capella di s. Gio. Laterano, il secondo libro de madrigali a cinque voci, Venezia , erede di Girolamo Scoto, 1575.

Di Giovan’Andrea Dragoni da Meldola maestro di capella di s. Gio. Laterano, il terzo libro delli madrigali a cinque voci, con uno a sette nel fine, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1579.

Di Giovan’ Andrea Dragoni maestro di capella di s. Gio. Laterano, il primo libro de madrigali a quatro voci,Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1581.

Di Giovan’ Andrea Dragoni maestro di capella di s. Giovan Laterano, il primo libro de madrigali a sei voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1584.

3 Il primo libro delli madrigali a sei voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1574

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà de l’imperatore Massimiliano secondo, il primo libro delli madrigali a cinque voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1576.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Massimiliano secondo, il quarto libro delli madrigali a cinque voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1576.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Massimiliano secondo, il secondo libro delli madrigali a cinque voci. – Venezia : erede di Girolamo Scoto, 1576.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Massimiliano secondo, il secondo libro delli madrigali a sei voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1576.

Di Filippo De Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Massimiliano secondo, il terzo libro delli madrigali a cinque voci, con uno a sette nel fine, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1578.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Rodolfo secondo, il secondo libro delli madrigali a cinque voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1580.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Massimiliano secondo, il primo libro delli madrigali a sei voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1582.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Massimiliano secondo, iI secondo libro delli madrigali a sei voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1582.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Rodolfo secondo, il primo libro de madrigali a sei voci , Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1583.

Di Filippo De Monte, il primo libro de madrigali a quatro voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1586.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della s.c. maestà dell’imperatore Rodolfo secondo, il secondo libro delli madrigali a cinque voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1586.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della sacra cesarea maestà de l’imperatore Rodolfo secondo, l’ottavo libro delli madrigali a cinque voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1586.

Di Filippo Di Monte maestro di cappella della sacra cesarea maestà dell’imperatore Rodolfo secondo, il secondo libro delli madrigali a cinque voci, Venezia, erede di Girolamo Scoto, 1598.

4 (1541-1606), V° principe di Bisignano, figlio di Pietro Antonio e Irene Castriota Scanderbeg, sposò nel 1565 Isabella della Rovere, principessa di Urbino.

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