Speriamo di non essere ricordati come la generazione che ha assistito impotente alla disfatta del Paesaggio rurale!

 

 

ph Francesco Lacarbonara

 

di Antonio Bruno
L’8 ottobre a Lecce, in occasione della quarta Conferenza economica, i presidenti diCia-Confederazione italiana agricoltori, da Confagricoltura e da Copagri Giuseppe Politi, Federico Vecchioni, Franco Verrascina hanno sottoscritto un documento unitario sulla Pac post 2013. In questa nota le obiezioni sollevate da un dottore agronomo.
Tre delle quattro organizzazione delle imprese agricole hanno presentato a Lecce un documento per la Politica Agricola Comune del dopo 2013 che, tutto sommato, ripropone i tre assi della PAC 2007 – 2013 ovvero pagamenti diretti, misure di mercato e assi dello sviluppo locale.
Inoltre secondo Cia, Confagricoltura e Copagri la Pac del dopo 2013 dovrà contenere nuovi e, rispetto ad oggi, più’ efficaci strumenti per favorire la ricomposizione fondiaria, il ricambio generazionale e l’ingresso dei giovani in agricoltura.
Il dibattito di Lecce ha decretato la convinzione che la Pac non potrà’, da sola, aiutare i produttori agricoli a superare le criticità’ della nostra agricoltura ed a valorizzare e consolidare le tante eccellenze ed i punti di forza. A Lecce pare sia stato detto a chiare lettere che i produttori agricoli italiani hanno bisogno di un progetto per l’agricoltura perchè le imprese agricole, soffrono la concorrenza esercitata da paesi che hanno il vantaggio di minori costi produttivi o di più’ efficienti dimensioni strutturali ed organizzative.
Scrivo ciò che penso e quindi mi chiedo e chiedo ai produttori delle organizzazioni Cia, Confagricoltura e Copagri sono a conoscenza che le risorse che l’Unione Europea destinerà all’agricoltura dopo il 2013 saranno inferiori a quelle del 2007. Ecco perchè le richieste del documento di Lecce mi sembrano un atto dovuto, nella consapevolezza che non potranno essere soddisfatte.
Un po’ come se le organizzazioni convenute a Lecce partissero dalla convinzione di salvare quanto più è possibile dei fondi che vengono da Bruxelles destinati ai produttori agricoli.
Che cosa dire agli agricoltori che già quest’anno si sono visti tagliare risorse per oltre un miliardo di euro, e che hanno subito la soppressione degli interventi per le imprese come la fiscalizzazione degli oneri sociali e il ‘bonus gasolio’?
Possiamo impedire a questi produttori di rivendicare? Io non penso!
Il Prodotto interno lordo dell’agricoltura si è ormai attestato da anni intorno al 2 -3 % e nonostante questo Cia, Confagricoltura e Copagri sostengono che gli interventi di mercato devono continuare ad esser previsti, rafforzandoli notevolmente rispetto alla situazione attuale, al fine di garantire minore volatilità’ dei prezzi e maggiore equilibrio tra domanda e offerta, quindi sempre secondo queste organizzazione dei produttori agricoli vanno sostenuti gli investimenti aziendali (innovazione tecnologica), il ricambio generazionale, l’integrazione di filiera e la promozione all’export.
Che altro potevano scrivere i rappresenti dei produttori agricoli? Mi chiedo e vi chiedo se gli imprenditori agricoli, quelli che producono per il mercato, siano i proprietari di tutto il paesaggio agrario nazionale. Per esempio lo sapete che nella provincia di Lecce ci sono la maggior parte di tutti i proprietari delle province pugliesi? Nel Salento leccese ci sono circa 200 mila proprietari! La provincia di Foggia ha solo 80 mila proprietari. Ma dei 200 mila proprietari del Paesaggio agrario solo pochissimi producono per il mercato invece la totalità eroga servizi ecosistemici a tutta la collettività! Molti di questi proprietari del Paesaggio agrario sono costretti all’abbandono e questo accade nel Salento leccese ma anche nelle aree di Montagna dove non è più conveniente coltivare. L’abbandono del territorio comporta l’aumento del rischio idrogeologico e per conseguenza un costo altissimo per la collettività in termini di perdite vite umane e capitali.
L’interesse pubblico dei servizi ecosistemici è ormai pacifico e il messaggio che tento di lanciare è finalizzato a concentrare l’attenzione dei proprietari del Paesaggio rurale che poi è il 95% dell’ambiente dell’Europa si riponga sui “servizi ecosistemici” e sulla relazione tra rischio idrogeologico, conservazione dei servizi ecosistemici ed economia. Nel dibattito sulla PAC, anche quello che si è appena concluso a Lecce, nessuno ha evidenziato il collegamento tra danni al territorio e servizi ecosistemici resi dai proprietari del Paesaggio rurale. Ogni azione politica che
intenda sostenere lo sviluppo sostenibile, sia nel breve che nel lungo periodo, deve riconoscere il valore economico dei servizi ecosistemici.
In letteratura si ritrovano numerose definizioni di servizi ecosistemici (Costanza et al. 1997; Daily
1997; Scott et al. 1998; Luck et al. 2003). Nel contesto della PAC per servizi ecosistemici intendo le
condizioni e i processi attraverso i quali gli ecosistemi del paesaggio rurale e le specie che vi appartengono, sostengono e mantengono la vita umana. Essi sono fondamentali per la vita, ma gravemente minacciati dalle attività umane (Daily 1997; Costanza & Folke 1997; Heal 2000) e dall’abbandono dell’attività di manutenzione dei proprietari del paesaggio rurale europeo.
La mia proposta è quella di calcolare il valore in Euro dei servizi ecosistemici resi alla collettività dal paesaggio agrario in possesso di ogni proprietario e di riconoscere agli stessi un pagamento economico per una parte utilizzando i fondi che invece in questa PAC 2007 – 2013, sono stati utilizzati per i pagamenti disaccoppiati. Le stesse organizzazioni dei beneficiari ritengono che i pagamenti disaccoppiati sono compensativi di una situazione pregressa che concedeva garanzie di prezzo e di mercato. Inoltre il criterio di assegnazione delle risorse economiche, sempre a detta delle stesse organizzazioni dei produttori, non risulta del tutto giustificabile dopo diversi anni di applicazione. Il tutto sarebbe risolto dal pagamento dei servizi ecosostemici a tutti i proprietari del Paesaggio agrario infatti tra i proprietari del paesaggio rurale ci sono anche i produttori agricoli.
I passaggi dovrebbero essere la valutazione annuale dei servizi ecosistemici erogati alla collettività che potrebbero essere pagati ai proprietari in parte con i fondi che prima venivano impiegati per il disaccopiamento e, per la parte restante, direttamente dai cittadini beneficiari dei servizi.
Rinnovo l’invito ad aprire un dibattito su questa proposta perchè c’è necessità di confrontarsi. Mi permetto di suggerire l’approccio partecipativo alla Politica Agricola Comune che implica il coinvolgimento attivo dei beneficiari potenziali nelle diverse fasi, a partire dalla sua ideazione. Mi meraviglia che Dacian Ciolos, nuovo commissario UE all’agricoltura e al Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro non abbiano attivato Processi decisionali inclusivi e di progettazione partecipata alla Politica Agricola Comune 2014 – 2020. Spero che leggano questa mia nota e che concordino sull’utilità di questi strumenti e di conseguenza spero di vederli attivarti al più presto.
Oggi è il 47° anniversario del disastro del Vajont che costò la vita a circa duemila persone: non si dette l’allarme per far allontanare la popolazione e la memoria di quella strage annunciata deve servire da lezione per i disastri che potrebbero continuare in funzione della mancanza di manutenzione del territorio che è per il 95% Paesaggio rurale. Oggi c’è un nuovo pericolo, il pericolo di assistere a alluvioni a ripetizione soltanto perchè si continua a guardare al territorio rurale con gli occhi di mezzo secolo fa, come se fossimo ancora l’Italia del dopo guerra. Le generazioni che ci hanno preceduto prima hanno perso la guerra ma dopo hanno vinto il dopoguerra! Speriamo di non essere ricordati come la generazione che ha assistito impotente alla disfatta del Paesaggio rurale!

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