Libri/ La Maglie di Emilio Panarese

 

La ricerca locale come militanza di impegno civile. La Maglie di Emilio Panarese

di Albarosa Macrì Tronci

Nell’elegante veste tipografica (legatura e lucida sovracoperta con locali dipinti settecenteschi) della meritoria “Biblioteca di cultura pugliese” dell’editore Congedo di Galatina, vede la luce il monumentale volume di Emilio Panarese su Maglie (1995). Opera poliedrica, quanto e più non dicano i quattro titoli esplicativi: L’ambiente, La storia, Il dialetto, La cultura popolare. Elaborazione di una ricerca maturata lungo l’arco di un’intera esistenza, tutta spesa nella paziente fedeltà a un appartato e coraggioso lavoro di consultazione e scavo di fonti documentarie e storiche, di ricostruzione e interpretazione di ambienti e di epoche, di spogli e glossari, in un ampio ventaglio di direzioni aperte tra storia e linguistica, araldica e toponomastica, storia dell’arte e dialettologia, urbanistica e letteratura, stratificate e intrecciate attraverso le 490 pagine di cui si compone il volume.
Lavoro meritorio, quindi, nella duplice prospettiva dell’autore all’attivo di un’opera da fare appetito a cattedratici del ramo e del ricevente, quel pubblico magliese e generalmente salentino, glorioso nella tradizione, ma troppo spesso impigrito e dimentico. Al quale è rivolta la ricerca di E. Panarese, radicatasi nell’amore per la propria terra, che diventa ricerca scientifica coniugando rigore di studio (vedi la sterminata consultazione di documenti dai contemporanei alle secentine) al gusto della notizia, della scoperta, della tradizione, sentita come patrimonio collettivo, prima che personale.
Così si muove l’autore, con un rispetto profondissimo, sacro, per una civiltà, la propria, sedimentata da millenni, coerente e fedele in una esemplare corrispondenza sincrodiacronica di usi e di aspetti architettonici, di lingua e di arte, esclusivi di una terra integra e feconda, indenne da contaminazioni estranee a quelle assimilate e fuse nel gruppo originario messapico-greco-salentino.
Scandaglio a tutto campo, quindi, unito alla fiera passione di chi è dentro quel mondo e ne riscopre le radici per alimentarle e ridare nuova forza e nuovo slancio. Non opera antiquaria, ma militante di impegno storico-civile: che è il più bel messaggio che si possa trasmettere alle generazioni future.
Di tutto questo è dato ampio merito nell’importante Presentazione di Nicola G. De Donno, che è voce appassionata ed autorevole dell’amico e storico, con cui si sono condivisi decenni di confronto costante nello stesso terreno di ricerca e di impegno intellettuale e civile.
A testimoniarne il vigore, qui basti scorrere i capitoli XI, XII, XIII, centrali nella ricostruzione della storia magliese dalle origini prelatine ad oggi. Ci muoviamo a partire dal decennio 1880-1890, audace ed effimero della nascita ed organizzazione del primo movimento contadino e operaio attraverso le Società di mutuo soccorso, “fatto nuovo ed insolito … per la sonnolenta vita politica e cittadina”. Iniziative velleitarie, confuse tra istanze illuministiche e un “tiepido socialismo”, in breve naufragate di fronte “al protettorato paternalistico dei ricchi borghesi, da sempre amministratori della cosa pubblica”, nell’aggravarsi della situazione economica segnata “dal periodo più nero della disoccupazione e dell’accattonaggio”.
Panarese ha voce energica nel restituire verità storica ad un quadro compromesso da ottiche campanilistiche, dove per esempio è contestato a studiosi locali del rilievo di S. Panareo e di C. De Giorgi che “Maglie non era, tra ‘800 e ‘900, quell’isola arcadica della felicità”, né “il paese più ricco della provincia”, bensì “dietro la crosta laccata di una Maglie oleografica e convenzionale noi vi scopriamo con il laser di documenti amari disperazione e povertà. In una delle più avanzate città del Salento, che mal celava sotto una dignitosa mantiglia le miserie del terzo mondo di Terra d’Otranto, non era raro trovare nelle pubbliche strade poveri infelici assiderati e quasi privi di vita” (p.248). Se è vero che “le società mutualistiche furono un’esperienza negativa”, esse prepararono però il terreno alla nascita del leghismo e ai grandi scioperi del 1906, anch’essi destinati a. naufragare “mancando un’organizzazione sindacale vera e propria” nello scontro con “la resistenza e la guerra fredda dei grossi capitalisti agrari” e la miseria dei contadini costretti a fare i conti col pane quotidiano.
È un quadro complesso e drammatico di spinte democratiche e repentini fallimenti che segnano dolorosamente la storia del nostro Salento (microcosmo di ogni Sud umiliato da secolare abbandono), culminando nell’asfittico conformismo del ventennio fascista, purtroppo sopravvissuto sotto vecchi e nuovi camuffamenti sino ad oggi.
Eppure Maglie era società urbana sana e vitale, cuna di un artigianato tra i più ricchi e creativi nei vari settori dal legno al ferro battuto, dal ricamo a “punto Maglie” alla scultura, fiancheggiato da prestigiose scuole tecniche e da laboratori all’avanguardia (cap. X).
E lo storico è fedele ed appassionato ricognitore della vita culturale prosperata intorno all’illustre Collegio Capece, motore dell’istruzione scolastica e al dibattito anche giornalistico che di là si avviò, già alla fine del secolo scorso col glorioso “Studente magliese” (1879-1884). Eredità continuata in un’attività di stampa di interesse vario, tra cui è segnalato il coraggioso quanto effimero “Grido dei liberi” (1904), “un quindicinale politico socialista”, che “nel clima delle lotte sindacali … rivendicava i diritti della classe contadina e operaia», fino all’ormai storico ”Tempo d’oggi” (1974-1980). (Su tutto questo rimando al cap. La stampa e l’arte tipografìca. pp. 336-345).
Su un altro versante di ricerca è importante segnalare la sezione sul dialetto (Cap. XII, Il dialetto e la letteratura), dove la perizia del linguista ricostruisce la linea di continuità dalle radici messapiche alle soluzioni odierne sull’opposta sponda del mescidamento massificato e delle sapienti elaborazioni della poesia vernacolare. Da rilevare le ampie e rigorose schedature lessicali per aree di assorbimento che occupano venti intere pagine attraverso latinismi e neolatinismi; grecismi e neogrecismi; normandismi, provenzalismi e francesismi; longobardismi/ germanismi; ispanismi e arabismi (pp.395-415).
Un prezioso capitolo sulla letteratura in dialetto esplora un terreno fecondo, che va dalla raccolta di prose e poesie di Orlando De Donno e Pietro Pellizzari attraverso le gustose versificazioni di C. Valacca e di P. De Lorentiis alla variegata attività in dialetto del secondo dopoguerra, da cui si stacca, per diverso rilievo letterario, l’ampia produzione di Nicola De Donno, che “ha innalzato a vera dignità artistica il dialetto magliese e ne ha fatto, a diversi livelli, formali e informali, uno strumento linguistico-tecnico di varia e ricca inventività, di efficace espressività fonicotimbrica, di immediatezza ritmica” (p.419).
La sezione del dialetto continua e chiude con un ampio regesto di indovinelli, cunti, canzoni, canti …
Dovunque un rigore di ricerca (è d”obbligo rilevare l” indagine sul toponimo tutta condotta su studi personali, pp. 23-34) evidente nel fitto corredo di Note e degli apparati con Bibliografia di fonti documentarie, Appendice, Indice analitico … E non ultimo il materiale fotografico di preziose stampe antiche e moderne, schizzi, planimetrie e mappe, copie anastatiche di testate e frontespizi, trine e merletti, cartoni pubblicitari, ecc. E quindi l’opera è anche prezioso catalogo da sfogliare e leggere a mo’ di passatempo, immergendosi nella lettura qua e là, dove l”occhio ti porta, dove ritrovi un antenato, un amico, una personalità conosciuta. E dove puoi ridestare dietro quella, dietro il ricco corredo di notizie serie ed amabili, tutto un mondo, che è passato, eppur vivo, identificandosi in esso e anzi trovandosi ognuno inverato, riconosciuto, illuminato. Così l’opera corre nelle mani di tutti (è augurio e fiducia!), anche dei meno dotti, di chi può trovare orgoglio di partecipare ad una continuità ideale, oltre che storica.

 
(in “Presenza taurisanese “, inserto cultura, 6/11 ottobre 1995)
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