Libri/ Maglie. L’ambiente, la storia, il dialetto, la cultura popolare

 

Maglie. L’ambiente, la storia, il dialetto, la cultura popolare. Presentazione di Nicola G. De Donno – Congedo editore, Galatina, 1995  

90° num., serie seconda, della ‘Biblioteca di Cultura Pugliese’, diretta da Mario Congedo; stampato nel 1995, col patrocinio della Società di Storia Patria per la Puglia (sez. di Maglie-Otranto), da Arti Grafiche Pugliesi di Martina Franca (Ta), per conto di Congedo editore. 490 p., [56] c. di tav. : ill.; 26 cm. – (Biblioteca di Cultura Pugliese ; 90). Elegante veste tipografica con copertina in tela e lucida sovracoperta con locali dipinti settecenteschi. ISBN 88-8086-055-0

A cominciare dall’etimologia del nome e dagli albori preistorici e protostorici dell’insediamento umano sulle piccole alture occidentali e, dall’VIII-IX secolo, nell’avvallamento corrispondente al primo centro storico, il libro passa in rassegna situazioni e problemi della popolazione magliese nell’età medievale, moderna e contemporanea, mirando a colmare vuoti di conoscenza e a correggere notizie finora imprecise o lacunose sulla vita delle generazioni passate. Una storia orizzontale e verticale dell’avanzamento civile del paese, importante centro salentino d’irradiazione della cultura, di antica tradizione artigiana e di feconda attività commerciale e professionale.

 

 

Presentazione di Nicola G. De Donno (alle pp. 7-8 del volume)

Emilio Panarese, più di me appassionato alle ricerche di storia magliese, mi ha espresso il desiderio che sia io a scrivere la presentazione del suo poderoso e ponderoso volume.

Esso non è soltanto, oggettivamente, una ampia e totalizzante monografia della nostra comune (fisica, culturale e spirituale) città/patria; la prima monografia che sia stata tentata e portata a compimento; ma anche, soggettivamente, il resoconto di mezzo secolo di tenace ricerca, il frutto del lavoro di tutta una vita. Il frutto, anche, di un equilibrio nel giudicare e di una saggezza nel commentare, che sono le risultanti di un’applicazione allo studio storiografico e di una meditazione sulle vicende storiche seria, lunga, intelligente.

Allora, come stringere in breve presentazione la vastità e varietà di una tale opera? Vastità e varietà, che già risultano dalla scelta del titolo da parte dell’autore. Esso non è Storia di Maglie, ma più vastamente, con più dettagliata aderenza alla materia complessiva e complessa, Maglie. L’ambiente, la storia, il dialetto, la cultura popolare.

Anche a me è accaduto di metter penna in talune di tali aree di indagini, ma occasionalmente, su singoli argomenti e problemi, senza preoccupazione di collegamenti e visioni panoramiche: in una parola dilettantisticamente. Questo grosso libro è invece una summa (uso il termine nella sua accezione medievale), e una rivisitazione critica, di tutto ciò che finora si è potuto documentare (o ipotizzare, magari senza documenti) riguardo alla composizione demografica, alla vita in ogni, altra sua rilevante sfaccettatura, all’ambiente fisico e macrostorico della comunità magliese a partire dall’etimo del topononimo e dagli albori dell’insediamento umano, fino a giungere al tempo presente. Una trattazione panoramica, insomma, a pieno titolo professionistica. Che, mi si permetta di aggiungere, i nostri concittadini dovrebbero altamente apprezzare, e addirittura andarne fieri, e renderle onore adeguato, rompendo una volta tanto la regola del nemo propheta in patria (o peggio, del nequam propheta in patria).

L’apparizione di questo libro segna infatti una pietra miliare nella crescita culturale della comunità cittadina, e con ciò nella nobilitazione di essa: più assai di qualsivoglia onorificenza araldica e celebrazione retorica.

Basta del resto un sia pur rapido esame del Sommario per rendersi conto della massa di comunicazioni che contiene il volume, e di come esse siano collocate entro un preciso schema metodologico. Affinché i contenuti non risultassero registrati in forma di successione e accostamenti casuali, e affinché ciò si ottenesse senza privarli ciascuno della sua riccamente dettagliata corposità, non potevano servire né la esposizione diacronica né la sincronica separatamente condotte. L’una avrebbe probabilmente richiesto il sacrificio della corposità dettagliata a favore della visione sintetica, l’altra avrebbe sacrificato questa per salvare quella. Inoltre la trattazione separata sarebbe andata a discapito dell’unità organica dell’opera.

Emilio Panarese è riuscito a coniugare funzionalmente le angolazioni entro una sorta (assumo la metafora dalla strumentazione fotografica) di «grandangolo» realizzato in itinere. Esemplifico su un unico caso tra i molti. Nel capitolo quarto, Le istituzioni secentesche e l’associazionismo confraternale, al paragrafo primo si registra la fondazione della biblioteca «Piccinno» sincronicamente con quella delle confratemite, e diacronicamente la storia di essa fino ad oggi. Una siffatta tessitura polifonica del discorso ha permesso attualizzazione e puntualizzazione dei contenuti (con tabelle, grafici, schemi, citazioni dai testi documentali ed altro) senza danneggiare, anzi arricchendo, la prospettiva storica. Se ne ottiene un testo globale valido a soddisfare non solamente la curiosità del lettore comune, ma anche le esigenze eventuali della futura ricerca.

Va aggiunto che l’autore, raccontando le microstorie del popolo magliese, non perde mai di vista il confronto con la macrostoria, e dunque non le esagera mai, sopra le righe, né campanilisticamente né provincialisticamente, più di quanto consentano correttezza di storico e pietas di cittadino della piccola patria.

Vanno annotati infine, pregi dell’opera anche questi, i ricchi corredi di iconografia e di indici onomastici, che abbelliscono le pagine e facilitano la consultazione dei testi.

E mi sia consentito di chiudere con un brano della lettera inviatami dall’autore, che meglio di ogni altra stima, ne caratterizza la persona e il lavoro. «Non saprei dire se la mia indagine sia stata sollecitata più dall’interesse che si prova nella ricostruzione di squarci del passato o dalla passione civica, intesa come atto d’amore per la città natale. Forse l’uno e l’altra insieme. Ma, quand’anche a stimolarmi fosse stato in parte questo impulso, esso tuttavia non mi ha impedito di guardare alle vicende e agli uomini, che le hanno mosse, con distacco e serenità di giudizio».

  Altre recensioni e contenuti sono consultabili all’indirizzo: http://emiliopanarese.altervista.org/pg016.html

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