Fantasmi neri che vagano per i campi profumati di origano e mentastra

di Gianni Ferraris

“Siamo qui per la dignità”.  Il volantino inizia con queste parole. Volti sorridenti, fra loro ci sono anche ragazzi di  Tecnova, che già subirono l’umiliazione di nuove forme di schiavitù. Oggi chiedono solo banale “dignità” nel mondo luccicante della movida e dei turisti con il naso all’insù pronti a meravigliarsi di cotanto passato e nobiltà che racconta il barocco leccese.

Loro, i ragazzi,  non sono arrivati qui per fare i turisti ma semplicemente per sentirsi persone.

“Chi ha gestito la vicenda Boncuri, noi delle brigate di solidarietà e l’Associazione Finis Terrae, ha trovato una situazione allarmante, campi stracolmi, sfruttamento, disservizi. E’ stato tutto molto complicato,  centinaia di braccianti che non hanno aiuti da nessuno. La sorpresa positiva è stata la coesione che questa drammatica situazione ha generato. Camerunensi, nigeriani, tunisini e ragazzi di altre nazionalità hanno avuto la capacità di fare corpo unico ed autoorganizzarsi in questa manifestazione. Il sindacato è praticamente di appoggio, anche se in forte sinergia.

Loro subiscono i caporali, sono sottopagati, non lasciamoli soli, informate, fate sapere”. E’ quasi una preghiera la sua. “ Ivan è stato minacciato di morte dai caporali, questa è la situazione.   Boncuri ha confini più vasti di quel che si crede, non è solo Nardò, arrivano anche da altri comuni i lavoratori. Ora siamo all’assurdo di un campo che dovrebbe contenere 200 persone, invece sono oltre 350, manca anche l’acqua calda, dovrebbe occuparsene l’amministrazione comunale,  tutto tace. I ragazzi chiedono il rispetto dei diritti fondamentali, il caporalato è un cancro”.

A parlare è Francesco delle brigate della solidarietà. Ed i numeri sulla popolazione del campo ci vengono confermati telefonicamente da  Gian Luca Nigro dell’Associazione Finis Terrae.

Antonella Cazzato, segretaria confederale CGIL precisa “Ovviamente ogni forma di protesta nasce per volontà dei lavoratori che non sopportano più. Nel nostro territorio è la prima volta che gli immigrati occupati in agricoltura decidono di scendere in piazza. Il lavoro del sindacato è, si, di sostegno, ma abbiamo il compito di organizzare la protesta cercando le soluzioni dei problemi. Senza la mediazione del sindacato rischierebbero di essere voci  senza ascolto”.

“Caporalato, parliamone, non ci sono gli ispettorati del lavoro che controllano?”

“Abbiamo da tempo denunciato un calo di attenzione da parte della politica, delle istituzioni e dell’attività ispettiva.  Questi lavoratori, di fatto, sono invisibili. Abbiamo chiesto da sempre di organizzare un’accoglienza dignitosa,   a Boncuri volevamo uno sportello dell’occupazione che permettesse una vigilanza contro i caporali. Ai datori di lavoro chiedevamo invece il rispetto delle paghe e delle condizioni di lavoro. Il contratto prevede che a loro carico   ci siano: vitto, trasporto, alloggio ed acqua. Nulla di tutto ciò esiste, parliamo di sfruttamento vero e proprio. Per non dire delle paghe irrisorie”.

Annotiamo che la paga dovrebbe essere tra i 6 e i 10 euro a cassone di pomodori, mentre ora per riempire un cassone di 100 chili vengono pagati 3,5 euro. In più alla fine della giornata il caporale    rapina ai ragzzi  3 euro più altri 5   per il trasporto. Una giornata di oltre 10 ore di lavoro sotto il sole, dunque, frutta agli immigrati lavoratori stagionali meno di 20 euro.

Diritti, appunto. Abbiamo raggiunto telefonicamente il Sindaco di Nardò, Marcello Risi, che assicura dia aver fatto accertamenti personalmente nel campo e che non gli risultano problemi si sovrappopolazione. Secondo il Sindaco le tende  a sei brandine, e quelle più piccole con meno posti letto, sono piene, ma non si va oltre. “Il problema dell’acqua calda esiste, in realtà, ed è in fase di risoluzione”.

Anche se siamo in agosto e una doccia fredda non fa poi così male, in fondo è pur sempre un servizio essenziale.  Inoltre, secondo Risi, il problema caporalato  è in mano interamente agli immigrati, “Non è un’attività criminosa gestita da italiani”.

Qualcuno saprà pur qualcosa fra datori di lavoro, controllori e osservatori, sembra però un muro di gomma contro il quale rimbalzano le responsabilità. Loro, i lavoratori, sono davanti alla prefettura, a ritmare con i loro tamburi il tempo che scorre e la rabbia pacata che hanno dentro. Caporali, sfruttamento del lavoro, migliaia di uomini invisibili che vagano per i campi a raccogliere angurie e pomodori, sembra un altro mondo, diverso dal luccichio delle sagre strapaesane e delle feste della taranta. Sembra il passato remoto. Eppure siamo nel 2011, in terra di Salento, con mare, sole, jentu che chiamano vacanzieri. Nel Salento dell’assenza dei politici a portare solidarietà. Neppure uno si presenta per tutta la mattina. Siamo quasi in ferie, e poi, diciamolo, i poveretti del PDL hanno già dovuto rinunciare al pellegrinaggio in Terra Santa, volete che perdano tempo qui in strada? Gli altri… beh, lasciamo andare. Tentiamo di dare visibilità ai fantasmi neri che vagano per i campi profumati di origano e mentastra. Ora anche di rabbia.

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