Il calvario dell’ulivo deportato dalla Puglia

Su segnalazione di Marco Rosa pubblichiamo un articolo del giornalista Marco Preve apparso sulle pagine di Genova di Repubblica del 19/4/2011, a proposito dei tanto amati ulivi di Puglia in vetta alle cronache di quest’ultimo periodo. Ringraziamo entrambi  per la cortesia dimostrata e per la gentilezza nell’autorizzazione concessa.

Fenomeni da baraccone: Euroflora e l’ulivo millenario

ulivononno

Tutto nasce dalla mail di un lettore di Repubblica: «Ma se suo nonno fosse l’uomo più vecchio del mondo, lo costringerebbe ad un viaggio di mille chilometri per esporlo su un palco?». Era una provocazione per una riflessione sulla star di Euroflora: l’olivo gemello. Un incredibile esemplare di pianta a due tronchi, proveniente dalla Puglia, la cui età è stimata attorno ai 2400 anni. Abbiamo chiesto un parere al professor Mauro Giorgio Mariotti, ordinario di botanica alla facoltà di Scienze dell’Università di Genova e presidente, per conto dell’Ateneo, dei Giardini Hanbury di Ventimiglia, tra i più noti al mondo.

Allora professore, era il caso di muoverlo il “vecchietto”?
«La premessa è che gli olivi sono abituati a stare in un certo posto e se portati da un’altra parte soffrono. Io pure ho qualche perplessità su questa scelta anche se è un rischio abbastanza calcolato. Ripeto, qualsiasi pianta, spostandola, un poco soffre. Dalla loro gli ulivi hanno una buona capacità di ripresa. Pur avendo tronchi colossali hanno radici poco profonde, con tessuti che le rigenerano. Poi c’è anche l’aspetto del trasporto… >.

Quale?
«Purtroppo devono potarli per farli stare in un container. Certo anche la chioma tagliata ad arte può essere apprezzabile a chi piace la scultura più che la natura. Io, in questo caso, preferisco la seconda».
Si insegue la spettacolarizzazione anche nella botanica?
«Mah, il fatto è che l’ulivo millenario e gli altri esposti ad Euroflora vanno inquadrati in un problema più ampio, di una pratica che dal punto di vista ambientale, ecologico e paesaggistico non è da favorire. La moda recente di creare giardini e parchi privati con prato all’inglese e ulivo millenario o centenario al centro. Ci sono anche architetti dei giardini che progettano situazioni di questo genere piuttosto incoerenti per un ambiente Mediterraneo come il nostro. Anche delle archistar… «

Come Paolo Pejrone?
«Non voglio polemizzare con lui, ma si è aperta una discussione sulle sue scelte in questo senso realizzate nel giardino della villa di Alassio di Antonio Ricci».

L’ulivo millenario è una buona pubblicità per questa branca del commercio pugliese.
«In Puglia, che è la regione più ricca di piante antiche, hanno anche fatto una legge per proteggere il paesaggio dell’ulivo. Tutte queste piante che vengono mandate al nord, spesso in Lombardia dove sono sovente schiantate dal gelo, una volta sradicate trasformano il paesaggio originario. Tutti questi ulivi caratterizzavano un tratto delle Puglie perpetuandone l’immagine naturale. Se non ci sono più, le aree saranno diventate urbanizzate, oppure agricole di diverso tipo».

E in Liguria?
«Sarebbe importante conservare al meglio quelli che abbiamo, seppur non millenari. Penso a tutte le piante sacrificate per creare dei box in collina. Insomma, ci indigniamo per l’Acquasola ma poi, magari, apprezziamo questo tipo di giardino senza pensare cosa c’è dietro, ovvero lo sradicamento di un ulivo dalla sua collocazione naturale».

Invece?
«Sarebbe meglio un prato con tante specie del Mediterraneo, più colorato, che sopporti meglio l’aridità. Gli olivi conserviamoli».

A Euroflora ci siete anche voi dell’Università e avete pure il vostro “vecchietto”.
«Sì con uno stand che ospita una collettiva degli orti botanici e una mostra didattica. E il nostro “vecchietto” è un fossile, un tronco ricavato dalle torbiere della val d’Aveto di 4mila anni».

http://preve.blogautore.repubblica.it/2011/04/19/fenomeni-da-baraccone-euroflora-e-lulivo-millenario/

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12 Commenti a Il calvario dell’ulivo deportato dalla Puglia

  1. Certo è che siamo proprio strani e non riusciamo minimamente ad apprezzare ciò che abbiamo ! Sradichiamo i nostri olivi millenari per abbellire i giardni del nord e….. piantiamo i cipressi al sud !!! Voi direte ma non capisco la battuta ! Andate sul mio blog http://www.robertogennaio.it e leggete l’ultimo post da me inserito… a voi le considerazioni.

    • giustissima osservazione Roberto! ma non condivido neppure le tante palme che anni fa invasero il Salento. Fui ferocissimo con l’allora agrotecnico del mio Comune, che aveva esaurientemente “abbellito” viali e aiuole con palme, comprese quelle da frutto. Suggerii di piantare alberi con la chioma, che dessero refrigerio alla calura estiva. In parte ci riuscii, ma il grosso era stato ormai fatto… quanto abbiamo ancora da fare!

  2. Ho letto con attenzione il tuo pezzo Roberto, che dire, alziamo le mani e recitiamo non tanto i versi del Carducci che tu riporti, ma quelli del Foscolo che mi paiono più adeguati: “All’ombra de’ Cipressi…”. Chissà se il poeta, passando redivivo da Ugento, riscriverebbe i suoi versi che si riferivano all’ombra dei cimiteri, non a quella sotto cui i bagnanti cercano refrigerio sulle spiagge…umorismo macabro dei nostri amministratori!!!

  3. Ma non solo ville. Sovente i nostri ulivi finiscono al centro delle rotatorie stradali dei piccoli comuni che circondano le grandi città (ad esempio l’hinterland di Torino) come “elementi di decoro urbano”. Triste destino.

  4. concordo! 10 minuti di riflessioni. Per qualsiasi età e condizione. E non solo per i salentini… grazie ad Angelo per avercelo segnalato

  5. Il calvario dell’ulivo diventa automaticamente il calvario sentimentale dell’uomo.
    Oh, quanto è didattico questo video! E non soltanto a favore del rapporto uomo-natura, ma anche nella costruzione di un ponte coscienziale che abbia come meta, se non il rispetto, per lo meno l’umana e solidale comprensione da parte dei giovani nei confronti della fragilità emotiva degli anziani.

  6. Penso, purtroppo, da anziano, che non si può pretendere rispetto o solidale comprensione per la nostra fragilità emotiva da parte di chi è, forse pure per nostra colpa, infinitamente più fragile di noi…

  7. Gli occhi inorridiscono consigliati dalla mente, scrigno prezioso dei ricordi. Attraverso lo sguardo diventiamo albero, filo d’erba, terra rossa di segreti e di passi che calcano le radici dei nostri ulivi. Straripa l’amore in un’occhiata, da quella si riversa in ogni vaso del tronco il soffio magico di mille e cento soli, di ventimila giornate passate al fresco di un’anima salva, di un milione di sorrisi per una promessa mantenuta e di diecimila lacrime per un dolore bugiardo e ingiusto.Un uomo non sopravvive a un tradimento, un tradimento non fa vivere un ulivo. Libertà condizionata in terre di altri colori, linfe contaminate da altri umori…Le gloriose tribù di posti sconfinati e lontani adoravano i vecchi alberi, totem divini di una saggezza al di sopra della scrittura, della legge degli uomini, della miseria degli istinti. Fredda scende la lama nel cuore di chi vede l’ulivo testimone di collane di vita, circondato da prati inglesi e vegetazione straniera, punto dalle arie gelide e incolori del macabro senso del bello a discapito del sacro rispetto del vivo.

  8. DISTACCO
    In fuga da una terra bruciata dalle leggi dell’onore e dall’amore vietato, un giorno lontano mi incamminai, con una valigia senza ricordi, né memorie, sulle vette del Nord. Le dolci distese di ulivi e le acque azzurre del mare divennero per me vertiginose montagne dolomitiche, aria rarefatta, deserta solitudine e preghiere lungo i sentieri segnati dalle croci di campagna, quasi a ricordarci che lungo il nostro cammino in ogni croce c’è il dolore dell’uomo. L’essere umano mi divenne per lungo tempo estraneo. Non amavo più, non cantavo, non germogliavano emozioni né si tingevano di colori i miei antichi paradisi. Strappata alle mie radici, mi rinchiusi nel mio tronco selvaggio ove la linfa viva scorreva di nascosto come l’acqua sotterranea fresca e incontaminata della nostra terra carsica.
    Giovani e vecchi, siamo uniti dall’indissolubile legame con la natura. Noi siamo ciò che la terra che ci ha dato alla luce è. E, anche se fuggiamo o corriamo nel mondo, anche se la vita o i nostri sogni ci conducono altrove, il nostro respiro è là dove ninne-nanne ci hanno cullato, dove alberi maestosi sono stati testimoni dei nostri giochi segreti e dei nostri amori, ma anche delle fatiche di una terra non sempre generosa.
    Ma tutto ritorna a ricordarci che l’uomo non può strappare con la violenza ciò che la terra ha generato.
    Grazie Angelo per questo bellissimo video.

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