FILOLOGI (?) vs1 BRAVO CONTADINO 0-1

ph Riccardo Schirosi

 

di Marcello Gaballo e Armando Polito

In questo periodo la vigna viene sottoposta ad operazione colturali molto importanti per garantire (condizioni climatiche ed altri inconvenienti permettendolo…) una buona vendemmia. Chiediamo scusa ai fitotecnici se molto probabilmente incorreremo in qualche inesattezza, nonostante il nostro intento sia solo quello di soffermarci sulle parole che designano tali operazioni.

Al risveglio dal letargo invernale sulla parte inferiore della pianta, lu cippòne2, cominciano a spuntare dei polloni, li pitalòre3, che vanno eliminati al pari, poco dopo, di quelli spuntati sulle branche, li purìsi.

Quest’ultima voce verrà ora trattata direttamente e non in nota come le precedenti, e non solo perché non compare nel dizionario del Rohlfs…

Secondo noi potrebbe essere derivata dal greco porìasis=callo sulla palpebra, da poros= concrezione pietrosa (con riferimento anche alla stalagmite).

Come se non bastasse, però, ulteriori problemi etimologici pone il fatto che la stessa formazione parassita, o succhione, negli alberi prende il nome di sobbracàddhu. A prima vista si direbbe che sia una parola composta da sobbra=sopra+caddhu=callo [dal latino callu(m)] e che, dunque, sia semanticamente connessa con purìsi.

Il problema è che caddhu ha un omofono che significa cavallo [in questo caso, però, è dal latino cabàllu(m)=cavallo da lavoro, cavallo castrato: cabàllu(m)>(sincope di –ba)>callu(m)>caddhu].

E allora, per sobbracàddhu vale il caddhu callo o il caddhu cavallo?

Per fortuna, ancora una volta, l’esame delle varianti è decisivo perché le forme sobbracavàddu (Mesagne, Oria, San Giorgio sotto Taranto), subbracavàddhu (San Pietro Vernotico), sobbacavàdde (Ceglie Messapico) ci autorizzano a salvare il cavallo e a sopprimere il callo, perché quest’ultimo non ha niente a che fare con il nostro sobbracàddhu e forme affini (sobbracàddu a Sava, subbracàddhu a San Cesario di Lecce); infatti filologicamente è plausibile la sincope [caballu(m)>caddhu] ma non l’epentesi [callu(m)>cavàddhu4].

Già, ma, escluso il callo, che ci azzecca, direbbe Antonio Di Pietro, il cavallo? Ci azzecca, ci azzecca, perché il sobbracàddhu sta a cavallo del ramo principale; e così addio per sempre alla stalagmite, che, a pensarci bene, era ancora più suggestiva del callo della palpebra, anche se essa rimane in piedi (se la nostra proposta etimologica è esatta…) per purìsi!

Eliminate le pitalòre, bisogna ntestàre. Quest’ultima voce in generale indica l’operazione di potatura con cui viene impostata la forma che l’albero deve assumere. È chiaramente connessa con l’italiano intestàre, ma nel senso particolare di scelta delle parti destinate a dare alla pianta una certa conformazione nel suo sviluppo vegetativo, determinazione delle teste.

Nel caso della vigna assume il significato particolare di potatura con cui si lasciano solo due punte per tralcio (sarmènta5). Dopo tale operazione si ‘nzurfa  (inzolfa) e poi si pompa (utilizzando sempre lo zolfo non più in polvere ma in soluzione). A distanza di una ventina di giorni vengono eliminati i purìsi.

Basta! Tra latino e greco ci è venuto un dolore di testa peggiore di quello che si scatena quando, pur non eccedendo, il povero vino ha subito l’attacco violento di una percentuale eccessiva di metabisolfito di potassio ad opera di un enologo incompetente o troppo preoccupato di perdere il posto…

E la partita si chiude con la vittoria (fuori casa!) del bravo contadino che magistralmente ha già eliminato pitalòre, purìsi e altrettanto meticolosamente ha ‘nzurfàtu e pumpàtu.  Lo attende ulteriore lavoro e gli auguriamo un felicissimo raccolto; il nostro, quello appena fatto, comunque andranno le condizioni climatiche, resterà, comunque, modesto e non basterà certo la vignetta a smentire il detto scarpe grosse e cervello fino

* Tu riesci a capire che è successo a questa bottiglia?

** Te l’avevo detto che bisognava eliminare le pitalore e i purisi…

*** Quasi quasi questi due fessacchiotti mi hanno dato un’idea…

_______

1 È l’abbreviazione del latino versus=contro; non è per esibizione di cultura (?) che lo usiamo ma solo perché è troppa la rabbia che ci prende quando lo vediamo stampato su una locandina, in italiano, che annuncia, per esempio, un incontro di calcio o di pugilato; quel vs è, paradossalmente, l’unico segno di cui capiamo il significato intuitivamente. In realtà si tratta, come abbiamo detto, di una voce latina usata internazionalmente (sull’esempio inglese!) per indicare opposizione. Usarlo, purtroppo, era l’unico modo per ricordarlo.

2 Accrescitivo di cippo, corrispondente all’italiano ceppo, dal latino cippu(m)=colonnetta.

3 Forma aggettivale da pedale (nel significato di parte basale di una pianta), a sua volta da piede, dal latino pede(m) connesso col greco pus/podòs.

4 È vero che il probabile incrocio è sempre in agguato e che spesso scherzosamente si sentono espressioni del tipo tegnu nnu cavàllu allu pete! (ho un callo al piede!); ma cavàllu è forma italianizzata (dunque più recente) di caddhu, frutto dell’equivoco omofonico, per cui il fenomeno appena ricordato non può qui essere tenuto in conto.

5 L’italiano sarmento è dal latino sarmèntu(m); la voce neretina ne è tal quale il plurale (sarmènta) con valore collettivo e successiva acquisizione del genere femminile e del numero singolare.

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