Libri/ I Fibbia

di Paolo Vincenti

Antonio Lucio Giannone continua ad occuparsi di quegli scrittori salentini che, pur essendo, in certi casi, dei veri talenti letterari, non hanno fino ad ora avuto l’attenzione del pubblico ed il meritato riconoscimento della critica. Questa volta, Giannone cura la pubblicazione del  romanzo “I Fibbia”, di Salvatore Paolo , edito da Calcangeli.

Salvatore Paolo, insegnante di italiano e storia,  era nato a Carmiano nel 1920, ed al proprio paese natale  era rimasto sempre legato. Carmiano entra, infatti, anche nelle sue opere e da Carmiano egli mai si mosse, ma intrattenne comunque preziose corrispondenze con importanti  esponenti del mondo letterario salentino e nazionale. Fino ad ora, erano conosciuti solo due romanzi di Paolo: “Il Canale” (Milano-Nuova Accademia 1962) e “I millepiedi e altri animali” (Milano-Mursia 1971). Inoltre, due racconti di Paolo erano comparsi in “Prosatori e Narratori Pugliesi del Novecento”, a cura di F.Ulivi ed E.F.Accrocca (Adriatica editrice 1969), e il racconto lungo “Venditore di posti”, segnalato al Premio “Giovacchino De Giorgi” a Monteroni di Lecce, era stato  pubblicato postumo dall’Amministrazione Comunale e dalla Pro loco di Monteroni, nel 1978.

Nel 1964, era stato segnalato al Premio Novella per il racconto “La barca”, pubblicato poi nell’antologia “Narratori di Puglia e Basilicata”, a cura di Mario Sansone (Mursia-Milano 1966). Ma la sua prima prova letteraria è forse il romanzo inedito “I Melcari”, scritto nel 1947, che può essere considerato la prima stesura de “Il Canale”.

Il romanzo “I Fibbia”, anche questo inedito, è stato pubblicato postumo, per la prima volta, su “Sud Puglia. Rassegna trimestrale della Banca Popolare Sud Puglia”, nel dicembre 1984, proprio da A.L.Giannone, che ora ne cura la prima pubblicazione in volume. Con questo romanzo, Paolo abbandona il realismo di matrice verghiana che aveva caratterizzato le sue  opere precedenti (in particolare, ne “Il Canale”, la umile famiglia di caprai protagonista, i Mangialerba, fa subito venire in mente “I Malavoglia” di Verga, innegabile modello di riferimento per Paolo), e si immette sulla strada del “romanzo europeo”, per quanto possa sembrare forzata questa definizione, per un libro ambientato nella ristretta realtà di Carmiano, un piccolo paese (e in quegli anni ancora più piccolo) dell’entroterra salentino, dove, fra fatica, miseria e sudore, la gente consumava le giornate tutte uguali. Ma, grazie alla grande capacità narrativa di Paolo, noi riusciamo a vedere oltre l’angusto orizzonte dei suoi personaggi, la potente e ramificata famiglia dei Fibbia, e di quel mondo in cui comandano le convenzioni sociali, che opprimono ed uccidono qualsiasi aspirazione.

Quella di Don Gegè è una crisi di coscienza che caratterizza tutto un  periodo storico,  e che aveva prodotto romanzi come quelli di  Pirandello, di Svevo, di Tozzi. Pirandello costituisce la prima fonte di ispirazione di Paolo, che si laureò proprio con una tesi su “Il naturalismo nell’opera di Luigi Pirandello”.

Ma il vero referente per capire l’opera di Paolo è Kafka, al quale lo stesso autore dice di ispirarsi in una lettera inviata nel 1962 all’amico scrittore Nino Palumbo e riportata, in nota, dal curatore del libro. Si può scorgere, come spiega Giannone, nell’inconcludente girovagare dell’ “antieroe” Don Gegè, lo stesso tormento che attanaglia lo  Zeno sveviano e i personaggi di Tozzi, di Borgese, di Buzzati, di Camus,  vale a dire quegli “inetti” che si sentono degli estranei nella società borghese degli inizi del Novecento.

Giannone, che si è occupato di Salvatore Paolo anche in “La permanenza della poesia. Studi di letteratura meridionale tra Otto e Novecento” (Capone, 1989), dice: “Pur nella sostanziale unità del tessuto linguistico, il romanzo presenta una vasta gamma di toni: il grottesco, l’ironico, l’onirico, il patetico”. Fondamentale è il paesaggio, uno “…spettrale paese in cui si svolge la vicenda, immerso in un’atmosfera livida, carica di oscure incombenti minacce, e in certe sequenze da incubo, al limite tra il sogno e la realtà”.

E’ importante, crediamo, far conoscere lo scrittore Salvatore Paolo non solo alla comunità carmianese, che sarà orgogliosa di questo suo figlio illustre, ma proprio a tutti. Meritevole è, in questo senso, l’opera di Mario Calcagnile, ovvero l’editore, che ha già curato, nella stessa collana di “Autori Salentini”, la ripubblicazione de “Il Canale” (2004), con la presentazione di Giovanni Bernardini e di Ettore Mazzali, e di “L’età del ferro” (2005), con nota introduttiva di Giovanni Invitto. Si ricostruisce così, con questa ultima pubblicazione, la carriera e il mondo letterario di Salvatore Paolo, come, tassello dopo tassello, si sta ricostruendo, in questi ultimi anni, il grandissimo mosaico della cultura letteraria salentina, che sempre più ci appare ricca e variegata.

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