Il tormentone estivo. Grande Salento o Regione Salento?

di Gianni Ferraris

Il tormentone estivo è partito. Si chiama “Regione Salento”. Da  straniero,  cerco di essere il più possibile attento a cotanto dibattere. Cerco di comprendere. Da molto nord arrivano voci che parlano di  “autonomia”, che dicono: “padroni a casa nostra” e simili sciocchezze che hanno come scopo, negli intenti dei maggiori sostenitori di questa nefandezza,  la marginalizzazione ulteriore delle zone svantaggiate dell’Italia, spacciando il tutto con il nome altisonante di “federalismo”. Sentir parlare  di una nuova regione, mi rende perplesso e titubante. Anche perché sento rivendicazioni di autonomia da quello che, con un neologismo incredibilmente osceno, si chiama “baricentrismo”.  Pensare che, in fisica,  il baricentro ha una funzione insostituibile per gli equilibri, giusto per fare un esercizio lessicale.

“Noi siamo differenti dal resto della Puglia” o delle Puglie, come studiavo alle elementari. Questo si dice per giustificare la scelta di spaccare in due una regione che è, si, lunga all’eccesso, ma la cui divisione rischia di creare due  povertà e raddoppiare i problemi,  piuttosto che creare nuove opportunità.

E poi, diciamola tutta, dalla politica di questi giorni, ogni cambiamento sembra portare verso il peggio. Si sono succeduti governi, di ogni indirizzo politico, che avevano fra i punti del programma l’abolizione delle province, inutili carrozzoni che gestiscono denaro e pacchetti di voti. Nulla si è mosso in questo senso, soprattutto per l’opposizione di partiti localisti che pochissimo hanno da spartire con l’unità nazionale e con il buon senso. E le province salentine non sembrano brillare per operosità. Penso ad una viabilità che sembra inventata da qualche elfo burlone. Strade senza indicazioni, assoluta mancanza di una programmazione territoriale che porti nell’interno del Salento un turismo qualificato, magari creando un asse con Venezia, Firenze, Roma e con tutta l’Italia che ha i numeri e le possibilità di offrire arte, cultura, cucina e tutte le eccellenze di cui questi territori sono pieni al punto tale di non saperli gestire. L’incuria di moltissimi palazzi e monumenti è un crimine contro l’umanità intera. Non sto a fare un elenco perché ometterei sicuramente qualche centinaio di opere da salvaguardare e da fare conoscere. Parlo con amici del nord che hanno frequentato il Salento e mi dicono di Gallipoli, di Otranto e poco più. “Santa Caterina in Galatina? E cos’è?”. Lasciamo perdere l’Osanna di Nardò, per carità.  L’immagine che hanno di queste terre, in maggioranza, è quella di un mare insuperabile e delle pile di rifiuti abbandonati sulla Maglie – Lecce in ogni piazzola di sosta.  A parziale scusante per gli amministratori provinciali annoto che molti fra quelli comunali contribuiscono non poco a cotanto scempio.

Ad oggi lo slogan che va per la maggiore è “Salentu: sole, mare jentu”. Anche questo è un insulto alla cultura e un viatico per un turismo sulle coste. Mordi e fuggi, usa e consuma in fretta. Due mesi e via durante i quali ci facciamo gli incassi per tutto l’anno. Solo sulle coste però, il resto di un territorio, sia pure a valore aggiunto incredibile, è trattato come figlio di un Dio minore.

E quanto costerebbe ai salentini e ai pugliesi l’operazione regione Salento? Dietro la rivendicazione di autonomia dalla Puglia ci sono ricchi piatti in cui mangiare. Pensiamo alla sanità, alla scuola, ai fondi europei e statali. Quattrini da gestire che porteranno, in mancanza   di reale   trasparenza, alla formazione di nuove clientele. Soprattutto, quanto potrà contare la regione Salento parlando di occupazione per i giovani, in un mondo globalizzato dove le nazioni stesse sembrano inutili orpelli? Quando una FIAT decide di produrre fuori dai confini nazionali ha senso parlare di parcellizzazione dei territori?

Personalmente, in via del tutto utopistica, mi rendo conto, sarei per l’abolizione anche delle regioni. Per rivendicare non certo la centralità assoluta dello stato, piuttosto perché ritengo l’Italia un unicum indivisibile. Forte proprio per le realtà che rappresenta.  Almeno, potrebbe essere forte se governata dignitosamente, ma qui il discorso porterebbe lontano.

Parlavo, durante la presentazione di Spicilegia, con Danieli. Mi diceva delle differenze effettive fra le Puglie. Condivido, e altrimenti non potrei fare, considerato che lo ritengo maestro insostituibile per quanto riguarda la conoscenza del  territorio e non solo. Però penso che salentinità  sia mantenere le proprie radici e valorizzarle, mantenere e incrementare la conoscenza dei  propri tesori artistici e territoriali.    Ho l’impressione che senza questi passaggi la “regione Salento” sia solo l’ennesimo carrozzone messo in piedi senza alcuna ragione, per dividere anziché unire. Per dare ragione a chi rivendica quel “padroni a casa nostra” scordando che in una nazione unitaria esiste una casa comune e che chi sta al governo centrale dovrebbe esserne il pater familiae che non fa differenze. L’economia “domestica” dei salentini   ha bisogno di una Puglia forte o di tante Puglie spezzettate e  magari litigiose?

Emilia e Romagna erano due regioni che sono state fuse. Ancora oggi i miei amici di Reggio Emilia puntualizzano di essere emiliani, non già romagnoli. Però non sentono alcun peso, perché la regione è più forte ed economicamente “pesante”. Certo, la Puglia non è L’Emilia, però sarebbe meglio con due piccole Puglie?

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9 Commenti a Il tormentone estivo. Grande Salento o Regione Salento?

  1. Analisi impietosa ma realistica. In una famiglia il responsabile della sua gestione economica oltre che affettiva, se non assolve alla sua funzione e addirittura fa danni, può essere, anzi conviene che venga interdetto; sarebbe pazzesco affiancargli, come immediato dipendente, un altro autorevole candidato all’interdizione…E il vecchio proverbio “il troppo storpia” vale anche in politica: l’eccessiva frantumazione del potere (finché esso non sarà inteso come servizio) genererà un’amplificazione esponenziale dei vizietti del potere centrale e di quelli periferici già esistenti portando inevitabilmente alla fine della democrazia (ma, quest’ultima, esiste o c’è mai stata?).

  2. Beh… mi risulta che siano i Romagnoli quelli che sentono il peso di appartenere ad una regione che ha come capitale Bologna, città dell’Emilia :) bisognerebbe chiedere a loro se preferirebbero essere regione unica, o divisa. Comunque sia, credo che la secessione salentina potrebbe avere vantaggi di tipo economico, dovuti al poter gestire autonomamente la propria politica ed i propri soldi. Che poi questo possa far nascere nuove clientele è purtroppo un problema del nostro sistema sociale, che nulla ha a che vedere con la questione dell’autonomia salentina. In ogni caso ben venga un’opportunità per il popolo di esprimere la propria volontà.

  3. Condivido pienamente. Non è in un’ulteriore frantumazione amministrativa che vanno cercate inconsistenti vie di uscita dai tanti problemi di porzioni del meridione come il Salento (grande o piccolo che sia). Non nascondiamoci dietro psuedo-problemi che a me paiono di pura forma, messi sotto i riflettori solo da chi ha interessi e potere politico per non occuparsi delle questioni reali, tra le quali c’è solo l’imbarazzo della scelta!

  4. il cancro del particolarismo leghista è giunto anche nel tacco d’Italia. La soluzione è dunque la moltiplicazione degli sprechi e dei centri di responsabilità da cui poter continuare l’indecorosa amministrazione pubblica che caratterizza tutto il sud, salento compreso. dietro le parole ci sono sete di nuove spartizioni e orgogli ridicoli di salentinità che fanno il pari con l’indolenza della nostra gente, con la lamentela e con quella sindrome da peninsulari che ci porta a sentirci accerchiati da tutto e da tutti. Il Grande Salento è la solita grande cazzata partorita da menti pigre e avallata da un elettorato che si merita i governanti che ha.

  5. E’ vero laseccessionne non porta ricchezza in un mondo globalizzato; e questo rappresenta il risultato estemporaneo di un’analisi economica superficiale e priva dei connotati sociali. Tuttavia, non ci si può dividere ogni qualvolta che le idee non combaciano, ma non si può neanche restare indifferenti alla sorte dei più deboli, in termini di peso numerico naturalmente. Il Salento ha una sua economia, forse è un’econimia domestica, come qualcuno afferma, perchè non provare a creare un modello di sviluppo economico di questo tipo? Ho l’impressione che già esista, ha solo bisogno di essere omologato. Non è una sfida all’indolenza dei Salentini, ma è il futuro di un’autonomia amministrativa ed economica che anche se non dovesse trovare soluzione nella Regione Salento ha bisogno di una nuova progettualità che renda equa la ripartizione delle risorse pubbliche.

  6. Il Salento avrà pure una sua economia, il problema è capire da dove ripartire, da uno stato nazionale o dalle economie particulari? Cos’è il Salento senza la Puglia alle spalle? E la Puglia senza l’Italia? e l’Italia senza l’Europa? Essere dentro ad un processo economico globale non penso significhi produrre orecchiette migliori o creare nuove sovrastrutture per spartirsi posti di governo a vario titolo. Scindiamo rivendicazioni culturali da economia, difesa degli usi e costumi locali da gestione della sanità, della scuola e via dicendo. Per fare un esempio, ritengo suicida, incivile e idiota dare come materia di insegnamento obbligatoria il dialetto nelle scuole primarie. Il rischio di eccessive localizzazioni è anche questo. Il dialetto si difenda in altre sedi, la scuola deve rispondere ad altri parametri. Il federalismo tanto sbandierato è, al momento, regalare a piene mani privilegi a chi ne ha già molti. Ne ho il terrore veramente.

    • Il problema, se realmente esiste un problema “Regione Salento”, risiede proprio in questo: l’area socio-culturale, che geograficamente si identifica con il territorio salentino, non deve rivendicare una secessione dalla Puglia per affermare il proprio dialetto in termini autonomistici, o la bontà delle proprie orecchiette, bensì avverte la necessità di vivere uno sviluppo economico e culturale autonomo e non di riflesso delle politiche economiche e culturali pugliesi. Viene spontaneo, per chi legge, affermare che esiste un Consiglio Regionale della Regione Puglia ove è possibile far valere le proprie ragioni. Ma esistono anche le lobbies o i grandi potentati economici, la cui mano trasparente guida le politiche regionali e nazionali verso canali che non soddisfano le esigenze ed i bisogni primari dei cittadini. In particolare, e soprattutto negli ultimi tempi, gli interessi dei cittadini salentini sono stati molto sacrificati a vantaggio di unna politica accentratrice posta in essere dal Governo Regionale. Tuttavia, uno sviluppo socio-economico autonomo non rappresenta un atto di ripicca revanscista nei confronti di chi detiene il potere in questo particolare momento politico, ma uno stimolo, rivolto a quella parte di territorio mortificata dalla contingenza politica regionale, affinché, attraverso un proprio modello di sviluppo riesca a soddisfare i bisogni primari. Appare, ancora una volta, evidente che in una programmazione del genere la Sanità, da una parte, la Cultura, dall’altra troveranno nelle politiche mirate e rivolte ad un territorio omogeneo soddisfazione delle proprie esigenze.

  7. Quello che noi oggi chiamiamo Salento altro non era che l’antica terra d’Otranto ai tempi del regno borbonico, era una delle provincie più ricche con la sua imponente produzione di olio per lampade e legna. Oggi dopo 150 anni non facciamo più parte di quel glorioso regno, ma di uno stato chiamato Italia che ci ha trattato come provincia periferica a cui dare solo le briciole per tenere buone le genti che la abitano. In questo si è resa complice anche la regione della quale oggi facciamo parte, che ha costantemente da sempre limitato il nostro sviluppo. Putroppo da ogni parte si cerca di sfruttare il proprio “sud”, noi salentini però a sud abbiamo solo il mare, quindi nussuno da sfruttare e mantenere in uno stato di mediocre sviluppo a nostro vantaggio. Ricordo che ad oggi il 70 % delle risorse della regione sono assorbite dalla città di Bari, che pur forte di ciò non ha dato vita a grandi opere di ammodernamento. Vistoso ed ormai palese l’impegno della regione a tagliarci fuori anche dal turismo che in questi anni ha reso protagonista la nostra terra partecipe appunto di un’afflusso turistico senza precedenti nella sua storia, questo logicamente non va giù ai baricentristi, che in tutti i modi mettono i freni. Il porto di Brindisi è stato tagliato fuori, l’aeroporto di Grottaglie si appresta a non essere mai aperto nonostante all’interno si stiano facendo molti lavori di ammodernamento-adeguamento, con la sola intenzione di dover spendere risorse solo perchè vanno spese. Non parliamo poi del governo secondo la quale l’Italia finisce a Bari, infatti siamo stati tagliati fuori dal progetto dell’alta velocità, che purtroppo si fermerà nel capoluogo pugliese. Ora non credo che peggio di così possa andare, quindi secondo me vale la pena rischiare ed andare soli costituendo una nuova regione, questo non mette certo al riparo da ulteriori sprechi, ma a questo punto correrei il rischio, se proprio dobbiamo soccombere meglio farlo con le nostre mani che ad opera di altri, se sbaglieremo saranno nostre le responsabilità, li si vedrà la nostra dignità di popolo la nostra voglia di cambiare ed emergere, se non ci riusciremo o lo faremo a nostro svantaggio andremo incontro al destino che noi stessi ci saremo preparati. Oggi non ha più senso nè l’unità regionale nè l’unità nazionale in una regione ed un paese che esistono solo sulla cartina.

  8. Credo che sarebbe ora di finirla con questa fantomatica REGIONE SALENTO, Questo è lo slogan di un politicante leccese, coinvolto familiarmente con la proprietà di una trasmittente televisiva locale che per farsi largo politicamente e per trovare argomenti di intrattenimenti televisivi ci stanno facendo il lavaggio del cervello (è la stessa tattica del signore di Arcore che sfrutta le sue reti televisive per bombardarci la testa con i suoi messaggi politici tendenziosi e tendenti a inculcare nelle teste dei malcapitati telespettatori i loro avidi desideri di potere). Secondo me le provincie andrebbero eliminate del tutto e non raggrupparle per ottenere nuove micro regioni e nuove poltrone con nuovi consiglieri, nuovi Presidenti, nuovi assessiri, nuovi portaborse, nuovi faccendieri, nuovi stipenti milionari, nuovi vitalizi, nuovi e inutili sprechi di risorse pubbliche. Questo è il vero e unico desiderio del politicante leccese e del suo gruppo televisivo , altro che GRANDE SALENTO e nuova regione.
    Son convinto che oltre all’eliminazione di tutte le provincie bisognerebbe limitare il numero delle Regioni facendo degli accorpamenti, per esempio: Eliminerei la Val d’Aosta accorpandola al Piemonte; Trentino alto Adige e Friuli Venezia Giulia li unirei; l’Umbria la unirei alle Marche, gli Abruzzi al Molise, la Basilicata la dividerei tra Calabria (la zona di Potenza) e la Puglia (la zona di Materia).
    Solo in questo modo si eliminerebbero molti sprechi, quei sognatori di nuove poltrone e nuovi poteri gli inviterei a pensare ad altro, preoccupandosi di più dei problemi reali della gente e non a nuovi e initili centri di potere che con tanta noia divulgano in tutte le trasmissioni televisive delle loro emittenti

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