Una statua in cartapesta di Giovanna d’Arco a Nardò

la statua di Giovanna d’Arco rinvenuta a Nardò (ph Raffaele Puce)

Jeanne d’Orléans (Giovanna d’ Arco)

 una spiritualità stupendamente adatta al nostro tempo

di Marcello Gaballo

È sotto gli occhi di tutti la riscoperta dell’ eroicità della pulzella d’ Orleans, Giovanna d’ Arco (1412-1431), che ha sfidato i tempi e gli uomini della sua epoca con incredibile audacia, tanto da ispirare diversi registi per buoni films che di tanto in tanto vengono proiettati nelle sale cinematografiche. La recente proposta anche in televisione di uno di essi ha ridestato il giusto riconoscimento a Giovanna d’ Arco, l’ eroina che si crede scelta da Dio per compiere il miracolo della liberazione della Francia dall’ Inghilterra e della riconsacrazione della monarchia.

Le “voci” mai rinnegate di S. Michele, S. Caterina e S. Margherita, consiglieri celesti della santa, la sostennero a credere nel potere di Dio, al quale aveva voluto far voto della sua verginità, per essere degna della scelta divina ricaduta su di lei, umile fanciulla della Lorena incredibilmente attaccata alla sua patria e interamente abbandonata all’ azione di Dio.

Dichiarata venerabile nel 1904 e beatificata il 18 aprile 1909, fu canonizzata il 9 maggio 1920 e proclamata santa da Pio XII il 13 maggio 1944, dichiarandola patrona secondaria della Francia.

Tralasciando ogni dettaglio sulla vita e sulle gesta della prode guerriera processata per eresia, comunque meritevoli di opportuna conoscenza, specie tra i più giovani, è nostro intendimento narrare di piccole storie che ci hanno permesso di ricordare una spiritualità più che mai adatta al nostro tempo.

Qualche anno fa il direttore dell’ Uffico Beni Culturali della diocesi di Nardò-Gallipoli, don Santino Bove Balestra, ci informava, entusiasta, del rinvenimento di una statua depositata nel camerino situato alla base del campanile della Cattedrale di Nardò, segnalatagli dall’allora parroco don Decio Merico.

La sorpresa ci colse ancor più quando l’amico don Santino riferì trattarsi della statua di Santa Giovanna d’ Arco, di cui, a parte il fatto che se ne ignorava l’ esistenza, mai si era saputo di possibile devozione ad essa riservata in diocesi.

La visione del bel manufatto in cartapesta policroma, assolutamente inedito oltrechè inusuale per l’ ispirazione chiaramente patriottica, spingeva inevitabilmente ad approfondire i dubbi riguardo al rinvenimento, che forse sarebbe stato più giustificato in un civico edificio piuttosto che in una chiesa, all’ autore, all’ esistenza di un possibile culto a Nardò.

Sulla base di legno verniciata di nero e di forma quadrata, è collocata una balza di finta roccia, su cui si erge la composizione della donna, in posizione frontale, non aureolata.

Raffigurata come una fanciulla, col viso tondeggiante incorniciato da folta chioma castana, con gli occhi neri e vivaci, rivolti verso l’alto, e i lineamenti delicati. L’abbigliamento è quello militaresco medievale, ma alla tipica armatura, custode e simbolo di una verginità consacrata, si aggiunge una tunica lunga di colore rosa, ornata con disegni arabescati dello stesso colore della corazza e con finto nastro dorato all’ orlo; decorazioni sono pure dipinte sul busto. Il vestito, posto sotto ai fiancali dell’ armatura, scende allargandosi sui fianchi, evidentemente femminei, e sino a coprire quasi del tutto la schiniera destra. La fanciulla regge con la mano destra un alto stendardo, bianco e crocesignato di rosso, “per evitare di uccidere qualcuno”, e con la sinistra impugna una croce di legno color nero, simbolo della sua fede incrollabile.

ph Raffaele Puce

La fattura della statua, per la perizia e la cura nei dettagli, è pregevole: il volto con i lineamenti molto dolci rivela l’attenzione dell’artista non tanto alla bellezza quanto all’espressività di una figura pienamente consapevole del suo progetto, perchè ispirato e guidato dal Cielo, cui rivolge il suo sguardo intenso.

La stessa disposizione degli arti, compreso l’ inferiore sinistro proteso leggermente in avanti e con la bella ginocchiera, conferisce alla figura un atteggiamento tutt’altro che timido, remissivo o addolorato: è l’immagine della sfida, del coraggio, dell’ eroicità, ma soprattutto dell’ impavida fede.

L’ opera, alta circa 160 cm., è firmata, come si legge sulla parte frontale della balza rocciosa: 89 Cav. Caretta Raffaele/ Lecce, quando, si badi bene, Giovanna d’ Arco ancora non era stata neppure dichiarata venerabile.

Probabilmente l’ eco della “Santa della patria” era ancora vivo, così come lo era il fulgore della santa prodezza, nonostante i quasi 5 secoli trascorsi dalla sua morte.

          La straordinarietà del rinvenimento della statua sta pure nel fatto che l’ opera, di cui si conosceva l’esistenza ma non l’ ubicazione, ha partecipato ed è stata premiata all’ Esposizione Internazionale di Parigi e Bordeaux del 1900. Lo attesta Caterina Ragusa nel suo volume Guida alla Cartapesta Leccese (Congedo Ed.- 1997), trattando della biografia del cartapestaio (Lecce, 1871-1950), allievo dei mastri Antonio Maccagnani e Giuseppe Manzo. Il testo, infatti, così recita a p. 57, trattando delle opere del Caretta: “Giovanna d’ Arco. Statua, (premiata all’ Esposizione di Parigi del 1900). Collocazione ignota (originariamente nel laboratorio)”.

            Il culto della Santa, come gentilmente ha riferito sempre don Santino, sulla base di indagini da esso condotte fra le più anziane fedeli, è calato in un preciso momento storico. La statua fu commissionata dal sacerdote neritino Francesco Potenza (1885-1958), canonico arciprete della Cattedrale dal 16 marzo 1913, professore di Morale nel Seminario diocesano, protonotario apostolico, assistente al Soglio Pontificio e vescovo di Castellaneta dal 1931 al 1958. L’ acquisto del manufatto, già realizzato molti anni prima, avvenne allo scoppio della prima guerra mondiale, designando Giovanna d’ Arco patrocinante dei militi neritini impegnati nel conflitto.

            Nel periodo tra le due grandi guerre il sacerdote Gregorio Falconieri (1885-1964), canonico arciprete della Cattedrale dal 1931 al 1935 (anch’ esso nominato vescovo, a Conversano), designò la pulzella, cui era stato dedicato anche un inno, protettrice della locale Congregazione Mariana. I festeggiamenti si tenevano il 30 maggio, a ricordo del triste mercoledì del1431 in cui fu bruciata “scomunicata ed eretica” sulla piazza di Rouen, preceduti da un Triduo, in occasione del quale si esponeva la statua in Cattedrale per la venerazione da parte delle iscritte e dei fedeli tutti.

La popolarità ed il conseguente culto neritino dell’ eroina man mano scemò per il variare del momento storico e delle vicende di quel gruppo cattolico, dapprima trasformato nella Gioventù Femminile, poi assorbito nella Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC).

Solo ulteriori ricerche, sollecitate con interesse dall’ attuale dirigenza del Centro Diocesano di A.C., potranno dirci se la loro associazione la designò protettrice, chiarendo anche i limiti del culto e senza escludere una possibile adozione odierna della Santa quale patrona dell’ A.C. Diocesana.

Tornando alle vicende della statua, essa fu depositata in un cantuccio dell’ inesauribile Cattedrale e lì è rimasta per circa sessant’ anni, per essere riscoperta negli stessi mesi in cui tutta l’ Europa, e l’ Italia in particolare, ha inteso riabiltare l’ eroica e straordinaria figura che ha saputo guidare le masse e testimoniare l’ incrollabile sua fede col sacrificio della vita. E non è poco in tempi come questi.

Oggi la statua fa bella mostra di sé nell’Ufficio diocesano dei Beni Culturali della Diocesi, sperando in una definitiva sistemazione nell’erigendo Museo Diocesano.

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