Una voce sfuggita al Rohlfs

Quella t in più.

di Armando Polito

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spratticàre nel dialetto neretino significa impratichire, rendere esperto. La voce stranamente non compare nel dizionario del Rohlfs ma pure ad uno scalcagnato come il sottoscritto è facile individuarne l’etimologia: la voce risulta composta da s– intensiva (dal latino ex) e da pratticàre (il neretino usa praticare, tal quale la forma italiana) che dal XIII secolo fino alla prima metà dell’800 si alternò nell’uso, insieme con prattica, rispettivamente a praticare e a pratica.

In alto prattica in tre frontespizi rispettivamente del XVI°,  XVII° e XVIII° secolo.

Sicuramente, però, prattica è la giovane madre di pratica come dimostra la più diretta filiera etimologica: dal latino tardo pràctica(m), femminile sostantivato (per eliminazione del sostantivo artem che l’accompagnava) dell’aggettivo pràcticus/pràctica/pràcticum, dal greco praktikós, da praksis=azione, a sua volta dal verbo prasso=fare; da pràctica(m), poi, per assimilazione –ct->-tt-, nacque pràttica e da lei la forma (con lo scempiamento di –tt-), intesa probabilmente come più elegante, pràtica destinata (definitivamente?) ad imporsi.

E spratticàre continua a conservare in sé il ricordo del passato. Ma per quanto ancora se le giovani generazioni hanno già sostituito pratica con l’anglofilo (in realtà, senza che nessuno glielo dica, neolatinissimo1) experience?

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1 Dal francese experience, che è dal latino exeperièntia, a sua volta dal verbo experìri (per il quale vedi la nota 2 del post La marcia in più del dialetto del 26 ottobre u. s.).

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5 Commenti a Una voce sfuggita al Rohlfs

  1. Un grazie ad armando anche per l’iconografia d’epoca…
    “Val più la prattica che la gramatica” recitava un vecchio adagio…
    Però avrei piacere che il caro Armando ci illustrasse non solo quanto già fatto nel post, ma anche qualcosa circa la diffusione del lemma nel salento! visto che ad es. a Gallipoli già 50 e più anni fa non era poi così diffuso.
    Rientrato a Roma consulterò qualche vocabolario dialettale (oltre quello del citato “guru” Rohlfs, ma magari frattanto Armando ci avrà ulteriormente deliziato”…
    buon fine settimana a tutti!

  2. Caro Luigi, io posso solo testimoniare di aver sentito usare a Nardò “spratticàre” da quando ero ragazzino. La prima edizione del primo volume del vocabolario del Rohlfs risale al 1956 e non è da escludersi che la sua mancata registrazione anche nelle edizioni successive sia dovuta alla rarità del termine o, meglio, alla sua scarsa diffusione. Un aiuto decisivo può venire da qualche gentile lettore di altre zone del Salento, lettore che io, insieme con te, ringrazio fin da ora.

  3. Sprattecà nel dialetto napoletano è voce antica presente nel proverbio ‘A prateca spratteca, e ‘a scola ‘nzegna”; datare il proverbio è difficile ma per fortuna la voce compare pure nell’opera di Nunziante Pagano “Le bbinte rotola delo Valanzone” pubblicata a Napoli nel 1787 da Porcelli nel tomo XVII della “Collezione di tutti i poemi in lingua napoletana” (pag. 215: a sprattecà lo suio nnìgno costumma).

  4. Caro Armando, è sempre un piacere leggerti, specie quando vieni a farci visita nel napoletano, di cui sei appassionato cultore. I confini dei tuoi interessi non hanno limiti territoriali e temporali.
    Per il mio dizionario raccolgo la tua citazione di Nunziante Pagano e ti rendo questa più recente;
    Napoli. – 19l6
    Luigi Molinaro Del Chiaro
    Canti popolari
    RACCOLTI IN NAPOLI
    con varianti e confronti nei varii dialetti
    Stròppole pe’ sprattechì ‘a lingua.

    Nel mio dialetto torrese, al verbo sprattichirse si aggiunge l’aggettivo spratteco, poco esperto.

  5. Caro Salvatore, ti ringrazio delle belle parole ma ancor più per la preziosa citazione. L’avrei fatto anche se essa non avesse portato ulteriore acqua al mio mulino e mi auguro che il tuo intervento stimoli la collaborazione attiva dei miei conterranei. Tu lo sai, ci tengo più, da ricercatore dilettante, alla comunicazione di un dato, magari discutibile, che ad un complimento sincero che a lungo andare rischierebbe solo, forse, di alimentare il mio narcisismo ma non la mia sete (che è pure la tua) di conoscenza.

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