Libri/ Vincenzo Ampolo tra politica e letteratura

 

VINCENZO AMPOLO, POETA SURBINO DELL’OTTOCENTO

 

di Paolo Vincenti

La Societàdi Storia Patria-Sez.di Lecce, in collaborazione con il Comune di Surbo, ha pubblicato gli Atti del Convegno di Surbo del 2004 Vincenzo Ampolo tra politica e letteratura tomo II, edito, per la collana “Cultura e storia”, a cura di Antonio Lucio Giannone.

La parabola di Ampolo si sviluppa nella seconda metà dell’Ottocento, un periodo di grandi trasformazioni politiche, sociali ed anche culturali in Italia. Ampolo rientra a Surbo nel 1871, dopo aver completato gli studi universitari a Napoli e stringe amicizia con importanti esponenti del ceto intellettuale salentino, collaborando con alcune riviste locali come Don Ortensio, Il Pungiglione, Il Progresso, Cronaca letteraria.

Ma chi era Vincenzo Ampolo? Il libro prende le mosse dal Convegno di studi, svoltosi nella Sala consiliare del Comune di Surbo, nel novembre del 2004, in occasione del centenario della morte del poeta e politico Ampolo, nato a Surbo nel 1844 ed ivi morto nel 1904. In questo libro, si vuole approfondire la figura del poeta e letterarato Ampolo, mentre nella precedente pubblicazione, sempre a cura della Società di Storia Patria-Sez.Lecce (che, da molti anni, pubblica la rivista  L’Idomeneo), si analizzava la figura del politico e dell’amministratore Ampolo.

Antonio Lucio Giannone (del quale è stato recentemente pubblicato, sulla Rivista di letteratura italiana, 2006, un contributo sul Futurismo ed i rapporti fra lo scrittore di San Cesario Michele Saponaro, alias Libero Ausonio, e Filippo Tommaso Marinetti), traccia, nella Prefazione, un profilo d’insieme del libro. Prima d’ora, l’Ampolo era conosciuto grazie al volume di Donato Valli, Ampolo, Nutricati, Rubichi (1980), inserito nella “Biblioteca Salentina di cultura” edita, all’epoca, da Milella e diretta da Mario Marti; al libro Surbo di Angelo De Masi (Capone 1981), che pure si occupava della figura di questo illustre concittadino di Surbo; e soprattutto grazie a Notizia di Vincenzo Ampolo, sempre di Donato Valli, pubblicato nel 1981, in “Studi in onore di Mario Marti”; e proprio quest’ultimo scritto di Valli viene ripreso e ulteriormente ampliato in questa pubblicazione, col titolo La metamorfosi letteraria del reale: Ampolo tra conservazione e impegno.

Fine intellettuale ed appassionato uomo politico, Ampolo si formò durante un periodo molto difficile dal punto di vista dei rivolgimenti in atto e le sue simpatie si rivolsero alla sinistra più radicale, laica ed antipapale. In amicizia con grossi personaggi come Francesco De Sanctis, Luigi Settembrini, Ampolo può considerarsi, a buon diritto, un interessante poeta dell’Ottocento minore, influenzato, nella sua produzione poetica, da Carducci, in primis, ed anche da Prati, Giusti, Cavallotti e Stecchetti.

Agli inizi della sua produzione letteraria, egli si allacciò a certa poesia popolaresca e ridanciana, soprattutto quella del Giusti, con esiti davvero felici di sottile ironia, nonché di un certo sprezzante ed irridente gusto stecchettiano, come afferma Valli, in componimenti come I tempi che corrono, Vanitosa farfalletta bionda e Il fiore delle fate, apparsi sulla Strenna Salentina del 1881.

Passò, in seguito, a collaborare col Don Ortensio, diretto da Nicola Foscarini, dove pubblicò moltissime liriche, come In morte di Giovanni Prati, Lucy, Alla marchesa Burlamacchi, Villa Glory, Risurrezione, Sursum corda, ecc., tutti sonetti minori di settenari, che poi saranno riproposti nell’opera  Macchiette (1891). Nel 1885, iniziò la collaborazione con Il Pungiglione, giornale fortemente laico e critico nei confronti dello stato delle cose, nel quale Ampolo, con lo pseudonimo di Caporale Obrus, riversò tutta la sua aggressiva e velenosa carica sovversiva, soprattutto in campo religioso, scagliandosi violentemente contro i preti, causa prima di ogni male e corruzione, i quali stravolgevano, secondo Ampolo, l’insegnamento di Gesù Cristo per raggiungere i loro lucrosi e volgari fini mondani. Compaiono molte liriche di satira anticuriale ed anche di satira sociale e morale, oltre ad alcuni idilli di ispirazione amorosa e naturalistica, che confermano il grande eclettismo formale e contenutistico di cui era capace l’Ampolo.

Nel 1887, collabora con Il Progresso, giornale fondato da Gaetano Brunetti, che apre le pubblicazioni proprio con un sonetto omonimo dell’Ampolo. Qui, il poeta pubblica alcuni profili di dimenticati cittadini surbini come Pietro Valzani, sacerdote antiborbonico, e Saverio De Rinaldis, poeta in lingua latina, ed altre liriche del filone idillico-naturalistico, come Ada e Mia nonna. Dal vitalismo e grande eclettismo della prima parte della sua produzione,  Valli spiega come poi l’Ampolo passò gradualmente al ripiegamento su se stesso, al recupero memoriale, alle pessimistiche considerazioni sulla morte e sulla vacuità della vita umana, nell’ultima parte della sua opera.

Nel 1891, Ampolo pubblica, presso la Tipografia Editrice Salentina, dei Fratelli Spacciante di Lecce, due libri: il già citato Macchiette e Sogni e tramonti. Macchiette, che può essere considerata la prima raccolta unitaria e organica dell’Ampolo, comprende 276 sonetti, raccolti in otto libri e divisi secondo un criterio di affinità contenutistica; Sogni e tramonti è composto di tre libri, anche questi divisi in base a criteri contenutistici e stilistici. Avvenimento capitale nella parabola umana e poetica del nostro autore è la morte della sorella Lucia, al quale evento è dedicata la maggior parte del terzo libro, con un totale di 71 sonetti, chiusi tra due componimenti lirici di quartine di endecasillabi a rima alterna. Ampolo, come spiega ancora Valli, era molto legato alla sorella e questo suo attaccamento quasi morboso all’amata congiunta si evince dalla sincera disperazione e dal profondo dolore del distacco che vibra nei versi dolenti di queste liriche mortuarie. In esse, è presente un gusto del macabro a volte anche esasperato e, nel suo lamento, il poeta coinvolge, in un pessimismo di matrice leopardiana, anche gli astri e l’universo (a Leopardi è dedicato Sotto un olmo, primo di una serie di carmi – Ricordi e pensieri, Mistero e ragione, La torre dei Caldei -, che possono considerarsi parti di un unico componimento in cui l’autore riflette sulla morte e sulla infinita vanità del tutto). Sconsolata si alza, da parte del poeta, una domanda destinata a restare senza risposta, a causa dell’aridità della scienza e della consapevolezza del nulla assoluto che regola la nostra vita. Su quest’aspetto mortuario dell’ultima parte della produzione dell’Ampolo, si sofferma anche Alessandro Laporta, nel suo scritto La musa in gramaglie di Vincenzo Ampolo (con una nota sulla storia della stampa dell’800). Con liriche, come Casamicciola, A Vincenzo Spacciante, e soprattutto nei sonetti dedicati alla sorella Lucia, prende corpo un canzoniere sepolcrale dell’Ampolo, in cui l’autore sembra indulgere su tutti gli aspetti più inquietanti, ma anche topici, della perdita di una persona cara e del dolore di fronte alla dipartita, un dolore che non può essere consolato da nessuna cristiana speranza, ma reso ancor più cieco dalla materialistica, pessimistica concezione del nulla assoluto che ci attende dopo la morte. Laporta, nel suo breve saggio, dà poi notizia di un componimento sconosciuto dell’Ampolo, In memoria di Giuseppe Spacciante, fratello di quel Vincenzo a cui pure Ampolo aveva dedicato un più noto elogio funebre. La pubblicazione di questo componimento (riportato in Appendice 1) offre lo spunto a Laporta per fare un excursus sulla storia della stampa salentina del secondo Ottocento, con particolare riferimento all’azienda tipografica Regia Tipografia Editrice Salentina, dei fratelli Spacciante di Lecce, una fra le più prestigiose case editrici del Sud. Nell’opuscolo In memoria di Giuseppe Spacciante, uscito dai torchi della Tipografia Salentina (non poteva essere altrimenti), nel 1893, oltre alla poesia dell’Ampolo (il quale si rivolgeva, nella sua canzone, alla figlia dello scomparso Giuseppe, Maria, per consolarla di quel grave lutto), era presente un’altra poesia di Ersilio Bicci ed inoltre una biografia del defunto (riportata in Appendice II) ad opera dell’illustre giornalista Nicola Bernardini, amico e collaboratore dei fratelli Spacciante, con la cui casa editrice pubblicò la monumentale opera Guida della stampa periodica italiana nel 1890, stesso anno della morte di Lucia, adorata sorella dell’Ampolo. Molto interessante è anche il lungo saggio di Elena Maglio, Tra idealità e realtà. La concezione della donna in Vincenzo Ampolo (1844-1904).

Partendo dalla ricerca eseguita da Marina Zancan, in “Il doppio itinerario della scrittura: la donna nella tradizione letteraria italiana” (Einaudi 1998), la Maglio si occupa del ruolo della donna nella storia della nostra cultura, sia come musa ispiratrice della produzione poetica a lei dedicata, sia come essa stessa creatrice di produzione poetica. L’attenzione  della studiosa si concentra su Vincenzo Ampolo e sull’analisi della figura femminile all’interno della sua produzione poetica. Vengono così delineate, per grandi linee, tre diverse figure di donna, che corrispondono a tre periodi diversi della vita dell’autore. Il primo periodo è quello della giovinezza, in cui la donna viene vista come fonte di piacere (Amore, Baciando, Uxorem duxi, A Margherita, Amore borghese, Conto corrente, Lidia, Sursum corda, ecc.) in cui prevale il tono satirico delle Macchiette; la polemica dell’Ampolo contro la Chiesa si fa molto dura, e di questo risente anche la sua visione della figura femminile che, fuori da ogni ipocrita posizione moralistica, viene assunta a demone, tentatrice, corrotta, coinvolgendo, nella sua condanna, anche figure canoniche della agiografia cattolica (Maddalena, L’evangelo del Diavolo, Pastor Bonus, San Pietro).

Il secondo periodo è quello della maturità, in cui la donna è vista, secondo la Maglio, come figura misteriosa, immagine e simbolo di una bellezza quasi inattingibile, per esempio, da Sogni e tramonti, in La Gitana, Il fiore delle Fate, oppure Ada, Il mattino, La sera, E’ mezzanotte, ecc.. Il terzo periodo è quello del pessimismo, caratterizzato dal dolore per la morte della sorella, e questo dolore si esprime con toni lugubri e con il pensiero fisso, tormentoso, della morte, soprattutto nei sonetti dedicati a Lucia. Daniele Capone, nel suo intervento Un incontro sulle sponde del Lete, si occupa della figura politica dell’Ampolo come Sindaco di Surbo, analizzando il contesto socio- culturale della cittadina da lui amministrata ed il rapporto che egli ebbe con gli intellettuali che operavano in Terra D’Otranto nella seconda metà dell’Ottocento. In particolare, Capone dimostra che quello che per oltre un secolo venne unanimemente ritenuto dagli studiosi l’artefice della Guglia di Soleto, l’architetto Francesco Colaci, in realtà non è mai esistito e questo nome venne inventato di sana pianta da Vincenzo Ampolo, per accreditare al proprio paese l’ artefice di tanta bellezza. 

Mario Proto, in  Scienza e letteratura nel Mezzogiorno post-unitario, si occupa dei rapporti fra scienza e letteratura nella seconda metà dell’Ottocento, analizzando la figura di un importante scienziato di Alessano, Orazio Gabriele Costa, fra i protagonisti assoluti della rivoluzione scientifica che avveniva nel Regno di Napoli in quegli anni. Dopo le conclusioni di Mario Marti, vengono presentati nel libro una lettera, con nota di commento di A.L.Giannone, e alcuni inediti del poeta surbino, che fanno parte di una raccolta intitolata Dolori, che Ampolo voleva pubblicare, con tutte le liriche che erano rimaste escluse dai suoi precedenti libri, o pubblicate su riviste e giornali non più facilmente rintracciabili; queste liriche sono puntualmente commentate da  Donato Valli. Si chiude così un libro davvero fondamentale negli studi di locale storia patria.

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