L’Orto botanico della Città di Lecce

 

di Antonio Bruno

bacche di mirto

 

Quante volte mi sono trovato a scrivere una relazione durante la mia attività? Innumerevoli volte, ma mai mi sono reso conto di quanto possano essere preziose le informazioni che sono contenute in questi atti dovuti scritti, per la maggior parte delle volte, di malavoglia e solo per non incorrere in spiacevoli richiami per l’eventuale omissione.
Il 30 giugno del 1905 si tenne a Lecce l’Assemblea dei Soci del Comizio Agrario e in quell’occasione il Prof. Ferdinando Vallese relazionò sull’Orto e grazie a questo atto dovuto sono venuto a conoscenza di come fosse strutturato.
Condizioni generali dell’Orto del Comizio Agrario di Lecce.
L’orto era esteso per una superficie do 5 tomoli e 3 stoppelli ovvero la sua estensione era di circa 3 ettari. Aveva una configurazione accidentata derivata dal riempimento e dall’interro di vecchie cave di pietra ottenuto in gran parte con materiali di demolizione raccolti in città. Quindi il terreno era profondo in alcuni punti e roccioso in altri comunque dappertutto molto incoerente e sabbioso, di facile lavorazione e di conseguenza molto soggetto alla siccità per la facilità con cui si disseccava durante i lunghi periodi di siccità estivi.
Dalle esperienze di coltivazione della Società economica nell’orto vivevano bene alcune colture legnose e quelle erbacee invernali e primaverili mentre era quasi impossibile praticare la coltivazione delle colture estive e di quelle estivo autunnali.
Il Prof . Ferdinando Vallese fa presente che la difficoltà era dovuta alla mancanza dell’irrigazione e faceva presente che il Comizio aveva speso somme rilevanti per la costruzione di vasche di raccolta delle acque e per il restauro di vecchie cisterne in maniera tale da accumulare e raccogliere sia le acque delle piogge che quelle sorgive dei pozzi.
Inoltre per le stesse ragioni era stata restaurata la bella noria situata sulla bocca di un grande cisternone, solo che alla data del 30 giugno 1905 non era ancora utilizzabile perché non si era potuto allargare il rosario dei secchi in modo da portarlo ad attingere a qualche metro sotto il livello dell’acqua. La noria è una ruota idraulica che ha la funzione di sollevare acqua sfruttando la corrente di un corso idrico. Il nome è spagnolo, a sua volta derivato dall’arabo , vociare, zampillare.
L’origine della noria sembra essere collocabile in Mesopotamia in un periodo databile intorno al 200 a.C. ed è stata molto diffusa e migliorata nel mondo islamico dagli ingegneri meccanici.
 

Colture legnose dell’Orto del Comizio Agrario di Lecce
Il Prof. Ferdinando Vallese scrive che l’Orto del Comizio Agrario di Lecce meritava il nome di Orto botanico perché la Società economica che l’aveva gestito lo aveva arricchito di una grande quantità di specie vegetali. Naturalmente aveva limitato la quantità ad un piccolo numero di esemplari quelle che avevano soltanto importanza scientifica ed aumentando il numero degli esemplari a quelle che oltre all’importanza scientifica avevano anche una importanza industriale ed economica.
Il Prof. Ferdinando Vallese precisa che benché la composizione delle essenze vegetali contenute nell’Orto abbia subito modificazioni profonde dal tempo in cui era gestito dalla Società economica si può affermare che ciò che è rimasto è una predominanza dei gelsi e delle piante fruttifere, mentre c’era un piccolo appezzamento a boschetto di elci (Quercus ilex, leccio o elce. ) e le piante di quercia vallonea che costeggiavano qualche viale. Il Comizio agrario del 1905 a detta del Prof. Vallese pur adattandosi alle esigenze dell’agricoltura di quegli anni seguì le orme definite “gloriose” della Società economica.
Infatti tra le colture legnose, alle quali si era prestato e si prestava anche nel 1905 il terreno dell’Orto agrario, primeggiava il gelso i cui esemplari allietavano con il loro verde brillante l’angolo definito “delizioso” della città di Lecce occupato dall’Orto.
Il Prof. Vallese era meravigliato dall’ottimo stato in cui si trovavano i gelsi pur essendo rimasti incolti per più lustri e per la potatura affidati alla scure di persone definite più vandali che esperti.
Comunque i monconi lasciati dalle mani dei vandali non furono sradicati e ne furono piantati di nuovi. Inoltre dopo il successo dell’allevamento di bachi da seta a Pulsano del Conte Roberto d’Ayala Valva con 1.200 piante di gelso e dopo di quelle dell’on. De Viti De Marco in quel di Cellino l’Orto aveva formato un semenzaio per la moltiplicazione del gelso.
L’allevamento del baco da seta era stato effettuato dall’Orto e ne aveva relazionato il Direttore della Regia Scuola Pratica di Agricoltura Prof. Toscano. Nel 1903 e 1904 gli allevamenti di baco da seta avevano occupato una vecchia casa colonica ma nel 1905 si intendeva restaurare una vecchia brigattiera ovvero un locale che era stato specificamente usato per l’allevamento dei bachi da seta per ricavarne un piccolo allevamento sperimentale.

L’Orto Botanico di Lecce
La nascita dell’Orto Botanico di Terra d’Otranto è legata in qualche modo alle novità introdotte dalle riforme napoleoniche nel Regno di Napoli. Tra queste novità, un posto di rilievo occupa l’istituzione, in ogni capoluogo del Regno, delle “Società di Agricoltura” che diventeranno, uno degli elementi catalizzatori più importanti per la divulgazione e la ricerca scientifica nelle diverse province. A Lecce, la “Società di Agricoltura di Terra d’Otranto”, ebbe come sede l’ex convento dei Cappuccini dell’Alto con annesso il giardino per la realizzazione di un “orto agrario” nei pressi
della stazione ferroviaria (1810). Alla sua direzione come “segretario perpetuo” si susseguirono Cosimo Moschettini (1747-1820) e dal 1835 Gaetano Stella (1787–1862) fino alla sua morte. Lo Stella diede notevole impulso alle iniziative della Società, tra cui l’istruzione, l’“addestramento” e la didattica considerate attività molto importanti. Altre personalità di rilievo che animarono la vita dell’Orto furono Pasquale Manni (1745-1841) e Oronzo Gabriele Costa (1787-1867). Dopo la scomparsa dello Stella, l’Orto Botanico, che era stato ampliato fino a raggiungere la superficie di circa tre ettari e arricchito di molte collezioni botaniche, cominciò un lento ma inesorabile declino, tanto che nel 1872 faceva parlare uno dei più illustri scienziati salentini, Cosimo De Giorgi (1842-1922), di “decadenza” e di “splendore antico”. Uno dei motivi che compromisero la vita e le prospettive dell’Orto fu proprio lo scarso interesse che la cultura del tempo accordava ai problemi ambientali e alle tematiche naturaliste legate al territorio extraurbano, come ripeteva spesso il compianto professor Sergio Sabato (1941-1991) dell’Università di Lecce che diversi anni fa, aveva molto perorato la causa per la ricostituzione dell’Orto Botanico a Lecce.
La sua definitiva distruzione si completò nel primo dopoguerra (1929) con la costruzione della Casa Littoria (attuale Intendenza di Finanza), del Consiglio Provinciale delle Corporazioni (attuale Camera di Commercio), del Consorzio Agrario e della Casa del Latte. La testimonianza storica dell’Orto Botanico di Lecce, almeno per la parte tangibile delle tracce e dei segni del suo antico retaggio, è costituita dalla “Casa Agraria” (denominato in passato anche come “Comizio Agrario” per il fatto che vi svolgevano incontri, adunanze, lezioni, ecc.), oggi restaurata e adibita ad un Laboratorio (“Multilab”) per analisi ambientali e merceologiche della Camera di Commercio, il “fondo librario” custodito dallo stesso ente, e da alcune essenze arboree ubicate in aree destinate a parcheggio o a verde, intorno agli Uffici Finanziari in Viale Gallipoli.
Il caso ha voluto che dei dieci esemplari arborei rimasti, cinque siano di quercia Vallonea (di cui uno in ottime condizioni vegetative e di grandi dimensioni, ubicato nel cortile interno dell’edificio dell’Intendenza di Finanza) e gli altri quattro situati su un’area a parcheggio di proprietà demaniale che versavano in uno stato di relativo degrado.

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