I rischi della circolazione

di Armando Polito

Col fenomeno indicato nel titolo dobbiamo fare quotidianamente i conti sia da pedoni che da automobilisti e anche per i più disciplinati c’è sempre in agguato il cavallo di battaglia di tutti gli avvocati: il concorso di colpa. Qui ne intendo parlare metaforicamente con riferimento alla circolazione (perché pubblicate) di certe etimologie che sarebbe ipocritamente eufemistico e criminalmente generoso definire discutibili e che utilizzate passivamente per pigrizia o scarsa o nulla competenza specifica configurano il concorso di colpa che, al limite, può accontentare tutti, ma non rappresenta il trionfo della verità e della giustizia.

SPRINGÌRE Corrisponde all’italiano spingere ed ha la stessa etimologia, tant’è che il Rohlfs (che ad onor del vero registra, secondo me per errore di informazione, per Nardò, nonché, nel Leccese,  per Aradeo, Melendugno e nel Brindisino per San Pancrazio Salentino e San Pietro Vernotico sprìngere invece di springìre, registrato, insieme con il precedente, pure per Aradeo) nemmeno ne accenna. Il Garrisi, invece, registra sprìngere e sprengìre facendoli derivare da un “incrocio tra il latino expangere=frangere e l’italiano spingere”. Ora è più che certo che in latino expangere non esiste come lo è il fatto che l’italiano spingere deriva da un latino *expìngere composto dalle voci classiche ex=lontano da e pàngere=fissare. Il passaggio dalla a di pàngere alla i di *expìngere è un fenomeno assolutamente normale (basta pensare al verbo àgere ed al suo composto exìgere). Anche lo spostamento dell’accento da expìngere a spingìre è nel dialetto neretino un fatto assolutamente normale: basta pensare a liggìre che, come l’italiano lèggere è dal latino lègere, a critìre che, come l’italiano crèdere è dal latino crèdere, etc. etc.

E per la r iniziale in più di springìre rispetto a spìngere? Si tratta di una consonante epentetica espressiva, cioé aggiunta per enfatizzare fonicamente il concetto, così come è successo, per esempio, in scrufùlare, per il quale vedi il post Rischio di scrufulàre? Meglio stare fermi! del 9 marzo u. s.

TAFANÀRU Nel significato di deretano la voce è registrata dal Rohlfs per Lecce, Gallipoli, Otranto e Squinzano (nella variante tafanàriu a Oria e tafanàrie a Massafra). L’etimologia non è indicata, come al solito succede nell’opera del Rohlfs quando la voce è molto vicina alla corrispondente italiana, che in questo caso è tafanario, forma aggettivale da tafàno (per l’abitudine che ha questo insetto di pungere il posteriore dei quadrupedi), dal latino tabànu(m). Per il Garrisi, invece, la voce latina si è incrociata con il leccese farnàru (=setaccio). É evidente che farnàru viene messo in campo per spiegare la terminazione –àru di tafanàru; essa però costituisce da sé uno dei suffissi più frequenti (insieme con l’italiano –àro, –àio e –àrio per la formazione di voci derivate) e non c’è, quindi, la minima esigenza, nemmeno ipotetica, di invocare un incrocio, tanto più che il termine messo in campo (farnàru) si mostra poco congruente, anche se il Garrisi, riportando anche la definizione di “sedere piuttosto appiattito”, avrà pensato ad un rapporto di somiglianza col setaccio.

UTÀRE Corrisponde all’italiano voltare, con cui condivide l’etimologia: dal latino volutàre, a sua volta dal supino volùtum di vòlvere (come captum di càpere ha dato captàre, etc. etc.); solo che, mentre in italiano si è avuta la sincope solo di –u– atona,  in utàre è caduta l’intera sillaba e in più c’è stata la normalissima aferesi di v– (v– sopravvive, comunque,  in parecchie varianti salentine). Si tratta di fenomeni così semplici e lineari che il Rohlfs ritiene superfluo fornire l’etimo. E il Garrisi: “da un incrocio tra italiano voltare e rotare”.

La conclusione è che gli incroci sono, comunque, pericolosi: se esistono e non rallentiamo (in filologia leggi riflettiamo) rischiamo di procurare un incidente; se esistono solo nella nostra fantasia e rallentiamo, crogiolandoci in essa,  rischiamo di coinvolgere in un tamponamento chi, magari imprudentemente, ci segue. Ma possiamo sempre applicare il gioco dello scaricabarile che è poi, in modo appena più spinto, la versione volgare (solo a livello formale, purtroppo, perché la sostanza non cambia) del concorso di colpa.

* -Scrivi che io credevo che ci fosse un incrocio e ho frenato all’improvviso perché dovevo voltare. Ho sentito chi mi veniva dietro spingere il posteriore della mia macchina, che così si è trovata abbracciata a questo palo…-

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