Notizie utilissime per chi possiede alberi di olivo

 

Un olivo è come un bimbo che deve essere ben guidato e non costretto… nella sua crescita

di Antonio Bruno

L’olivo del Salento leccese non produce ogni anno e ciò accade quando i frutti vengono lasciati sull’albero sino a gennaio, febbraio in maniera da sovramaturare per poi essere raccolti dopo la caduta spontanea.
La raccolta precoce effettuata con il distacco forzato delle olive dalla pianta con l’ausilio degli scuotitori o di altre macchine ed una potatura leggera annuale, riducono il fenomeno dell’alternanza di produzione.
Se abbiamo una pianta di olivo e vogliamo fare in modo di correggere i sistemi sbagliati di allevamento e di potatura ci sono tanti studi che contribuiscono ad ottenere questo obiettivo. E nel 1928 il collega Benvenuto Murri si avventura a dare dei suggerimenti per consentire l’esecuzione di una potatura razionale dell’olivo.

“La qualità nasce nel campo” questo detto è riferito a quei prodotti alimentari che dopo essere stati raccolti vengono trasformati, ed questo il caso delle olive che dopo la raccolta vengono portate al frantoio per essere sottoposte alla molitura da cui si ricava l’oro giallo, l’olio della sapienza e dell’amicizia.
Il Salento leccese possiede un patrimonio immenso di oliveti, e tra questi vi sono gli olivi millenari che rappresentano l’adattamento delle varietà di olivo all’ambiente del Salento leccese. Purtroppo la carie del legno, che falcidia gli alberi di olivo e che viene combattuta con i tagli inferti dall’opera dell’uomo, fa si che non ci sia il legno vecchio, ovvero il cuore dei tronchi contorti dell’albero di olivo, purtroppo tale circostanza ci impedisce di datare con esattezza l’età delle piante. Ma se facessimo uno studio per mapparle geneticamente avremmo la gioia e la meraviglia di osservare il percorso dei coloni che vennero dalla Grecia, dei Cartaginesi, dei Saraceni, degli Svevi, dei Monaci Basiliani, dei Borboni e dei Francesi.

La presenza di tutti questi popoli nel Salento leccese e il loro legame con la pianta dell’olivo è la prova che l’uomo ha portato con se quelle piante e le ha messe a dimora e quando si è spostato di nuovo se l’è portate con se. Questa opera paziente e piena di attenzione dell’uomo ha fatto si che oggi siamo in possesso di un enorme patrimonio genetico.

L’olivo del Salento leccese non produce ogni anno e ciò accade quando i frutti vengono lasciati sull’albero sino a gennaio, febbraio in maniera da sovramaturare per poi essere raccolti dopo la caduta spontanea.
In tali condizioni la pianta non differenzia in inverno le gemme a fiore e, nell’annata successiva, sulla pianta ci saranno pochi frutti e quindi poca produzione di olio.
Se poi effettuiamo una potatura energica dopo l’anno di carica ecco che il fenomeno viene accentuato.

La raccolta precoce effettuata con il distacco forzato delle olive dalla pianta con l’ausilio degli scuotitori o di altre macchine ed una potatura leggera annuale, riducono il fenomeno dell’alternanza di produzione.
Gli scienziati del primo Novecento dicevano “L’olivo si pota con il temperino” e tra questi scienziati c’è anche il collega Dottore Agronomo leccese Benvenuto Murri.

Se abbiamo una pianta di olivo e vogliamo fare in modo di correggere i sistemi sbagliati di allevamento e di potatura ci sono tanti studi che contribuiscono ad ottenere questo obiettivo. E nel 1928 il collega Benvenuto Murri si avventura a dare dei suggerimenti per consentire l’esecuzione di una potatura razionale dell’olivo. La questione è tutta racchiusa nelle nozioni di fisiologia che dovrebbero essere il dominio incontrastato dei professionisti che guidano le squadre di potatori. In quegli anni il collega Murri si imbatté in specialisti potatori dell’olivo che seguivano i dettami prescritti da un antico proverbio “ulia te cimatura e fica te basciatura”.
Il collega afferma che tale proverbio induce a fare un gravissimo errore. Se è facile osservare che i nostri alberi hanno più frutto sulle cime rispetto agli altri rami dobbiamo avere la consapevolezza che tale comportamento dell’albero di olivo deriva da modo sbagliato di potare. Infatti potando in modo da favorire le cime dove erroneamente riteniamo avvenga in maniera esclusiva la fruttificazione e quindi tagliando sotto, la linfa affluisce più facilmente alle cime, lasciando poco alimentati gli altri rami inferiori.

Tenuto conto della fisiologia ne deriva che la potatura deve essere eseguita adottando il sistema dello svasamento, con il risultato di avere i rami non tutti perpendicolari ma obliqui tendenti a terra. In tal modo si ottiene il risultato di una uniformità di distribuzione della linfa che determinerebbe un minore aborto fiorale e in definitiva un prodotto uguale su tutti i rami.
Tutto questo deriva dall’applicazione della scienza agraria che proprio perché adotta il metodo scientifico arriva a conclusioni dopo pazienti esperimenti e prove comparative continue.

Come è noto la potatura si compone di interventi di potatura di formazione e di interventi di potatura di produzione o RIMONDA DEGLI ULIVI.
La prima e cioè la potatura di formazione o di allevamento, ha lo scopo di dare alla pianta dell’olivo una forma razionale, che in questa pianta nel 1928 era soprattutto quella a vaso. Come consiglia di eseguirla il collega Murri? Secondo il collega la prima operazione che il potatore deve fare è quella di stabilire bene l’altezza del futuro tronco, qui nel Salento leccese nel 1928 l’altezza che suggeriva l’esperienza doveva essere di metri 1,50 – 1,70 e non oltre e la ragione di questa scelta era collegata nell’esecuzione agevole dei lavori di potatura, rimonda, raccolta delle olive, irrorazioni. Il collega precisa che altezze maggiori del tronco rende più difficili e quindi costosi questi interventi sull’albero oltre che costituire una dispersione di materiali nutritivi.
L’olivo così costituito tornava ad essere interessato da interventi di potatura dopo due o tre anni quando, così come già scritto, si taglia il tronco all’altezza di metri 1,50 – 1,70 e su tre ramoscelli si impalca l’albero di olivo avendo l’accortezza di sceglierli in maniera tale che siano opposti ed equidistanti tra loro.
L’anno successivo i tre rametti lasciati l’anno precedente si tagliano a 60 centimetri dal loro punto di inserzione al tronco e su due gemme laterali ed opposte.
Allo stesso modo si continua nei 3 – 4 anni che seguono ottenendo alla fine il risultato di una pianta composta da 24 rami.

La potatura di produzione è corrispondente alla rimonda. Questa potatura è importante perché e dalla suo corretta esecuzione che dipende il successo produttivo dell’albero di ulivo.
Secondo il collega Murri è un errore madornale trascurare di fare questa potatura ogni anno. Infatti potando ogni anno si ha il risultato di equilibrare la produzione ottenendola costante ed inoltre non si sarebbe costretti, così come avviene quando pratichiamo la potatura discontinua, a fare grossi tagli che come sappiamo sono sempre dannosi.
In quegli anni si effettuava la potatura discontinua perché i proprietari, con il prodotto in rami e legno della stessa, pagavano la mano d’opera e magari ci guadagnavano anche qualche cosa.
Solo che tale guadagno accecava i proprietari dalle conseguenze della potatura forte che ha come naturale epilogo di vedere la pianta dell’olivo impegnata dopo tale intervento alla sua ricostituzione, e solo dopo che ciò sia avvenuto, destinare le energie a fare le olive.

Ma se la potatura è di produzione l’azione dei potatori dovrebbe essere informata dalla esigenza di mantenere l’equilibrio fra la parte aerea e le radici, operazione altamente delicata, perché bisogna anche proporzionare i rami fruttiferi, togliere i succhioni, il secco e quei rami torti che non hanno una posizione regolare e che impediscono il passaggio della luce e dell’aria e oltre a tutto questo necessita distribuire uniformemente tutta la ramaglia.

Un intervento particolare che si pratica sull’olivo è la slupatura, che consiste nell’eliminazione del legno morto generato dalla lupa o carie dell’olivo e che come ho già scritto impedisce di datare l’albero.
L’operazione si esegue a fine inverno con una sgorbia, utensile per intagliare, utilizzata per questi lavori dove si ravvisa la necessità di rimuovere grandi quantità di legno. Le sgorbie usate per operazioni di sgrossatura, in genere con l’ausilio del mazzuolo, presentano una lama prossima a 4 centimetri, con una curvatura lieve. Con la slupatura si asporta il legno malato e si mantiene quello sano.

Infine voglio ricordare che sull’olivo possono essere necessari degli interventi quando durante la potatura si sono notati attacchi di “rogna dell’ulivo” un batterio che si insedia su ferite dovute anche a grandine o gelate e provoca delle escrescenze di colore marrone scuro o nero che portano al deperimento del ramo.
L’intervento che si deve fare per risolvere il problema consiste nel potare i rami malati e bruciarli e di non lasciare le ferite esposte ma di proteggerle con apposito mastice.

Voglio concludere con delle considerazioni affermando che è bene fare in modo che la quantità massima della chioma dell’albero di olivo asportata sia un terzo tanto che da pochi metri di distanza non si dovrebbe notare che l’olivo è stato interessato dalla potatura.
Infine c’è anche da fare una considerazione della Professoressa Fiammetta Nizzi Grifi che da mamma sostiene che “Un olivo è come un bimbo che deve essere ben guidato e non costretto … nella sua crescita!”

Bibliografia
L’Agricoltura Salentina del 1928
Adriano Del Fabro Coltivare l’olivo e utilizzarne i frutti
Adriano Del Fabro Il grande libro della potatura e degli innesti
Cosimo Ridolfi Lezioni orali di agraria date in Empoli: Raccolte …, Volume 2
Giornale agrario toscano …, Volume 4 anno 1830
Glauco Bigongiali Il libro dell’olio e dell’olivo: come conoscere e riconoscere l’olio genuino
Accademia economico-agraria dei georgofili (Florence, Italy) I Georgofili: atti della Accademia dei georgofili
Casini, Marone L’imprenditore agricolo professionale. Testo di preparazione all’esame per l’iscrizione all’albo
Gino Capponi Antologia: giornale di scienze, lettere e arti, Volume 23
Gualberto Giorgini Come si coltiva l’olivo
Ada Cavazzani L’olivicoltura spagnola e italiana in Europa
Scipione Staffa da Vincenzo L’ Italia agricola industriale
Fiammetta Nizzi Grifi La potatura dell’olivo in Toscana Riflessioni tecniche

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4 Commenti a Notizie utilissime per chi possiede alberi di olivo

  1. L’ulivo per i salentini sembra che sia, magari a me pare che sia parte del paesaggio.
    Al di là degli aspetti numerosi, ben descritti dall’amico Antonio bruno, forse pochi di noi sanno apprezzarne l’importanza…. proviamo a immaginare il Salento, la terra di Puglia, assolutamente senza un albero di ulivo?,e magari solo con distese di viti, viti e viti?
    Credo sia inimmaginabile.
    Dobbiamo implementare la cultura dell’ulivo nei giovani salentini, ma non per un fattore affettivo, proprio per una questione “pratica” se opreferite, “economica”, altrimenti corriammo il rischio di vedere, nei prossimi pochi anni, decadere la forza dell’economia olearia sotto la pressa di altri popoli, anche mediterranei, che producono in quantità….
    Proteggiamo la nostra qualità, ma facciamo scuola ai giovani e giovanissimi della cultura dei nostri olivi!

  2. Carissimo Prof. Cataldi,
    l’Olivo che cresce da secoli nei paesi del Mediterraneo, simbolo di pace, di trionfo, di vittoria, d’onore. Posso affermare che ogni grande civiltà mediterranea ha elaborato un proprio mito per spiegare l’origine dell’olivo che è stato il primo albero coltivato.
    Gli antichi dicevano che il Mediterraneo comincia e finisce con l’olivo per indicare il legame intimo e strettissimo tra la pianta e l’area geografica la conferma arriva dalla circostanza che l’olivo non cresce nei paesi freddi e umidi del nord Europa e neppure nelle zone desertiche e aride dell’Africa e dell’oriente.
    A Babilonia il medico era chiamato “asu”, ovvero “conoscitore degli oli”e nel 2500 a.c., il codice babilonese di Hammurabi regolava la produzione e il commercio dell’olio di oliva.
    Intorno al 2300 a.C. gli Egiziani ornavano le tombe dei faraoni con rami d’olivo, simbolo di vita e di fecondità. Reperti archeologici attestano che in Egitto si commerciava l’olio prima della XIX dinastia.
    Oggi in Egitto si coltivano appena 50.000 ettari di oliveto mentre in Italia se ne coltivano 3 milioni di ettari. La Puglia è la prima e più importante regione olivicola italiana quanto a superficie olivetata con 372.277 ha pari al 31,9 % di quella nazionale. In provincia di Lecce la coltivazione dell’olivo risulta occupare attualmente 89.800 ha in coltura principale ovvero quasi il 10% degli alberi d’olivo d’Italia è nel territorio del Salento leccese.
    Noi abbiamo l’immagine del territorio della Provincia di Lecce legata alla presenza dell’albero di olivo che però rischia molto. L’incuria e l’abbandono stanno divenendo la regola, gli oliveti sono lasciati a se stessi e gli incendi ogni anno provocano la morte a molti di questi simboli del nostro territorio.
    Ma intanto qualcosa si muove, come Angelo Amato, un giovane imprenditore della Provincia di Lecce che ha convinto un bel po’ di Istituzioni e persone sulla necessità di adottare un albero d’olivo e di seguito propongo il link dell’articolo della Gazzetta del Mezzoggiorno:
    http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallapuglia_NOTIZIA_01.php?IDNotizia=357933&IDCategoria=1
    Una delle migliaia di iniziative che si potrebbero fare. Io avrei delle idee e rimango a disposizioni di chi mi chiedesse un qualche aiuto, anche Lei professore può fare molto a Milano dove una mia amica vende l’olio che producono nel Salento delle giovani donne a 20 Euro al litro.
    L’olivo: un albero che ti da tanto senza chiedere in cambio quasi nulla abita il nostro Salento leccese, noi che gli abbiamo preso tutto senza avergli mai dato nulla abbiamo la possibilità di fare qualcosa per lui.
    Cari saluti
    antonio bruno

  3. Caro Amico e collega ex-allievo della Cattolica di Milano, io sono purtroppo un umile operatore sanitario della Sede di Roma (policlinico Gemelli) e poco potrei a Milano (non è l’unico centro dove il nostro olio viene assai a caro prezzo venduto da furbi di varie origini).
    L’importante e che riusciamo a sostenere la cultura e la qualità del nostro olio! E l’idea di Angelo Amato mi sembra buona!
    ciao e buona domenica!

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